I dati presentati dai più grandi istituti di ricerca parlano chiaro: la situazione economica delle imprese italiane è ormai gravissima e se non si corre subito ai ripari fra non molto sarà troppo tardi. Diminuisce il potere di acquisto reale dei cittadini, di conseguenza calano i consumi e tutto ciò si ripercuote sulle aziende che devono necessariamente e conseguentemente calare la produzione e diminuire il numero dei dipendenti per non affondare.

Si ricorre, così, alla cassa integrazione e alla mobilità come estrema possibilità ma tutto ciò non fa che aggravare ancora di più la situazione portando l'economia italiana sull'orlo del baratro.

Il problema principale è che troppo spesso alla difficoltà reale della diminuzione degli scambi commerciali si aggiunge anche quella della poca adeguatezza - sia di tecnologie ma anche di know how interno - delle aziende rispetto a quello che il mercato richiede, soprattutto se ci troviamo a doverci confrontare con quello estero. La conoscenza delle lingue estere, l'utilizzo di software moderni, la capacità di analizzare il mercato attraverso precisi strumenti di misurazione e analisi, sono solo alcuni degli aspetti che le imprese italiane sentono il bisogno di approfondire ma che non possono affrontare per mancanza di investimenti in formazione o, peggio ancora, in assunzione di nuovo personale qualificato.

E' un pò il cane che si morde la coda: le aziende necessitano di formazione interna per adeguare il proprio personale o di nuove figure professionalizzate da inserire in organico per far fronte alla sfida competitiva. Ma poichè i consumi calano e cala la produzione, non ci sono le risorse sufficienti per poter affrontare questo investimento. Assumere neolaureati, freschi di nuove ed aggiornate competenze, sarebbe una bella idea, peccato che il sistema accademico italiano, senza eccezioni, sia ricco di sapere e povero di saper fare, tutto ciò che ad una azienda purtroppo non serve.

Ormai da qualche anno è cresciuta la consapevolezza, fra gli imprenditori italiani, dell'importanza della formazione per la qualificazione e riqualificazione del proprio personale. Ma - e questo ce lo racconta l'Istat, una voce autorevole del panorama - troppo spesso attivare percorsi di formazione interna risulta essere troppo costoso per gli imprenditori. Innanzitutto perchè formare il personale vuol dire fermare per il tempo della formazione l'attività dei dipendenti e molte volte questo non è possibile nè in termini organizzativi nè produttivi. Poi, altro problema non da poco, una formazione di qualità, che preveda un'attenta analisi dei fabbisogni formativi interni e che colmi effettivamente le lacune presenti nel know how aziendale, ha un costo elevato e la grave mancanza di liquidità attuale delle imprese non agevola di certo la situazione. 

Ultimamente lo Stato tenta di agevolare in qualche modo sia l'occupazione, attraverso la possibilità di ottenere sgravi fiscali per l'assunzione di nuove leve magari attraverso il contratto di apprendistato (apprendi lavorando e hai diritto anche allo stipendio), oppure incentiva la formazione coprendo parte delle spese attraverso fondi e bandi. Ma siamo in tempi di spending review e anche utilizzando fondi pubblici è necessario che una parte delle spese sia a carico dell'azienda. Esistono poi i Fondi Interprofessionali che in cambio dell'adesione al fondo stesso e al versamento nelle sue casse di quello 0,30% della retribuzione di ogni dipendente - prima destinato obbligatoriamente all'Inps - ti permette di usufruire attraverso il conto formazione ed il conto sistema di una certa cifra di accantonamento da utilizzare per la formazione dei dipendenti. Ma anche qui sorge un piccolo problema. La formazione, infatti, viene sì pagata dal Fondo ma ti rimborsa quanto speso a rendicontazione avvenuta e previa presentazione delle fatture di acquisto, il che, in poche parole, si traduce in un ingente anticipo delle spese da parte dell'azienda. Non il massimo per i problemi di liquidità a cui prima si accennava.

In un clima di grande incertezza come quello che ci troviamo ad affrontare oggi c'è una sola consapevolezza: non si può rinunciare alla formazione. Le altre economie - con le quali ci troviamo quotidianamente a competere grazie alla globalizzazione e all'apertura dei mercati - sono snelle ed efficienti e non possiamo restare indietro per una carenza di competenze aggiornate. Vorrebbe dire il fallimento dell'economia interna e, di conseguenza, dello stato italiano nel suo insieme.

In attesa che le prossime elezioni esprimano un potere centrale in grado di affrontare la situazione e rifondare completamente il sistema dalle sue radici, dobbiamo considerare la formazione, la qualificazione e riqualificazione del personale dell'impresa come un investimento che andrà a dare i suoi frutti all'impresa stessa nel tempo. Si può tagliare su qualsiasi altra voce di spesa ma rendere competitiva l'azienda è un passo obbligato per la sopravvivenza del sistema produttivo.