A cura dell'Avv. G. Arpea, Docente in area Legale

Introduzione

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza reintroduce il ricorso al Tribunale per la denuncia di irregolarità nella gestione di s.r.l. che possano apportare grave danno all’impresa. Un ritorno – quello dell’art. 2409 c.c. nelle s.r.l. – che si colloca in modo coerente all’interno della nuova disciplina sulla prevenzione della crisi dell’impresa, fortemente incentrata su controlli sia esterni che interni. Vediamo quindi l’evoluzione di questo strumento e analizziamo le motivazioni che hanno spinto il Legislatore a (ri)considerare l’applicazione dell’art. 2409 c.c.

L’evoluzione dell’art. 2409 c.c. in tema di s.r.l.

La disciplina del controllo giudiziale sulle società ha subìto diversi interventi da parte del Legislatore, il più incisivo dei quali risale alla riforma contenuta nel D.Lgs. 17 gennaio del 2003, n. 6, che ha eliminato il controllo sulla gestione ex art. 2409 c.c. con riguardo alle s.r.l., lasciandolo invece impregiudicato per le s.p.a. In particolare, la disciplina del 2003 prevedeva che, in caso di sospette irregolarità degli amministratori, qualunque socio avesse il diritto di chiedere informazioni sulla gestione e di condurre ispezioni (art. 2476, comma 2, c.c.), di promuovere direttamente l’azione sociale di responsabilità (art. 2475, comma, 3, c.c.) con successivo diritto, in caso di vittoria, di essere rimborsato dalla società dei relativi costi (art. 2476, comma 4, c.p.c.). In un generale clima di fiducia nelle capacità di autoregolamentazione del mercato, il Legislatore aveva evidentemente considerato opportuno contenere l’intervento giudiziale nelle vicende societarie, lasciando così agli organi interni l’onere di risolvere eventuali conflitti. Cionondimeno, negli anni la Giurisprudenza ha continuato ad affrontare costantemente il tema dell’applicabilità dell’art. 2409 c.c. alle s.r.l., dando vita a dibattito particolarmente animato[1].

Di recente, con una scelta di segno opposto rispetto a quella del 2003, il nuovo Codice dell’insolvenza è intervenuto (ri)stabilendo infine l’applicazione dell’art. 2409 c.c. alle s.r.l., anche se la società è priva di organo di controllo[2], e la sua estensione nell’ambito della liquidazione giudiziale[3].

I motivi e gli effetti della riforma

Dietro al ritorno dell’art. 2409 c.c. nelle s.r.l. c’è una riflessione maturata dal Legislatore sull’inadeguatezza della tutela dei soci di minoranza di cui agli artt. 2475 e 2476 c.c.[4]

In particolare, l’onerosità dell’anticipo dei costi di indagine e del giudizio, la durata del procedimento e, infine, il fatto che la revoca di un amministratore non impedisce alla maggioranza di nominare nuovamente un organo gestorio espressione della stessa visione, hanno messo in evidenza alcuni limiti strutturali dell’azione di responsabilità promossa dal singolo socio in un contesto economico estremamente precario.

Con la denuncia ai sensi dell’art. 2409 c.c. il Legislatore intende invece assicurare innanzitutto la rapidità del risultato. Difatti, rispetto ai rimedi ante riforma, la procedura in questione è caratterizzata da tempi più celeri (si celebra dinnanzi alla volontaria giurisdizione e ha contenuto para-cautelare[5]), costi più contenuti e un notevole potere d’indagine giudiziaria. Inoltre, poiché non si tratta di un procedimento a cognizione piena, il socio di minoranza non ha l’obbligo di fornire elementi pienamente formati a prova della violazione: è sufficiente esibire un sospetto fondato delle violazioni degli amministratori per giustificare l’ispezione ordinata dal Giudice.

 

Conclusioni

La (re)introduzione dell’art. 2409 c.c. per le s.r.l. è coerente con l’impianto e l’obiettivo prevalente della Riforma Rordorf: prevenire la crisi dell’impresa. Nella stessa prospettiva sembra doversi leggere la riforma dell’art. 2086 c.c., che impone l’obbligo di istituire «un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale». Da una lettura coordinata delle norme, sembra quindi che l’art. 2409 c.c. non si limiti a tutelare interessi esclusivamente endosocietari, come ritenuto finora, ma si estenda all’ambito pubblicistico e miri, quindi, alla conservazione dell’equilibrio patrimoniale delle imprese per evitare ricadute negative sul sistema di mercato. La conseguenza naturale di ciò potrebbe essere che la violazione del nuovo art. 2086 c.c. integri una delle gravi irregolarità contemplate dall’art. 2049 c.c.[6]

Il ritorno dell’azione ex art. 2409 c.c. in ambito di s.r.l. pone un tema ulteriore: quello del rapporto tra la denunzia giudiziale per irregolarità gestorie e la risoluzione delle controversie endosocietarie in presenza di una clausola arbitrale. A partire dalla riforma del 2003, il Legislatore aveva promosso con convinzione il modello arbitrale per gestire simili conflitti e, a questo riguardo, con il D.Lgs. 17 gennaio 3003, n. 5[7], aveva concepito un rito arbitrale apposito per le vicende societarie. Ciò non solo in ragione della già riferita fiducia nelle capacità di autoregolamentazione del mercato, ma anche per consentire una risoluzione delle controversie celere e con minor aggravio per il sistema giudiziario, a cui comunque restava riferita la giurisdizione cautelare e d’urgenza. Alla luce della riforma recente della crisi d’impresa è invece altamente probabile che il socio di minoranza prediliga ad altri (compreso quello arbitrale) il rimedio offerto dall’art. 2409 c.c., per la speditezza del rito, i costi contenuti e, non ultimo, il minor aggravio probatorio. Tuttavia, è auspicabile che questo strumento non venga abusato e che, invece, il socio di minoranza partecipi attivamente alla vita societaria e opti per la denuncia giudiziale solo in casi di gravità effettiva, demandando agli istituti più idonei la richiesta di accesso informativo e le eventuali azioni di responsabilità.

[1] A favore della tesi dell’applicabilità alle s.r.l. (sebbene limitatamente al caso di s.r.l. dotate di organo di controllo, in virtù del rinvio che l’art. 2477, comma 3, c.c. opera alle disposizioni sul collegio sindacale previste per le s.p.a.) cfr. Trib. Milano, 12 aprile 2018, in Ilsocietario.it, 23 maggio 2018; Trib. Bologna, 4 febbraio 2015, in Ilsocietario.it, 21 maggio 2015; Trib. Milano, 26 marzo 2010, in Giur. merito, p. 325; contra, Trib. Roma, 24 agosto 2016, n. 16049, in Ilsocietario.it, 4 novembre 2016; Trib. Como, 27 aprile 2016, in Dejure.it, 2016; Cass. civ., sez. I, 13 gennaio 2010, n. 403, in Riv. dott. comm., 2010, p. 399.

[2] V. art. 378, comma 1, lett. d), CCII.

[3] V. art. 291, comma 2, CCII.

[4] R. Rordorf, Brevi note in materia di controllo giudiziario sulla gestione delle società previsto dall’art-2409 c.c., in Le società, 2015.

[5] V. Trib. Milano, 26 ottobre 2016, per cui è immediatamente eseguibile il decreto del Giudice, anche allo scopo di porre fine immediatamente ai comportamenti scorretti degli amministratori infedeli.

[6] A. Bonetta, Il ritorno dell’art. 2409 c.c. nelle s.r.l., in Il caso.it, 2019.

[7] In particolare, v. artt. 34 ss.

 

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Ultima modifica il 16/11/2020

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