Non crogioliamoci in inutili dubbi: il “posto fisso” non esiste più. Sì il “posto fisso”, quell’entità narrataci dai nostri genitori che ti accompagna fino alla tanto aspettata pensione, che ti garantisce sicurezza e introiti mensili fissi. 


E non è solo una questione della tanto discussa crisi, ma anche del fatto che il sistema burocratico, legislativo, sociale e lavorativo  è cambiato.

Si è sviluppata negli ultimi anni la forte necessità di creare nuovi settori lavorativi: impieghi magari che si possono svolgere da casa, che sono flessibili negli orari, perché le aziende sempre di più richiedono personale  adattabile alle esigenze produttive.
Il cosiddetto “lavoro autonomo” sta prendendo sempre più piede. Ma il fatto sconcertante è che molto spesso non è una scelta ma una necessità.

Possiamo affermare oggi come oggi di lavorare non per qualcuno, ma con qualcuno. 

Il mondo del lavoro, ci obbliga ormai a entrare nel vortice del ‘cambiamento continuo’, riqualificandosi periodicamente e quindi sperimentando le più variegate forme contrattuali...
Formarsi professionalmente (attenti però, purchè in modo qualitativo’) sembra l’unica cosa da fare, vagliando le varie proposte sul mercato in relazione ovviamente ai nostri interessi e attitudini.

Il nostro ministro del Welfare ha affermato - tra un fazzoletto e l’altro nel corso dell'audizione alla Camera sulle linee programmatiche del suo dicastero in materia di Pari opportunità - che la formazione è «una chance». È «l'unico modo per preservare la parità di opportunità nella vita. Dobbiamo proiettare un percorso di vita lavorativa in cui la formazione sia continua e vada avanti nella vita» tale, ha detto, da poter contare anche «rispetto a situazioni che possono capitare a tutti come la perdita del posto di lavoro».  

Non è assolutamente sbagliato il concetto che solo con la formazione al lavoro «si fornisce una chance al lavoratore». Tutt’altro. Ma restano solo parole.
Purtroppo in questo momento siamo senza tutela in tutti quei passaggi fra il mondo della formazione e quello del lavoro o il reinserimento nel mondo dell’occupazione dopo la cessazione di un precedente rapporto lavorativo. 
E quindi non resta, in attesa di tempi migliori, che crearsi da soli un bagaglio di competenze spendibili nel mercato del lavoro ricorrendo a percorsi formativi qualificati ed in grado di non aggravare ulteriormente le tasche di chi desidera investire nella propria crescita professionale e privata.