"Il tempo è il capitale più grande.
Il tempo non è una risorsa abbondante.
Il tempo non si può comprare.
Il tempo non si può mettere da parte o immagazzinare.
Il tempo non ha minuti con 61 secondi o giorni con 25 ore.
Il tempo passa: non è possibile fermarlo.
Il tempo è vita".
(Lothar Seiwert)

Viviamo come se il tempo fosse infinito e come se la vita non dovesse terminare mai. La prima cosa di cui è necessario prendere coscienza è proprio questa: il tempo non è infinito ed è proprio questa la ragione per la quale è così prezioso. Nessuno può permettersi di sprecarlo, poiché non è una risorsa rinnovabile. Se viviamo in affanno, se rincorriamo una serenità che ci sfugge continuamente come un miraggio, se non riusciamo a fare buon uso del nostro tempo e non ci sentiamo soddisfatti ma, al contrario, sopraffatti, è il caso di fermarsi e riflettere.

Quante volte sarà capitato anche a te, come a tutti noi, di provare una grande ansia, per timore di non riuscire a portare a termine un compito importante... "Perché non l'ho fatto prima? Perché rimando sempre?" Quante volte hai pensato di non avere il controllo del tuo tempo? Non hai mai la sensazione che la vita passi troppo in fretta senza che tu riesca a fare quello che desideravi? 

Una gestione sbagliata del tempo porta con sé inevitabili conseguenze sotto forma di ansia, stress, paura e insicurezza, spreco di risorse e di energie, senso di colpa, disturbi dell'umore, depressione che generano un circolo vizioso che rischia di travolgere l'individuo e il suo equilibrio psicofisico. I metodi più diffusi e sicuramente più efficaci per perdere tempo sono: 
- rimandare, temporeggiare;
- analizzare eccessivamente;
- non riuscire a dire di no;
- perdersi in cose di secondaria importanza;
- accentrare tutto su se stessi.
Questi atteggiamenti e comportamenti hanno origine in convinzioni e considerazioni disfunzionali, che utilizzano dinamiche di pensiero ben conosciute in ambito psicoterapeutico. Il rimandare, l'analizzare troppo, il non sapersi dare delle priorità, l'incapacità di delegare ad altri alcuni compiti, nascono da antecedenti di profonda sfiducia in sé stessi, dalla paura del giudizio altrui, della separazione, dell'abbandono, del fallimento, del cambiamento e rappresentano altrettanti meccanismi difensivi contro situazioni che vengono considerate sgradevoli, rischiose, difficoltose o troppo impegnative.

Questa situazione non va accettata con rassegnazione: si può cambiare, portando avanti una profonda comprensione delle dinamiche in atto e delle convinzioni sottese alle emozioni che le determinano e con uno sforzo di gestione consapevole del proprio comportamento. A questo fine, l'approccio cognitivo-comportamentale, che vedremo più da vicino nel prossimo post, rappresenta certamente una soluzione tra le più efficaci oggi ufficialmente riconosciute.

A cura della Dott.ssa Margherita Ciciarelli, Psicologa e Psicoterapeuta
(www.studiopsicologiaclinicagiuridica.com)