Perché non basta la Flat Tax 

Quando si sente parlare di riforma fiscale delle entrate tributarie, senza una riflessione sul bilancio complessivo statale (enti locali e pubblici compresi) è come se si tracciasse un itinerario senza sapere dove andare!

Dovrebbe essere chiaro, invece, che si possono ridurre le imposte solo se teniamo sotto controllo la spesa pubblica che deve essere finanziata, principalmente, attraverso di esse. Per ridurre la tassazione bisogna, quindi, fissare dei limiti di spesa complessiva di gestione e di sviluppo nonché dei limiti specifici di ogni entità contabile e territoriale.

L'intera programmazione di bilancio deve essere in equilibrio, a partire dalle entrate che devono essere certe e senza effettuare il deficit spending che produce costi aggiuntivi spesso ingovernabili; la spesa pubblica, cioè, deve essere nei limiti delle entrate e non "senza limiti". Solo così possiamo porre dei tetti alla tassazione: in funzione delle entrate necessarie per la spesa. D'altronde il deficit di bilancio si raggiunge quando: o non sono ben preventivate le entrate o si effettuano spese senza avere ottenuto le entrate, pensando di "sanare" la situazione con l'indebitamento attraverso la sottoscrizione di debiti. Bene, se si vuole, veramente, invertire questa modalità di gestione, che pensa di adeguare le entrate dopo avere sostenuto le spese, bisogna procedere con la riduzione delle spese e l'aumento delle entrate tributarie attraverso la riduzione della tassazione. Può sembrare strano ma è cosi! Il contenimento della spesa pubblica genera una minore necessità di entrate tributarie per cui si può procedere nella riduzione della imposizione fiscale. Ma in più si ha un ulteriore vantaggio: l'allargamento della platea dei contribuenti che corrispondono le imposte. Nel momento in cui si pongono limiti alla tassazione - che non dovrebbe superare il 25% - 30% del reddito prodotto, per consentire l'utilizzo della restante parte ai fini dei consumi e degli investimenti, attivando così lo sviluppo economico - estremamente accettabili, i contribuenti si adoperano "per essere in regola con il Fisco", con il risultato che si riduce la platea di contribuenti "evasori" perché a quel punto conviene pagare le imposte per avere a disposizione, in tranquillità e "senza la spada di Damocle" dell'accertamento tributario,  le ulteriori maggiori risorse per i propri scopi, appunto di consumo e di investimento.

La programmazione e l'incasso delle entrate tributarie "certe", poi, potrebbe essere realizzata attraverso le movimentazioni finanziarie con l'utilizzo di carte elettroniche che garantirebbero tracciabilità ed effettività contabile, senza utilizzo delle banconote. Tra l'altro questo sistema produrrebbe maggiore sicurezza sociale, con la conseguente riduzione delle situazioni di errori.

La riforma fiscale, in buona sostanza, dovrebbe avere requisiti di certezza e fattori di equilibrio di bilancio finanziario ma anche attivare una leva economica per lo sviluppo e per il benessere della comunità sociale, in quanto ridurrebbe il prelievo tributario lasciando risorse finanziarie per lo sviluppo economico del territorio.

E' importante che vi siano certezze operative sia per lo Stato che per i cittadini e per gli operatori economici con possibilità di gestire e di impiegare al meglio le risorse, per i consumi e per gli investimenti, promuovendo uno sviluppo solido basato sugli equilibri di bilancio, con indubbi vantaggi ed effetti anche in Europa.

Per ridurre la tassazione, quindi, bisogna anche cambiare la gestione di bilancio e non basta la flat tax!   

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*Autore prof. dott. Francesco Verini, Economista Tributarista e Docente nel Master in Diritto Tributario e Contenzioso.


A cura di F. Verini (partecipante del Master in Diritto Tributario e Contenzioso)

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