A cura dell'Avv. G. Miceli, Giurista

La proprietà intellettuale ha assunto una crescente rilevanza all’interno delle aziende. Sembra, però, che rilevanza e difficoltà di valutazione seguano lo stesso trend, in particolare quando si tratta di prevedere un valore in base alla capacità di resa futura del bene immateriale.

I tradizionali sistemi di valutazione di azienda devono essere armonizzati all’attuale  società basata sul capitale conoscenza, il cosiddetto capitale intellettuale[1] .

In tale contesto – anche sul piano tributario - è importante individuare il sistema di gestione dei plusvalori. In effetti, la valutazione fiscale non si discosta, in linea di principio, da quella civilistica.

Per effetto della Legge di stabilità 2015 (L. 23 dicembre 2014, n. 190), art. 1, commi da 37 a 45, è stato introdotto nell’ordinamento giuridico nazionale un regime di tassazione agevolata (c.d. “Patent box”) sul modello di quanto già avviene da diversi anni in altri paesi europei. Si tratta di un regime agevolativo a carattere opzionale, applicabile ai redditi derivanti dall’utilizzazione o dalla concessione in uso di alcune tipologie di beni immateriali (quali opere dell’ingegno, brevetti industriali, marchi, modelli, design e software coperti da copyright).

L’impianto normativo in materia è stato successivamente modificato, prima per effetto l’art. 5 del DL 24 gennaio 2015, n. 3, convertito con modificazioni dalla L. 24 marzo 2015, n. 33 (c.d. “Investment Compact”) è intervenuto sulla normativa originaria, con alcune rilevanti modifiche concernenti l’ambito applicativo della misura, le modalità di calcolo e le istanze di ruling.

Il Patent Box consiste in un regime fiscale facoltativo disponibile sia per i contribuenti italiani sia per gli stranieri. Un contribuente straniero può accedere al regime solo se ha un reddito di impresa imputabile a un’organizzazione stabile in Italia e se è residente in uno stato avente un accordo di doppia imposizione fiscale con l’Italia e impegnato in un efficace scambio di informazioni.

La scelta del regime Patent Box dura cinque anni fiscali e non può essere revocato una volta effettuata ma può essere usato congiuntamente ad altri regimi fiscali speciali italiani. Il regime consente al contribuente di escludere dalla base imponibile ai fini dell’imposta sul reddito della società (IRES) e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) una percentuale del reddito derivante dalla proprietà intellettuale in questione.

Il regime di Patent Box basato sul “Nexus Approch”  previsto dall’OCSE, concede un’agevolazione ai fini dell’imposta sul reddito delle società e dell’imposta regionale per quanto concerne gli introiti derivanti da beni intangibili, come i brevetti o altri titoli di proprietà intellettuali, considerati funzionalmente equivalenti.

Le percentuali di detassazione sono le seguenti:

  • Il 2015 sarà il primo periodo di imposta del regime e la quota di reddito detassata sarà pari al 30%
  • Nel 2016 la quota di reddito detassata sarà pari al 40%
  • Dal 2017 al 2019 la quota di reddito detassata sarà pari al 50%

Per poter rientrare nel regime di Patent Box i contribuenti devono effettuare attività di R&S, direttamente o in cooperazione con le università. Nella maggior parte dei casi, il disegno di legge stabilisce che per poter accedere al regime, i contribuenti debbano sottostare a un accordo sui prezzi (Advanced Price Agreement, APA) con l'Agenzia delle Entrate italiana.

In pratica si ottiene la detassazione percentuale  - come sopra riportato - del reddito figurativo derivante dall’utilizzo diretto dei beni immateriali agevolati, cioè il contributo economico degli stessi al reddito complessivo realizzato dall’impresa. Per determinare tale importo dovrà essere attivata una procedura di ruling internazionale, ai sensi dell’art. 8 del DL 269/2003, cioè una forma particolare di interpello con l’Agenzia delle Entrate.

La procedura di ruling deve essere attivata anche nel caso in cui i redditi derivanti dalla concessione in uso di marchi e brevetti, o le plusvalenze derivanti dalla cessione degli stessi, siano stati realizzati nell’ambito di operazioni all’interno del medesimo gruppo societario. Il reddito agevolabile viene poi individuato in base al rapporto tra i costi di ricerca e sviluppo sostenuti per il mantenimento e lo sviluppo dell’attività e i costi sostenuti per produrre il bene.

Sono compresi in tale regime il know-how, i processi e le formule che possono essere potenzialmente protetti legalmente, così come i marchi intangibili se si considerano funzionalmente equivalenti ai brevetti.              
Si può concludere che, benché non si tratti di un’invenzione autoctona – dato che il Patent Box è stato adottato (anche se con diverse modalità e in relazione a diversi titoli di proprietà industriale) in Francia, Spagna, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Ungheria e Gran Bretagna – siamo di fronte ad uno strumento di grande efficacia posto a difesa dell’innovazione che rende più conveniente produrre in Italia prodotti coperti da brevetto, così migliorando la competitività del sistema Paese.

In quest’ottica, Meliusform dedica una parte del programma del Master Specialistico in Proprietà Intellettuale al  Patent Box e in generale a tutti i benefici della IP sul piano fiscale, affrontando i temi  della consultazione della banca dati in materia di IP ed il rapporto tra Proprietà Intellettuale e Start-up.

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* Giurista abilitato alla professione forense – Legal Advisor in Diritto Commerciale e Diritto Industriale. Componente dell’Associazione Nazionale Docenti di Informatica Giuridica e diritto dell’informatica. Membro dell’Associazione Internazionale per la proprietà Intellettuale (AIPPI).

[1] Thomas A. Stewart, Intellectual Capital, Random House, 1999.

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