La bank recovery and resolution directory

A cura di Francesco BrameriniManuela MalteseMario Recchia (partecipanti agli Executive Master in Giurista d'Impresa e Avvocato di Affari - RM)


La gestione della crisi di un ente creditizio secondo le regole della BRRD è assistita da una serie di garanzie per i depositanti, che, in primis, si concretano nell’intervento dei sistemi di garanzia dei depositanti. Si tratta di consorzi volontari tra banche che forniscono una tutela supplementare ai depositanti, provvedendo alla restituzione totale o parziale delle somme depositate presso le banche consorziate che siano insolventi. Tali sistemi sono finanziati dalle stesse banche e subentrano nei diritti dei depositanti nei confronti della banca in liquidazione nei limiti dei rimborsi effettuati (non più di €100.000 per depositante), percependo i riparti dalla liquidazione in via prioritaria rispetto ai depositanti stessi.

Il maggiore sistema italiano è il Fondo Interbancario di tutela dei depositi, al quale aderiscono tutte le banche italiane (tranne quelle cooperative), che provvedono all’accantonamento di somme proporzionali al rischio che fanno ricadere sul consorzio, versando però solo quelle necessarie al funzionamento. Le banche italiane e quelle extra UE operanti in Italia anche regime di libera prestazione di servizi, hanno l’obbligo di aderire ad un sistema di garanzia istituito e riconosciuto in Italia, salvo che le seconde non aderiscano già ad un sistema dello Stato nazionale che offra una tutela equivalente a quella del fondo di garanzia italiano, mentre le banche dell’UE possono anch’esse aderire ad un sistema italiano per integrare la tutela offerta dal sistema dello Stato nazionale.

Sui sistemi di garanzia vigila la Banca d’Italia e in caso di mancata adesione entro un anno dall’inizio dell’attività o esclusione dal sistema di garanzia, l’ente creditizio si vedrà revocata l’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria. Gli interventi dei sistemi di garanzia, prima limitati al pagamento dei depositi bancari in caso di liquidazione coatta (funzione assicurativa) e ai casi di cessione di attività, passività e rami d’azienda, sono stati estesi anche al superamento dello “stato di dissesto o di rischio di dissesto di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180” ed “al finanziamento della risoluzione delle banche italiane e delle succursali italiane di banche extracomunitarie secondo le modalità e nei limiti previsti dal decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180[1].

Inoltre, il nuovo art. 91 c. 1bis TUB, che recepisce la clausola di depositor preference di cui all’art. 108 c. 1 lett. a) della BRRD, prevede anche un trattamento preferenziale per i depositi di persone fisiche e PMI per la parte eccedente l’importo di €100.000, in quanto crediti che dovranno essere soddisfatti con preferenza rispetto a quelli chirografari nella ripartizione dell’attivo, in deroga a quanto previsto dall’art. 2741 cc. e dall’art. 11 della legge fallimentare.

Ma vi è di più.

In sede di recepimento della BRRD, il Governo italiano opta per una garanzia dei depositi rafforzata, estendendo la clausola di depositor preference anche ai depositi cd. corporate[2], cioè non riguardanti persone fisiche e PMI, e ciò nell’evidente tentativo di modulare la tutela di depositanti ed investitori in rapporto all’effettivo rischio assunto al momento della stipula del rapporto contrattuale.

È chiaro che la ratio perseguita dal legislatore è stata quella di dare attuazione al disposto di cui all’art. 47 Cost., contro possibili violazioni che si sarebbero prodotte dal mero recepimento della normativa UE. Nel volere assicurare una tutela “estesa” ai depositanti, il legislatore, tuttavia, finisce di fatto per introdurre un discrimen tra forme differenti di risparmio, che in questo modo accedono a tutele disuguali e differenziate, così contraddicendo la necessaria “tutela del risparmio in tutte le sue forme”.

Si fa riferimento a tutte quelle forme di risparmio che solo formalmente sono qualificabili alla stregua di investimenti e che di fatto costituiscono, per gli enti creditizi, dei veri e propri strumenti di raccolta del risparmio, al pari dei depositi vincolati, come la sottoscrizione di obbligazioni bancarie.

 

[1] Art. 96bis par. 1bis TUB, come modificato dall’art. 1, comma 5, lett. b), d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 30.

[2] Art. 91 c.1bis lett. c) TUB, la cui applicazione è stata rinviata al 1° gennaio 2019 e che prevede: “In deroga a quanto previsto dall’articolo 2741 del codice civile e dall’articolo 111 della legge fallimentare, nella ripartizione dell’attivo liquidato ai sensi del comma 1: a) i seguenti crediti sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri crediti chirografari: 1) la parte dei depositi di persone fisiche, microimprese, piccole e medie imprese ammissibili al rimborso e superiore all’importo previsto dall’articolo 96-bis.1, commi 3 e 4 (3); 2) i medesimi depositi indicati al numero 1), effettuati presso succursali extracomunitarie di banche aventi sede legale in Italia; b) sono soddisfatti con preferenza rispetto ai crediti indicati alla lettera a): 1) i depositi protetti; 2) i crediti vantati dai sistemi di garanzia dei depositanti a seguito della surroga nei diritti e negli obblighi dei depositanti protetti; c) sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri crediti chirografari ma dopo che siano stati soddisfatti i crediti indicati alle lettere a) e b), gli altri depositi presso la banca”.

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