Un buon Master può essere la risposta a diverse esigenze. Un professionista può viverlo come un percorso di aggiornamento ed approfondimento delle proprie competenze; per chi è inserito nel mondo delle imprese può essere l’opportunità di impreziosire il proprio profilo e facilitare una promozione o una crescita in azienda; per i più giovani – da poco usciti dall’Università,  che si confrontano con le difficoltà del primo ingresso nel mercato del lavoro - un buon Master può invece rappresentare l’opportunità di acquisire un know how pratico, rendere il proprio profilo più coerente con le esigenze del mercato del lavoro ed essere supportati e guidati nell’inserimento in azienda dall’Ufficio Placement della Business School.

Quest’ultimo aspetto è senz’altro di grande appeal per chi si affaccia alla ricerca di una prima occupazione. Ma come dovrebbe funzionare un buon Ufficio Placement?

Non c’è una risposta univoca, perché una variabile importante è costituita sia dall’area tematica del Master che si sceglie di frequentare, sia dalle restrizioni in ingresso al Master stesso (età, facoltà di provenienza, voto di Laurea, ecc). Poniamo, ad esempio, che si parli di un Master in Turismo: si tratta di un settore con un turn over molto elevato, e con un’altissima percentuale di ruoli stagionali. E’ evidente che, in questo caso, l’Ufficio Placement della Scuola debba garantire una fase di stage per tutti i partecipanti, che probabilmente si espleterà in villaggi turistici, con diverse mansioni. Oppure pensiamo ad un Master in Giornalismo: è semplice (e doveroso), per le Scuole, garantire ai partecipanti la pubblicazione di articoli su media collegati con le Scuole stesse (molto spesso questo avviene su testate telematiche, sulle quali non ci sono spazi predefiniti).

 Se, invece, si sceglie un Master ad esempio nelle aree della Finanza aziendale, o della Gestione del Personale oppure in altre aree di gestione o management di azienda, non è possibile pubblicare la “garanzia” di uno stage successivo essendo una informazione ad alto rischio di ‘credibilità’. In un’azienda strutturata, infatti, il turn over è in questo periodo poco elevato, contrattualistica e ruoli sono ben precisati, e le mansioni sono distribuite con precisione, per questa ragione non si può mai garantire uno stage, tanto meno chiedere un pagamento addizionale per offrirlo come servizio aggiuntivo.

Anche un ingresso in stage è dunque sempre subordinato alle reali esigenze dell’azienda, e ad una – seppur minima – selezione. E’ evidente che un giovane venticinquenne laureato col massimo dei voti avrà molte più probabilità di essere scelto, rispetto ad un ultratrentenne con poca esperienza (o, al contrario, troppo qualificato per il ruolo).

Un buon Ufficio Placement, se è trasparente nella comunicazione, non può dunque “garantire” la fase di stage successiva al Master in maniera indiscriminata a tutti i partecipanti, per tutte le aree tematiche; può invece senz’altro garantire il massimo impegno nel lavorare sul profilo di ciascuno, veicolando le candidature in maniera personalizzata, tenendo conto delle richieste del mercato e delle differenze tra profili di tutti i corsisti uscenti.

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