Le competenze: gli oggetti della valutazione

Le Competenze: gli Oggetti della Valutazione

Nell’ambito delle teorie della skill evaluation l’approccio per competenze costituisce un efficace strumento di gestione e sviluppo delle risorse umane, in particolare all’interno degli attuali contesti organizzativi: sempre più snelli e deverticalizzati, orientati ai processi,  piuttosto che alle singole funzioni e nei quali è necessario prevedere e gestire carriere, di tipo orizzontale e interfunzionale, di figure nelle quali la componente professional è in crescita. Le aziende devono essere in grado di attrarre e valorizzare adeguatamente le risorse umane, dalle quali dipende il successo dell’organizzazione stessa; i vantaggi competitivi di un’organizzazione, sono infatti, sempre più legati al know-how interno ed alle competenze acquisite e sviluppate da tali risorse.

Una prima definizione di competenza prende forma negli anni‘70 ad opera di David McClelland che la definisce:

“una caratteristica personale che permette lo svolgimento eccellente di una specifica mansione in una determinata impresa”.

In questa definizione le competenze sono descritte come conoscenze, capacità, comportamenti e attitudini, legati al singolo individuo, che determinano una prestazione di eccellenza in un contesto specifico come la mansione lavorativa svolta all’interno di una determinata impresa.

Negli anni‘80 Richard Boyatzis, collaboratore di McClelland, definì la competenza come:

una caratteristica intrinseca di un individuo causalmente collegata ad una performance efficace o superiore in una mansione”.

Ancora una volta si parla di conoscenze, abilità, motivazioni e aspetti della propria immagine di sé legati a prestazioni aziendali di successo. Tuttavia, con Boyatzis, le competenze sono considerate come un generico attributo personale che, se pur sempre collegato a una performance efficace o superiore, è  influenzato dall’aspetto psicologico della persona, presentando la carenza di un’importate aspetto oggettivo della valutazione.

Il significato del termine competenza si è trasformato nel tempo e oggi una descrizione interessante la definisce come:

“un insieme di comportamenti espressi dall’individuo derivanti dal possesso e dall’applicazione di conoscenze teoriche, di abilità, di atteggiamenti e di orientamenti mentali”.

Questa definizione ha il pregio di valorizzare l’aspetto manifesto e dunque misurabile della competenza ossia i comportamenti organizzativi agiti da ogni risorsa nel suo lavoro quotidiano, comportamenti che divengono oggettivabili in quanto misurabili. É proprio questa accezione oggettiva che permette la realizzazione di un sistema di valutazione delle competenze intese come un set di dimensioni tecniche e comportamentali determinanti per un prestazione di successo. In termini organizzativi questo modello di valutazione delle competenze assegna una nuova centralità all’individuo ridisegnando il rapporto dinamico e in continua evoluzione tra la risorsa e l’azienda e divenendo un importante riferimento per la gestione della formazione in un’ottica di learning organization. Gli obiettivi sono mantenere le competenze esistenti adeguate alle mutevoli esigenze organizzative e sviluppare nuove o diverse competenze in relazione a progetti di innovazione o change managment.

Il processo di valutazione: Metodi e Strumenti

Per quel che concerne il processo di valutazione delle competenze esistono differenti metodologie che si distinguono per l’oggetto sul quale si concentrano, ma ciò che è fondamentale, qualunque sia l’approccio utilizzato e l’oggetto di indagine, è che la contestualizzazione delle competenze vengano contestualizzate.

Il contesto spazio-temporale può radicalmente mutare la valenza di una competenza. Per fare alcuni esempi, è possibile che un soggetto abbia competenze pertinenti non ancora efficacemente sviluppate e che pertanto sia necessario programmare un percorso formativo che lo condurrà all’attivazione della competenza, vale a dire alla capacità di saperle utilizzare come strumento di lavoro; oppure, è possibile riconoscere in un soggetto una competenza non pertinente al contesto organizzativo perché non in linea con le strategie o i valori della cultura aziendale che se attivata potrebbe divenire addirittura dannosa.

Nell’ambito della valutazione delle competenze occorre che chi è preposto a tale compito si liberi da atteggiamenti istintivi o pregiudizi e ponga in essere una metodologia che, al contrario, si basa sull’osservare, misurare e solo a quel punto valutare nell’ottica di una valutazione che sia leva di gestione e sviluppo del capitale umano in chiave strategica, capace cioè di creare valore per l’organizzazione.

Tale metodologia fa riferimento a quattro aspetti cui corrispondono diversi oggetti specifici di valutazione, momenti di realizzazione e strumenti: valutazione delle posizioni, valutazione dei profili, valutazione delle prestazioni e valutazione del potenziale.

Focalizzando la nostra attenzione sulla valutazione dei profili, definiamo un profilo come l’insieme di conoscenze e capacità necessarie per ricoprire una determinata posizione. Esso viene valutato attraverso una puntuale caratterizzazione delle conoscenze professionali e specialistiche e delle capacità di comportamento organizzativo richieste dalla posizione in esame. La distanza tra queste ultime e il “bagaglio” di conoscenze e competenze realmente possedute da chi ricopre il ruolo oggetto della nostra valutazione viene definito “gap di profilo”. Al fine di riconoscere tali disallineamenti vengono utilizzati dei sistemi di gestione del personale quali il Modello delle Competenze che consentono di porre in essere azioni di formazione o politiche di mobilità interna alle organizzazioni in un’ottica di efficace ed efficiente gestione delle risorse umane.

Per implementare tale Modello occorre definire i profili di competenze attesi in termini di set di capacità comportamentali e set di conoscenze tecniche che fanno riferimento ad aree di responsabilità e indicatori di performance contenuti in una buona job description della posizione che si sta esaminando.

Si tratta quindi di costruire veri e propri repertori di competenze e comportamenti legati ai ruoli e contestualizzati nella specifica organizzazione o parte di essa e in determinati momenti della vita della stessa. Quest’ultimo aspetto ci fa comprendere la dimensione dinamica che deve avere un Modello delle Competenze che deve consentire quindi di perseguire una strategia di continuità di valorizzazione delle risorse umane attraverso periodiche analisi degli scostamenti tra l’ideale richiesto dal ruolo e il reale posseduto da chi ricopre quel ruolo sotto il faro dell’interesse superiore del successo aziendale.

Attori della predisposizione del Modello di Competenze possono essere o i responsabili diretti delle posizioni oggetto d’esame e, coloro che ricoprono attualmente il ruolo, oppure coloro che formano la funzione risorse umane in azienda, avvalendosi eventualmente di consulenti esterni.

Nel primo caso viene preliminarmente elaborato un profilo di base della posizione da parte dei responsabili diretti e, successivamente, viene richiesto agli attuali titolari del ruolo di graduare le competenze indicate nel profilo in funzione dell’importanza da loro percepita nel ricoprire quel ruolo. Il risultato viene quindi sottoposto al responsabile dei titolari per la validazione e infine il profilo approvato viene loro comunicato.

Nel secondo caso, invece, sono i responsabili diretti delle posizioni valutate che integrano e attribuiscono un grading ad ogni competenza individuata all’interno del profilo predisposto per ciascun ruolo dalla funzione HR. L’utilizzo dell’una o dell’altra tipologia dipende dal livello di coinvolgimento delle persone che si vuole attuare in azienda.

Un aspetto molto delicato della progettazione del modello è “quantificare” il possesso della competenza attraverso un sistema di differenti livelli di intensità.  Un esempio di gradazione delle competenze tecnico-professionali fa riferimento ai livelli di apprendimento (livello 0: la competenza è ancora da acquisire, livello 1: si tratta di un livello base in cui si conosce la materia ma si è in grado di applicarla solo parzialmente, livello 2: un livello intermedio che viene attribuito quando si conosce la materia e si è in grado di applicarla in modo autonomo ma in situazioni non molto complesse, livello 3: la risorsa possiede un buona conoscenza della materia ed è pertanto anche in grado di trasferirla ad altre risorse e, infine, il livello 4: posseduto da coloro che hanno piena consapevolezza della materia con i quali è quindi possibile porre in essere azioni di sviluppo strategico).

Per le capacità comportamentali solitamente la definizione di livello di possesso è meno strutturata (da acquisire; base; intermedio; buono; eccellente).

Una volta ottenuto il profilo ideale per ogni ruolo è possibile passare alla fase di valutazione sulla base di un set di competenze razionalmente delineato e più o meno condiviso. Anche questo step del processo di analisi e valutazione delle competenze può essere affrontato in due modi diversi a seconda che si vogliano coinvolgere direttamente i titolari del ruolo attraverso questionari autodescrittivi, test e assessment center i cui risultati andranno ad integrare la valutazione fatta dal responsabile o dai consulenti esterni, oppure, utilizzando metodi di etero- valutazione che prevedono il coinvolgimento dei soli responsabili dei titolari del ruolo  da parte di specialisti esterni attraverso interviste, questionari e check-list.

Nello specifico gli strumenti utilizzati differiscono a seconda che si stiano valutando le competenze afferenti al set tecnico-professionale, per le quali ci si affida alla presenza di attestati e titoli, alla valutazione dell’impegno messo nello svolgimento di attività strettamente connesse alla particolare conoscenza, a verifiche svolte dagli utenti delle conoscenze (capi o clienti), a veri e propri esami o questionari oppure alle competenze afferenti al set di capacità comportamentali. In quest’ultimo caso si è soliti distinguere due approcci differenti di tecniche di analisi caratterizzate dal coinvolgimento o meno della risorsa da valutare attraverso questionari di personalità, motivazionali, l’in-basket, il role-playing, esercizi di gruppo o interviste di feedback.

DigComp 2.0: le nuove competenze digitali

Negli anni, la richiesta di competenze specifiche ha seguito momenti storici legati all’evoluzione tecnologica del mondo del lavoro. Per questa ragione la commissione europea ha da poco pubblicato una nuova lista delle competenze chiave che ogni persona dovrebbe sviluppare per il proprio sviluppo personale, per favorire l’inclusione sociale e la cittadinanza attiva e migliorare il proprio impiego.

Una delle competenze cardine del nostro secolo è la competenza digitale, conosciuta anche come DigComp.

A new skills agenda for Europe: working together to strengthen human capital, employability and competitiveness”.

Questa competenza è stata oggetto di un importante progetto di studio europeo “DIGCOMP: A Framework for Developing and Understanding Digital Competence in Europe” sviluppato dalla Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea, finalizzato a contribuire la comprensione dello sviluppo della competenza digitale in Europa e a determinare descrittori esaustivi.

“Il quadro di riferimento DIGCOMP si pone come un meta-framework rispetto agli attuali framework: esso si caratterizza per la struttura modulare e presenta una tassonomia per lo sviluppo della competenza digitale per i cittadini, con indicazioni granulari e dettagliate riguardanti le singole competenze che costituiscono la competenza digitale. Nasce da un percorso di valorizzazione di buone prassi, contribuiti forniti da esperti del settore, stakeholder, consultazioni che ne costituisce il valore aggiunto”.

L’aumento della domanda di lavoratori in grado di risolvere problemi collegati all’impiego delle tecnologie o/e di suggerire nuove soluzioni fa “evolvere” il concetto di competenza digitale. Essa si declina come "il saper usare le tecnologie digitali in modo creativo per creare nuova conoscenza, innovare processi e prodotti".

Nella primavera del 2016 è stato pubblicato l’aggiornamento del framework europeo DigComp “Le Digital Competence Framework for Citizens”. La classificazione le struttura in quattro dimensioni: la prima si riferisce alle cinque aree identificate come facenti parti delle competenze digitali; la seconda alla descrizione delle ventuno competenze per ciascuna area. Entrambe le prime due dimensioni fanno riferimento al “Conceptual Reference Model”. La terza invece include la valutazione su otto livelli di abilità per ogni competenza mentre la quarta cita esempi di impiego in ambito europeo del modello di conoscenze, competenze e attitudini: queste ultime dimensioni fanno riferimento ad una parte attualmente in corso di validazione.

Di seguito riportiamo le dimensioni e le competenze correlate del “Conceptual Reference Model”:

  • La prima area si riferisce alle competenze utili ad identificare, localizzare, recuperare, conservare, organizzare e analizzare le informazioni digitali, giudicare la loro importanza e lo scopo.
  • La seconda invece si compone delle competenze utili a comunicare in ambienti digitali, condividere risorse attraverso strumenti on-line, collegarsi con gli altri e collaborare attraverso strumenti digitali, interagire e partecipare alle comunità e alle reti.
  • La terza area comprende le competenze necessarie a creare e modificare nuovi contenuti (da elaborazioni testi a immagini e video); interagire e rielaborare le conoscenze e i contenuti; produrre espressioni creative, contenuti media e programmare; conoscere e applicare i diritti di proprietà intellettuale e le licenze.
  • L’area quattro si riferisce alle competenze per la protezione personale, protezione dei dati, protezione dell’identità digitale, misure di sicurezza, uso sicuro e sostenibile.
  • Infine la quinta comprende le competenze utili ad identificare i bisogni e le risorse digitali, prendere decisioni informate sui più appropriati strumenti digitali secondo lo scopo o necessità, risolvere problemi concettuali attraverso i mezzi digitali, utilizzare creativamente le tecnologie, risolvere problemi tecnici, aggiornare la propria competenza e quella altrui.

Fino ad oggi le DigComp sono state usate in molti contesti, in particolare in quello del lavoro, dell’educazione e della formazione, e dell’apprendimento.

In questo ultimo report della Commissione Europea è possibile delineare un’implementazione delle macro-sezioni fondamentali di impiego e applicazione: la formulazione di politiche e supporto, la progettazione di piani didattici per l’educazione, la formazione e l’impiego, e la valutazione e la certificazione.

Relativamente alla valutazione in DigComp, per ciascuna delle competenze individuate sono organizzate quattro fasce relative ai livelli di competenza (Base, Autonomo, Avanzato, Altamente specializzato). Il crescente livello di autonomia e di capacità a supportare altri soggetti corrisponde ad un innalzamento del livello di competenza:

  • Base (Livello 1 - In possesso di competenze di base e necessita di guida; Livello 2 - In possesso di competenze di base, necessita di guida e ha una limitata autonomia);
  • Autonomo (Livello 3 - È autonomo ed è in grado di risolvere alcuni problemi di tipo generico; Livello 4 - È indipendente, è in grado di agire per soddisfare i propri bisogni e risolvere problemi specifici);
  • Avanzato (Livello 5 - Agisce in modo inclusivo, è in grado di supportare gli altri; Livello 6 - È in possesso di competenze avanzate adeguate ai bisogni personali, di altri soggetti e contesti complessi);
  • Altamente specializzato (Livello 7 - Ha un alto livello di specializzazione; Livello 8 - È all'apice dei livelli di competenza e specializzazione)

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Riferimenti Bibliografici:

  • COMPETENZE DIGITALI PER LA CITTADINANZA DigComp 2.0 Aggiornamento DigComp I FASE Sandra Troia

http://www.cittadinanzadigitale.eu/wp-content/uploads/2016/07/DigComp-2.0.pdf

  • European Commission adopts new EU Skills Agenda

http://www.csreurope.org/european-commission-adopts-new-eu-skills-agenda#.V_Yi7vmLRD9


A cura di Valentina Bognanni,  Gabriele Bonacossa,  Federica Calderaro,  Paola MacchioneAlessandra Naso (partecipanti agli Executive Master in Risorse Umane e Amministrazione del Personale e Consulenza del Lavoro)

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