Dai giochi per la formazione ai role playing

:: A cura della Redazione Scientifica MELIUSform ::

Introduzione 
Il tema della simulazione rappresenta oggi una sfida importante offerta al sistema formativo, in quanto l’utilizzo didattico di questo modello ci consegna grandi potenzialità per accrescere la consapevolezza dei partecipanti allo svolgimento del loro ruolo consulenziale o professionale in azienda. 
Agli attori delle organizzazioni del futuro saranno infatti richieste performance sempre più impegnative, che dovranno essere caratterizzate da autonomia e coerenza decisionale, orientamento al risultato, efficacia della propria azione, governo di processi complessi e creatività nella individuazione di soluzioni innovative. Le modalità didattiche che si fondano sulle esercitazioni in Excel® e le simulazioni aziendali consente di affrontare quella sfida in termini formativi, perché offrono ai partecipanti di un master/corso una reale esperienza di apprendimento, favorendo l’assunzione di un ruolo decisionale in un contesto virtuale ma molto vicino alla realtà. 
Questo confronto continuo con la realtà favorisce dunque una verifica continuativa e strutturata delle conoscenze e dei modelli mentali dei soggetti con i feedback che l’esercitazione stessa restituisce in tempo reale.
L’assunzione di un ruolo di responsabilità (e quindi decisionale), in un contesto protetto (in cui cioè diventa impossibile “fare danni”), offre la possibilità ai soggetti in formazione di individuare, in modo creativo, modalità di lavoro innovative e più efficienti anche in un contesto di crisi.
Il presente contributo partirà da un’analisi storica delle metodologie formative di tipo simulativo, per arrivare ad una definizione di simulazione e definirne le specifiche pedagogico – didattiche. 

Le origini degli approcci simulativi
La simulazione ha origini molto antiche, perché sul terreno dei rapporti sociali il “gioco” della simulazione ha da sempre affascinato(1).
Il primo campo di applicazione di questa pratica formativa è stato il campo della simulazione bellica, proprio perché questa metodologia presenta il pregio di consentire al soggetto in formazione di costruirsi un modello su cui sperimentare e provare tattiche e strategie possibili, prima di un effettivo svolgersi dei fatti. La specializzazione all’interno delle attività belliche ha determinato il passaggio da un approccio molto analogico e qualitativo ad approcci più rigorosi e fondati su complessi modelli statistici. Questi modelli, supportati dai primi elaboratori elettronici di dati, sono stati elaborati principalmente dalla cosiddetta Ricerca Operativa, in occasione dello Sbarco in Normandia, che ancora oggi rappresenta una delle più complesse manovre belliche.
Da questa iniziale applicazione la metodologia simulativa è stata poi inserita all’interno delle esperienze formative in campo aziendale. Questo passaggio è stato fortemente accelerato dal lavoro dell’American Management Association, che elaborò già nel 1956 il primo gioco di simulazione nel campo del business, trovando da subito ampie possibilità di applicazione sia all’interno delle aziende che all’interno delle Università e delle Business Schools. 

(1) Si pensi in tal proposito al classico “Arte della seduzione” di Ovidio, oppure agli artifici simulativi legati alle rappresentazioni teatrali, oppure ancora al Carnevale, che in varie forme ha sempre accompagnato la storia della nostra cultura. 

La definizione della simulazione e il suo elemento costitutivo: il modello
L’esperienza dei modelli di simulazione è caratterizzata da una forte interdisciplinarietà: ciò ha contribuito alla nascita di un vocabolario ricco e spesso molto confuso in merito.
La definizione che, in termini strettamente formativi, appare più completa e rigorosa del termine simulazione è la seguente: “una serie di rappresentazioni dinamiche che usano elementi formali sostitutivi della realtà, modellizzando la stessa mediante un processo di astrazione”(2). Appare chiaro dunque che il processo di simulazione ha l’obiettivo di costruire un sistema opportunamente studiato per facilitare lo studio, la comprensione e la gestione della realtà. Infatti, non tutti gli elementi di un sistema oggetto di studio possono da subito essere evidenti, comprensibili e gestibili da parte di un soggetto che sta partecipando ad un percorso formativo: la simulazione è pertanto uno degli strumenti che il relatore può disporre per tracciare il percorso formativo che porterà gradualmente il soggetto ad affrontare le problematiche teorizzate a lezione.
E’ opportuno fare da subito una distinzione, infatti esiste una forte differenza tra la sperimentazione e la simulazione. La prima infatti è una diretta operazione sulla realtà o su un campione di essa, mentre la seconda è la manipolazione della realtà attraverso un modello che la rappresenta(3).
All’interno di situazioni simulative i soggetti sono coinvolti in situazioni opportunamente predisposte in modo che a certe azioni corrispondano determinati risultati. Spesso in queste situazioni viene inserito l’elemento del gioco, che riduce la complessità della situazione permettendo di utilizzare elementi più “maneggevoli”, aumenta la tensione motivazionale dei soggetti, e crea un set di relazioni tale per cui gli individui possono esercitare un controllo reciproco senza mai arrivare ad avere un completo dominio delle azioni degli altri e della situazione in generale.
Il tema vero dell’utilizzo della simulazione si sposta dunque sul suo elemento costitutivo più importante, cioè il modello della realtà che si accetta. La sua importanza risiede nel fatto che esso è in qualche misura più intuitivo, più familiare e più comprensibile della realtà che si vuole studiare attraverso il suo utilizzo. Diventa pertanto importantissimo scegliere, tra modelli alternativi, quello più opportuno e utile rispetto alla realtà contingente(4). La scelta di un modello deve conciliare due istanze di natura opposta: da un lato la necessità di costruire un modello che sia più semplice della realtà cui si riferisce (pena la sua ingestibilità e di conseguenza la sua inutilità), dall’altro l’esigenza di non semplificare troppo il problema reale rischiando di mettere fuori strada i soggetti in formazione.
Sempre relativamente ai modelli è opportuno qui ricordare due fondamentali rischi che si corre nella loro strutturazione: 1) il pericolo che la conoscenza scientifica sottesa al modello venga confusa con il modello stesso (quindi il disconoscimento da parte del discente della logica di fondo della simulazione, che possiamo definire logica del come se); 2) il pericolo che si trasferiscano sulla teoria o sulla realtà caratteristiche logiche del modello che si è scelto di utilizzare, assolutizzando il valore del modello che diventa da mezzo a fine. 

(2) Da Cerini, La simulazione nei processi formativi”, Franco Angeli, 1996, p. 68
(3) I tipi di simulazione utilizzabili in sedi formative sono ben affrontati in Monroe, The Games as Teaching Tools, Cornwell University, 1968, che ipotizza simulazioni con 1) qualità iconiche, cioè caratterizzate dalla trasformazione in scala della realtà; 2) qualità analogiche, in cui le caratteristiche originali sono sostituite con altre di egual comportamento; 3) qualità omologiche, in cui una proprietà è sostituita da un’altra caratterizzata da una somiglianza formale.
(4) Da notare che il vero nodo della decisione non consiste nella verosimiglianza del modello alla realtà, ma nella funzionalità del modello agli obiettivi per cui si crea. Spesso infatti, per assurdo, è opportuno esagerare o rendere distorte alcune componenti o relazioni presenti all’interno del modello, in modo da facilitare allo studente l’apprendimento. 


L’utilizzo delle metodologie simulative nella formazione La scelta di utilizzare queste metodologie si fonda su questi due assunti:

  • La già citata gestibilità in termini meramente formativi che il modello che sottende alla situazione simulativa offre rispetto alla complessità della realtà;
  • La distanza che il modello crea dalla realtà, costituendosi come strumento di riflessione “a freddo” sui vissuti quotidiani e sui ruoli gestionali quotidianamente vissuti dai soggetti in tutta la loro conflittualità.

Questa scelta metodologica consente inoltre di riprendere due scuole di pensiero didattiche.
In primo luogo si recupera il pensiero degli psicologi della scuola associazionista: il soggetto infatti è chiamato a misurarsi con situazioni didattiche strutturate secondo una serie di attività prestabilite, intervallate da momenti di valutazione e autovalutazione prestabiliti. Questo recupera (in termini più soft rispetto alle prime convinzioni degli psicologi di questa scuola) un concetto di apprendimento come fondato su una serie di risposte ad intervalli più o meno lunghi che ripagano con stimoli positivi le risposte che i soggetti danno a ceri stimoli. In questo senso la natura stessa del gioco si presta ad una interpretazione di questo genere: immediatamente, dal comportamento degli altri giocatori, il soggetto può avere feedback utili per elaborare le strategie migliori nello svolgimento dell’esercitazione.
La seconda è quella sostenuta dagli psicologi della Gestalt, e più precisamente Lewiniani, secondo i quali queste metodologie consentono una grado più o meno ampio di libertà di scelta, ed una conseguente originalità del processo di apprendimento. Per gli psicologi di questa scuola infatti l’apprendimento è inteso come una interpretazione del tutto individuale a situazioni problematiche, in modo che esse acquistino un significato all’interno della struttura mentale del soggetto. Se infatti la situazione simulativa è strutturata con un sufficiente grado di libertà, il soggetto può giungere ad una presa di coscienza dei contenuti derivante da una visione personale e da una interpretazione individuale dei dati contenuti nella situazione stessa. Ciò si presenta molto funzionale soprattutto per gruppi composti da soggetti con gradi di preparazione diversi e con diversi ritmi di apprendimento. 

Le diverse metodologie simulative. E’ possibile classificare le metodologie simulative all’interno di un continuum che quantifica il loro grado di astrazione. Saranno pertanto presentate le possibili metodologie partendo da un alto grado di “adesione” alla realtà per arrivare ai più alti livelli di astrazione.
Case Study: si analizzano storie di situazioni scelte in relazione al tema della formazione, e se ne discute in gruppo. E’ una metodologia molto statica, perché discusse le scelte svolte nella situazione dai protagonisti, il modello ha esaurito il suo valore.
Metodi in Basket: studia le reazione del soggetto in specifiche situazioni, strutturate il più vicino possibile alla situazione reale. Sono poi oggetto di discussione guidata sia le scelte che le modalità di presa di decisione utilizzate.
Tecniche Incident: strutturate nella stessa modalità dei case stady ma con alcune informazioni mancanti che il soggetto è chiamato a trovare, attraverso una sessione di domande e risposte con il docente.
Business Game: sono giochi di simulazione dove è molto spiccato l’elemento quantitativo del modello sottostante, che viene gestito da computer. 
Gaming Simulation: gioco che si svolge in un ambiente modellizzato, in cui i gradi di libertà e le possibili scelte sono tema di progettazione formativa. Le scelte di ogni soggetto sono condizionate anche da quelle degli altri, e il feedback è pertanto continuo: i ruoli decisionali strutturano il sistema stesso di gioco.
Role Playing: si svolgono ruoli liberamente interpretabili in situazioni simili alla realtà. Si discutono poi le reazioni e le si interpretano, in contesti protetti e strutturati per fare emergere la complessità e i conflitti. 

Conclusione: la validità formativa delle metodologie simulative 

  1. Una presenza attiva del soggetto all’interno del setting formativo, che favorisce da un lato la ricerca personale di un percorso di apprendimento consono alle caratteristiche individuali e dall’altro la capacità di attivare momenti di confronto con gli altri soggetti/partecipanti utili all’apprendimento;
  2. La presenza di stimoli multisensoriali che la situazione formativa è in grado di offrire, che coinvolge tutte le capacità del soggetto in formazione (uditive, visive, verbali, emotive e manuali) e favorisce una sua identificazione più piena nella situazione simulata;
  3. L’inserimento in condizioni safe, in cui è accentuata la possibilità di sperimentazione creativa sulla realtà senza che eventuali insuccessi possano condizionare situazioni reali;
  4. Il continuo feedback che la realtà consegna, che orienta e ri-orienta il soggetto a prendere decisioni.

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