stat: tasso di disoccupazione all'11,2%, mai così dal 1999. In prossimità delle elezioni politiche del 24 e del 25 febbraio, la parola che ricorre maggiormente nei discorsi politici è “lavoro”. Le soluzioni variano secondo l'orientamento politico: diminuzione del carico fiscale, proposta di una flexsecurity all'italiana, detassazione del lavoro femminile, abolizione della Riforma Fornero e altre ancora. Se le proposte politiche restano al centro dei discorsi elettorali, quel che è confermato è l'allarme, rilanciato dall'Istat a inizio del 2013. L'istituto italiano di statistica ha evidenziato che nel trimestre Ottobre-Dicembre 2012 il tasso di disoccupazione è aumentato dello 0,1%, giungendo così al dato complessivo di 11,2%. Si tratta – ricorda l'Istat – della percentuale più elevata del 1999. Passando dalle statistiche in percentuali al numero effettivo di nuovi senza lavoro, il dato rende ancora più drammatico il contesto attuale: oltre 470mila italiani.

Se i numeri complessivi sulla disoccupazione permettono già di cogliere le difficoltà cui va incontro il mercato del lavoro italiano nell'assorbire nuovi impieghi, alcuni dati mostrano come la crisi abbia acuito le differenze di genere e di generazione.

L'occupazione femminile è ad esempio in discesa libera: il bollettino Istat del mese di novembre conferma che il tasso di occupazione di donne comprese tra i 15 ed i 64 anni è salito al 47%, mentre per gli uomini il dato è del 66%. In un paese già caratterizzato da una forbice troppo ampia tra salari maschili e femminili, le donne sembrano pagare maggiormente un mercato del lavoro in affanno.

Il Global Gender Gap Report, realizzato dal World Economic Forum, classifica ogni anno 134 paesi in base al rispetto dell'uguaglianza di genere. Il rapporto del 2012 inchioda all Italia all'80esimo posto, tre posizioni più giù rispetto al 2011 e ben tredici rispetto al 2008.

Se le donne piangono, non sono certo i giovani a ridere. A fine 2012, Eurostat ha confermato che in Italia la disoccupazione giovanile è al 37% rispetto a una media europea del 25%, terzo paese della triste graduatoria subito dietro Grecia e Spagna, entrambe alla cifra record del 55%. Oltre 600mila giovani sono in attesa di un loro primo ingresso nel mercato del lavoro italiano.

L'eco di una tale notizia è risuonato nell'intera Europa, al punto da mobilitare un gruppo di giovani italiani residenti temporaneamente a Bruxelles. Il gruppo, nato anzitutto su Facebook, domanda alla classe politica di portare il tema della disoccupazione giovanile al centro dell'agenda politica durante e soprattutto dopo le elezioni.

La logica conseguenza di un mercato del lavoro bloccato è la diminuzione della spesa privata. Già nell'aprile del 2012, Confidustria aveva lanciato l'allarme, evidenziando che su base quinquennale, la riduzione del PIL pro-capite italiano era pari a quella degli anni quaranta del novecento. Ma con una differenza sostanziale: contrariamente a quell'epoca storica, né l'Italia né d'altra parte l'Europa sono impegnati in una guerra dalle dimensioni mondiali.

Il bollettino economico mensile pubblicato dalla Banca Italia in marzo conferma la relazione tra aumento della disoccupazione e calo dei consumi. Per il 2014, la disoccupazione potrebbe attestarsi al 12%, superando così il dato recente dell' 11,2%. Quanto ai consumi, la domanda interna continua la sua lenta contrazione dal 2008: nel 2012, la diminuzione è stata del 4,1%, mentre per il 2013 è prevista una nuova variazione negativa dell' 1,9%. La mancanza di un reddito stabile impedisce d'altronde il consumo di prodotti dai costi oltre il migliaio di euro: guardando in casa Fiat, il mercato italiano interno ha fatto registrare per la casa automobilistica di Torino una caduta del 19%, il dato più basso dal 1979.

Come sottolineato, l'emergenza lavoro presente in Italia è parte di un problema europeo che tocca in misura diversa anche gli altri Stati membri dell'Unione Europa. Su invito del Consiglio Europeo e del Parlamento Europeo, nel dicembre scorso la Commissione Europea ha messo a punto un pacchetto di misure relativo al contrasto della disoccupazione giovanile e dell'esclusione sociale. Il provvedimento prende il nome di “Garanzia europea per la gioventù” (European Youth Guarantee) e mira a inserire tutti i giovani europei entro i primi quattro mesi di disoccupazione o di fine studi. Attraverso il “Semestre Europeo”, gli Stati membri dovranno coordinarsi l'un l'altro per mettere a punto le misure nazionali necessarie, sfruttando anche il Fondo Sociale Europeo. E non è tutto: allo scopo di puntare a una legislazione comunitaria sui tirocini, il pacchetto di misure propone anche una nuova consultazione tra le parti. Obiettivo è un nuovo “quadro di qualità” per gli stage effettuati all'interno dell'Unione Europea.

Se l'input arrivato da Bruxelles è certamente positivo, le disposizioni nazionali sull'attuazione del pacchetto e le altre misure necessarie per risollevare il mercato del lavoro italiano saranno diretta conseguenza del voto prossimo del 24 e del 25 febbraio. Non resta allora che auspicare vivamente che un nuovo futuro per il paese possa arrivare dall'appuntamento elettorale: un futuro che passi, appunto, dalla parola “formazione” e “lavoro