L'organizzazione a rete: flessibilità e complessità

L’organizzazione di un’azienda è entrata a far parte della vita dell’impresa e dell’uomo, da quando questi si è reso conto che, unendo gli sforzi di più individui, si potevano raggiungere risultati che per una sola persona sarebbero stati impossibili. Secondo la definizione di Aldo Fabris (1983):

L’organizzazione è uno strumento per ottenere risultati soprattutto dall’integrazione di tre variabili  o fattori componenti o meglio gruppi di fattori – che sono gli uomini,  le tecnologie e le altre risorse. Questi tre fattori non sono astratti, ma concreti e particolari di ogni situazione o momento, essi poi provengono da un ambiente esterno alla singola organizzazione, in quell’ambiente esterno devono trovare collocazione e riconoscimento i prodotti-servizi, cioè i risultati della combinazione organizzativa”.

Finora l’organizzazione gerarchico funzionale o piramidale ha rappresentato il modello prevalentemente usato.  All'interno di una tale struttura organizzativa, il “decision-making” è demandato al top management

Tutte le altre attività o operazioni aziendali sono raggruppate nei livelli sottostanti sulla base di una comunanza di elementi e aspetti relativi alle specifiche mansioni svolte. Ciò significa che i lavoratori sono divisi in differenti dipartimenti funzionali con poca collaborazione e comunicazione tra loro.

La distanza tra i vertici della struttura cui è demandata la gestione, il controllo e il coordinamento  di ogni operazione, e il resto dei lavoratori, collocati su piani gerarchici inferiori, è tanto maggiore quanto più rilevanti sono le dimensioni aziendali.

Uno dei pericoli insiti in un tale modello è la "fossilizzazione" della cultura aziendale: i valori culturali, le idee e le prassi aziendali  possono diventare nocivi  qualora il panorama socio-economico  cambi rapidamente.

Stabilità e prevedibilità sono quindi i tratti specifici dell'organizzazione piramidale.

Recentemente,  in seguito alle esigenze di mercato,  si è sviluppata l’organizzazione  a rete. Secondo Manuel Castells, la network enterprise è un vero e proprio sistema organizzativo complesso che non può essere ricondotto né solo a una rete aziendale, né  a un’azienda che lavora in rete, né a un’azienda o una rete di aziende  che lavorano con la nuova tecnologia dell’informazione. Queste piccole imprese, pur mantenendo la propria autonomia gestionale e strategica, si organizzano a rete con altre piccole imprese condividendo risorse e competenze e diventando così competitive.

Le caratteristiche fondamentali dell'organizzazione a rete sono flessibilità e complessità.

Essa è flessibile e decentralizzata, enfatizzando collaborazione, condivisione totale delle informazioni, delle conoscenze, delle competenze ed adattabilità.

Eliminata la gerarchia verticale, la struttura organizzativa a rete è disegnata attraverso flussi e processi di lavoro orizzontali. I lavoratori sono organizzati in squadre autonome ed i membri provengono da diverse aree funzionali.

Massima cooperazione e simmetria informativa tra gli agenti rappresentano elementi centrali di questa struttura organizzativa. Essa mantiene canali di comunicazione con l’esterno sempre aperti:  consumatori, fornitori e addirittura competitor.  

Ciascun lavoratore è un decision-maker ed in quanto tale collabora attivamente all'individuazione di bisogni e soluzioni.

Formazione continua, apertura e uguaglianza sono i principi cardine di questo modello: ogni individuo è “engaged” e l'organizzazione si configura come un posto dove poter costruire una rete di relazioni che consenta all'individuo di sviluppare e mettere alla prova il proprio potenziale.

Tuttavia, anch’essa presenta pregi e difetti. Riguardo ai pregi,  la rete permette alle piccole e medie imprese di ottenere i vantaggi della grande impresa senza intraprendere processi giuridici di fusione o incorporazione.  I vantaggi di tipo economico sono legati a diversi fattori tra cui  le economie di scala. Esse, infatti,  permettono di ridurre i costi medi unitari al crescere della produzione attraverso la trasformazione dei costi fissi in costi variabili, grazie allo sfruttamento della capacità produttiva in eccesso. Inoltre, attraverso la rete, la piccola impresa può ottenere capitali finanziari, informazioni e materie prime a condizioni vantaggiose  determinate dall’incremento del potere contrattuale. Infine, la piccola unità può rispondere in maniera rapida alle esigenze del mercato rispetto al grande colosso.

Ma vediamo anche l’altra faccia della medaglia, ossia i limiti rappresentati dal mancato sviluppo di sistemi operativi adeguati e da stili di direzione incoerenti. Anche possibili comportamenti opportunistici possono essere un limite. Alcune unità potrebbero appropriarsi di conoscenze appartenenti all’intera rete per ottenere benefici individuali.  Altri rischi di carattere generale sono rappresentati dalla perdita di controllo e coordinamento, dal dominio  del know-how e dall’eccessiva dipendenza dei partner.

Richard Daft ha elencato in modo preciso limiti e vantaggi.

Vantaggi

  • Consente anche alle piccole organizzazioni di operare sul mercato globale.
  • Garantisce un raggio d’azione ampio senza richiedere investimenti eccessivi.
  • Aumenta la flessibilità di risposta.
  • Riduce i costi amministrativi e generali.     

Limiti

  • I manager non hanno il controllo completo di attività e persone.
  • Richiede energie per la gestione delle relazioni e dei conflitti.
  • Comporta rischi derivanti da partner inaffidabili.
  • Diminuisce identificazione e cultura aziendale.

Negli ultimi  anni,  le vicende di alcune aziende hanno evidenziato altri possibili limiti del modello reticolare. Nel caso di Amazon e Apple, per esempio, se da un lato le risorse umane dovrebbero essere il cuore di tale modello organizzativo, basato sulla collaborazione tra i dipendenti  e sulla  forte attenzione che essi pongono  ai bisogni del  cliente, dall’altro lato, paradossalmente, sembra che l’attenzione al cliente venga realizzata a scapito del benessere  dei dipendenti cadendo così nel vecchio modello  industriale ottocentesco (tayloristico)  dello sfruttamento dei lavoratori. Infatti, una recente inchiesta del New York  Times  ha denunciato Amazon per lo sfruttamento dei dipendenti  i quali sono monitorati e stimolati a lavorare un numero di ore sempre maggiore sino a 80 ore settimanali in virtù della prima regola dell’azienda : “L’ossessione del cliente” . 

Anche Apple è stata denunciata da Shanghai Evening Post , BBC e Panorama per lo sfruttamento dei lavoratori asiatici. In particolare, il complesso Pegatron Shanghai, partnership di Apple,  è stato denunciato per la violazione dei diritti dei lavoratori quali: il mancato pagamento dei salari, la discriminazione delle modalità di assunzione in base al sesso e all’etnia, le  eccessive ore lavorative, il ritardo nel pagamento dei salari, la detenzione dei documenti di identità da parte delle agenzie di reclutamento per impedire di lasciare la fabbrica.

In altri casi, come Google e Valve, sebbene l’azienda abbia veramente a cuore il benessere dei dipendenti, allo stesso tempo presenta alcuni limiti nelle fasi di assunzione e valutazione delle  risorse umane. In particolare, esse demandano tali fasi principalmente ai  dipendenti in base alla filosofia secondo la quale se collaborazione e “engagment” sono gli elementi cardini di tale struttura, allora saranno gli stessi dipendenti a valutare  queste qualità nei nuovi assunti e nei colleghi. Noi dubitiamo dell’efficacia ditale sistema di assunzione data la mancanza di specifiche competenze tra i dipendenti e l’influenza degli stereotipi e della soggettività di giudizio di ognuno di loro.

Infatti, i dipendenti di Google principalmente coinvolti nella fasi di assunzione, cercano nei potenziali assunti le seguenti caratteristiche: leadership, conoscenze inerenti il ruolo lavorativo, capacità di analisi, googleyness.

Valve, azienda leader nella produzione dei videogiochi, svolge  la valutazione del personale col metodo “peer reviews”, mentre la retribuzione viene determinata attraverso lo “stack rancking”.  Entrambi i processi si basano su informazioni e sui “voti” che tutti i dipendenti si danno reciprocamente. Un altro aspetto critico per Valve è la fase di assunzione . Essendo difficile istruire e indirizzare i nuovi assunti in questa particolare realtà aziendale, Valve ha pubblicato il “Valve handbook”, una specie di guida ai  corretti  comportamenti aziendali.  

Pertanto, in base ai casi esaminati, possiamo aggiungere all’elenco dei limiti segnalati da Daft ulteriori potenziali limiti in cui l’organizzazione a rete può incorrere:

Potenziali ulteriori limiti

  • Sfruttamento della forza lavoro qualora la soddisfazione dei bisogni del cliente diventi un’ossessione a discapito del benessere dei dipendenti.
  • Criticità delle fasi di assunzione e valutazione delle risorse umane qualora vengano demandate prevalentemente ai dipendenti.

Ci domandiamo se il futuro organizzativo ricalcherà ancora il vecchio modello piramidale o si affermerà un paradigma aperto, decentralizzato, in grado di sprigionare tutto il potenziale innovativo e quale sarà il ruolo della rete. La sfida che le imprese devono affrontare consiste nella ricerca di un equilibrio tra appartenenza al territorio e partecipazione ai grandi mercati internazionali. La rete  può rappresentare la nuova frontiera per affrontare questa sfida  ma  bisogna tener presente anche dei rischi rappresentati dai suoi limiti.  Si rende necessario, quindi, cercare soluzioni che permettano, per quanto possibile, di ridurre o ovviare tali limiti. 

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

  • Bellanca N. For a Theory of Social Enterprise and Social Finance, WP06/2013, Department of Science for Economy and Entrepreneurship, University of Florence.
  • Bonassi M., Dalla gerarchia alla rete: modelli ed esperienze organizzative, Etas  Libri,1993.
  • Daft L. R., Organization Theory and Design, South-Western, Cengage Learning, 10th edition.
  • Don Tapscott, Anthony D. Williams, Wikinomics, La collaborazione di mass ache sa cambiando il mondo, Collana Economia e Storia economica, TESA, 2008.
  • Fabris A., L’organizzazione dell’impresa, ETAS libri, 1983.
  • Kenneth A., (1962) The economic implications of learning by doing ,The Review of Economic Studies. Vol 29 N° 3 pp-155-173.
  • Lomi A., Reti organizzative. Teoria tecnica e applicazioni, Il Mulino, Bologna, 1991.
  • Ricciardi A., Le reti di imprese. Vantaggi competitivi e pianificazione strategica, Franco Angeli,  Milano, 2003.
  • Valve Corporation, Valve handbook.

SITOGRAFIA

  • http://2012books.lardbucket.org/books/management-principles-v1.0/s11-organizational-structure-and-c.html
  • http://smallbusiness.chron.com/vertical-structure-vs-horizontal-structure-organization-4904.htm
  • http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/08/31/in-amazon-si-lavora-male/1997171/
  • http://www.huffingtonpost.it/2015/08/17/amazon-inchiesta-new-york-times-lavoro_n_7997102.html
  • http://www.vita.it/it/article/2014/12/19/apple-nuove-accuse-di-sfruttamento-dei-lavoratori/128807/
  • http://apple.hdblog.it/2013/07/29/apple-di-nuovo-sottaccusa-violazione-dei-diritti-dei-lavoratori-nella-fabbrica-di-iphone-5c/
  • http://www.italiansinfuga.com/2014/01/15/6-cose-che-probabilmente-non-sapevate-su-come-google-assume-personale/
  • http://www.mondolavoro.it/blog/i-network-aziendali-quando-l%E2%80%99unione-fa-la-forza/
  • http://vincenzomoretti.nova100.ilsole24ore.com/2015/05/09/organizzazione-rete/
  • http://amslaurea.unibo.it/7444/1/Inghirami_Tommaso_tesi.pdf

A cura di Anna CapriatiValeria Medori, Antonella PascarellaDaniela Tramontana (partecipanti agli Executive Master in Direzione del Personale e Risorse Umane - RM)

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