A cura dell'Avv. G. Miceli, Giurista

Il concetto di attività creativa è tradizionalmente legato a quello di proprietà, tanto che le espressioni “proprietà intellettuale” e “ proprietà industriale”[1] sono comunemente associate al sistema di regole che tutelano alcuni particolari beni immateriali, frutto dell’attività creativa o inventiva dell’uomo, principalmente, il diritto d’autore, i brevetti ed i marchi.

Sarebbe difficile riuscire ad immaginare un mondo senza “Intellectual Property” o senza uno strumento legale come può essere la tutela della proprietà industriale.

Il primo brevetto di cui si ha notizia fu assegnato a Venezia nel 1416 a Franciscus Petri e riguardava un impianto idrico. Non a caso, la prima legge sui brevetti - che risale al lontano 1474 - fu emanata dal Senato di Venezia per concedere all’inventore un diritto di monopolio della durata di dieci anni. La tutela prevista, in quel caso, collegava all’ipotesi di inadempienza il pagamento di una penale di 100 ducati nonché l’immediata distruzione del bene prodotto in maniera illegittima. Al brevetto di Venezia si ispirarono, alla fine del Medioevo, i sovrani della maggior parte dei Paesi europei che legiferarono in materia di privilegi. Con il passare degli anni, specialmente per effetto del continuo sviluppo tecnologico si è imposta all’attenzione generale una forte esigenza di approfondimento della proprietà intellettuale (Intellectual Property, IP) e della sua tutela.

La capacità di riprodurre con estrema facilità e, anche, più volte lo stesso prodotto, di qualunque natura esso sia, ha generato la necessità di predisporre un sistema efficiente per la tutela e la salvaguardia dei frutti dell’inventiva e dell’ingegno umano, con l’obiettivo di garantire uno dei principali fattori di sviluppo economico e di benessere socio-culturale di ogni sistema giuridico, offrendo un ambiente in cui la creatività e l’ingegno possano prosperare a vantaggio sia dell’innovatore che dei suoi utenti. A ciò deve aggiungersi che l’ambito delle privative industriali continua ad essere oggetto di critiche da parte degli osservatori occidentali per la sua lentezza e le sue resistenze nell’adattamento ai modelli esterni. In particolare, si guarda con attenta preoccupazione a quei Paesi in cui lo sviluppo economico è sostenuto da una sistematica prassi di violazioni dei diritti a tutela della proprietà intellettuale

Negli ultimi anni, l’evoluzione del diritto dei brevetti ha registrato la volontà di armonizzare le legislazioni nazionali, a tal fine sono state istituite organizzazioni regionali di brevetto, ad esempio l’Ufficio Europeo dei Brevetti (1978). Il risultato più significativo è rappresentato dalla Convenzione TRIPS (Trade Related Aspects of Intellectual Property Rights). Nel 1995 i paesi membri della WTO (World Treaty Organisation) hanno stipulato una convenzione mondiale sull’unificazione internazionale della proprietà intellettuale, con l’obiettivo di tutelare in maniera incisiva il commercio a livello mondiale. Successivamente, anche la Cina ha aderito alla WTO e alla Convenzione TRIPS.

Intanto, dopo anni di tentativi, in Europa si è giunti a disciplinare il brevetto unitario, quale naturale e logico sviluppo del brevetto europeo. Notevoli sono stati i problemi e le difficoltà incontrate da questa normativa, alla quale l’Italia, dopo un iniziale scetticismo, si è adeguata.

In un contesto sempre più globale è ormai indispensabile inquadrare il brevetto come asset dell’impresa, dedicando un’attenzione particolare alla giusta tutela in ambiente Internet.

Come noto, la Rete offre - sempre più - la possibilità (non sempre, in modo lecito) di scambiare, di condividere e di utilizzare contenuti coperti da copyright e privativa industriale.

E' chiaro, quindi, che in tale contesto, per rispondere all'esigenza di conoscenza, formazione e specializzazione, si presentano nuovi spunti e profili evolutivi all’attenzione di imprenditori e titolari d'azienda che vogliano tutelare le proprie opere e i propri progetti tecnici ma, anche, dei consulenti d'azienda a ciò preposti. Quest'ultima, una figura professionale in attuale evoluzione di cui l'imprenditore moderno si è accorto di non poter fare a meno. Si tratta del cosiddetto: Regulatory affairs.

Il fenomeno di violazione di marchi, brevetti e PI in generale è diffuso in ogni settore del mercato economico-imprenditoriale; ecco perché, per rispondere alle sfide dei prossimi anni è importante garantire un sempre più elevato di competenza ai professionisti, studiosi, consulenti d’impresa e funzionari di enti ed istituzioni che si confrontano con le tematiche della PI, in particolar modo di coloro che sono chiamati a rappresentare e difendere gli interessi dei titolari dei diritti, sia in sede amministrativa sia in sede processuale, ed a confrontarsi con le problematiche attinenti alla loro valutazione economico-aziendale.

In tale prospettiva, Meliusform dà il via alla prima edizione del Master Specialistico in Proprietà Intellettuale che, attraverso l’analisi di case studies, fornisce importanti spunti di riflessione sull’importanza dell’Intellectual Property in Italia e nel mondo, indagandone le varie aree: dal tech al food e fashion & luxury, dall’engineering & architecture all’health e  all’entertainment.

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* Giurista abilitato alla professione forense – Legal Advisor in Diritto Commerciale e Diritto Industriale. Componente dell’Associazione Nazionale Docenti di Informatica Giuridica e diritto dell’informatica. Membro dell’Associazione Internazionale per la proprietà Intellettuale (AIPPI).

[1] Si tratta di una distinzione tipologica tutt’altro che statica e che, anzi, risente degli effetti evolutivi della complessa disciplina che regola le opere del design, suscettibili di una fruizione, oltre che utilitaristica, anche – e, in alcuni casi, solo - estetica.  In un certo senso è come se all’interno di tale scacchiera venisse compromesso l’assoluto cromatico con alcune caselle nere i cui pigmenti neri sbiadissero e altre – quelle bianche – assorbissero  luce sino a generare una serie di caselle grigie. Il design, rappresenta – per l’appunto – quelle caselle grigie, che segnano la fase di transizione tra il bianco (la proprietà industriale) e il nero (la proprietà intellettuale) cioè, il prodotto di una miscela di entrambi. Proprio il design, che come il colore grigio, è capace di trasmettere sensazioni di luminosità, di lusso e di eleganza, simboleggia nel sistema di tutela dei beni immateriali, la neutralità e il dubbio, insomma quel mix di gioia e dolore per il giurista che non ha ancora deciso se attribuirgli la cornice brevettuale o quella autoriale o, addirittura, entrambe. 

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