Il buon governo di un'azienda

Una società ha in sé le tre sfere della normatività hegeliana:

  • Moralità
  • Diritto
  • Eticità

Dove per moralità intendiamo i dicta interiori della coscienza di chi opera all’interno dell’azienda, per diritto tutte le norme imperative a cui la società deve sottostare e per eticità si intende quell’insieme di scelte e comportamenti che sono l’esito di un incontro tra società e i suoi stakholders.

La governance allude ad una piramide con a base tutti i valori condivisi. Tra i principali strumenti si annoverano il Codice Etico di Gruppo e il Modello di Organizzazione Gestione e Controllo, che guidano e indirizzano la vita aziendale ed esplicitano il ruolo degli organismi di governo, in primis del Consiglio di Amministrazione, del Comitato Controllo, Rischi e Sostenibilità e degli altri Comitati di Governance. Ciascuno ha compiti puntuali e funzioni differenti. Se tale stretta connessione con il sistema dei valori viene meno, chiunque opera all’intero della società tende automaticamente ad attuare comportamenti che possono comportare una violazione della legge della collettività pur di raggiungere per un breve periodo un elevato profitto.

Grazie ad un governo societario efficace ogni scelta è calcolata, ogni processo verificato, ogni risultato analizzato, nulla è lasciato al caso e ogni decisione risulta più sostenibile e indirizzata al rispetto di tutte le persone coinvolte. L’obiettivo principale di un buon sistema di governo in ogni organizzazione dovrebbe essere il bilanciamento degli interessi in gioco della sua comunità di stakeholder.

Le  aree da monitorare sono:

  • La determinazione degli obiettivi dell’organizzazione;
  • La determinazione dei valori dell’organizzazione;
  • La cultura interna improntata a quegli obiettivi e valori;
  • La progettazione dei processi necessari per l’organizzazione;
  • La responsabilizzazione del management;
  • La compliance.

Di contro  i sintomi del declino dell’impresa, sono tra i tanti:

  • declino provocato da inefficienze;
  • declino provocato da sovra capacità produttiva;
  • declino da rigidità produttiva;
  • declino da decadimento dei prodotti;
  • carenza di innovazione;
  • carenze e/o errori di marketing;
  • incapacità nella programmazione ed errori di strategia;
  • il declino conseguente allo squilibrio finanziario.

Il permanere dei sintomi di declino, senza che si ponga tempestivamente rimedio, porta alla crisi dell’impresa, con conseguenze anche pesanti, il default, la chiusura dell’impresal’insolvenza, le procedure concorsuali, spesso il fallimentoIl crac finanziario si inserisce segnatamente nella caduta della capacità di reddito, livello eccessivo dei costi, scelte di acquisto sbagliate. Già quattrocento anni prima del caso Bitcoin, l'Olanda ha sperimentato per prima l'ebbrezza irrazionale legata a un bene - i bulbi dei fiori caratteristici del Paese - e le relative conseguenze sui prezzi.

Un ritorno al passato, al lontano 1637 per ricordare la prima grande crisi finanziaria la c.d. bolla dei tulipani nel 1637 con finalità speculative che coinvolse tutto il sistema economico europeo di quei tempi innescata dall'utilizzo di strumenti finanziari. Nella seconda metà del 1500 i bulbi di tulipano iniziarono ad essere esportati dalla Turchia in Europa e l'Olanda fu il paese che si fece promotore della loro diffusione. Negli ultimi anni del 1500 la coltivazione del tulipano fu avviata nei Paesi Bassi. All'epoca si arrivò a considerare il bulbo del tulipano come un solido investimento, in quanto rappresentava un "concentrato di fiori futuri"; venne quindi utilizzato come un'embrionale forma di "future" sul tulipano

Le varietà meno comuni di questo fiore vennero rapidamente considerate come merce di lusso, altamente desiderate presso la borghesia e i ricchi mercanti (si parlò di "mania dei tulipani"), e scambiate, a prezzi crescenti, alla borsa valori di Amsterdam e nelle aste delle varie città olandesi, tra cui Haarlem. L'espansione commerciale dell'Olanda favorì lo sviluppo di questa bolla: i fioristi iniziarono a prenotare in anticipo ai contadini i bulbi attraverso l'utilizzo di contratti con prezzi fissati ex-ante da onorare a scadenza. Si negoziavano i "diritti sul bulbo", cioè i futures di tulipani, pagando subito solo un acconto del prezzo finale e corrispondendo il saldo alla consegna del bulbo fiorito. I prezzi ben presto ebbero un andamento del tutto slegato dalla realtà. Si arrivò addirittura a vendere immobili per poter acquistare i diritti sui bulbi più grandi e pregiati.

Questi acquisti con consegna futura, avevano il solo scopo di lucrare, di speculare, attraverso la vendita, sull’incremento dei prezzi, prezzi che lievitavano sempre di più. Gli acquisti con consegna futura del bulbo erano effettuati solo allo scopo di partecipare al "gioco al rialzo" dei prezzi così da potere lucrare, attraverso la vendita, sull'incremento indotto dei prezzi medesimi. In tal modo, si costruì e continuo a crescere la bolla dei tulipani. La bolla dei tulipani culminò nella famosa asta di Alkmaar del 5 febbraio 1637, in cui centinaia di lotti di bulbi furono venduti per un ammontare monetario di 90.000 fiorini (l'equivalente di circa 5 milioni di euro), ciascun bulbo venduto al prezzo medio pari al reddito di oltre un anno e mezzo di un muratore dell'epoca. Nei giorni immediatamente successivi, la febbre dei tulipani si tramutò all'improvviso in panico: fu sufficiente che ad Haarlem un'asta di bulbi andasse deserta per provocare il c.d. panic selling incontrollato e far precipitare i prezzi di mercato in tutto il paese. Nonostante gli sforzi degli operatori, la domanda per le varietà considerate prima nuove e attraenti divenne insufficiente a sostenere le forti richieste di vendite: il mercato dei tulipani crollò del tutto e le negoziazioni s'interruppero. In una tale situazione, chi aveva acquistato attraverso i contratti (futures) i bulbi (i fioristi) si ritrovò vincolato contrattualmente a pagarli una cifra notevolmente più elevata rispetto ai prezzi reali del momento, a vantaggio dei contadini (che possedevano i bulbi) che possedendo i contratti futures avevano il diritto di percepire prezzi elevatissimi per dei bulbi che ormai non valevano quasi più nulla.

La lobby dei fioristi indusse la giustizia delle Provincie unite olandesi  a decretare quindi la trasformazione dei contratti a termine (i futures) in contratti di opzione. In questo modo il detentore del contratto (in questo caso il fiorista o il commerciante) fu autorizzato a non onorare l'impegno (nei confronti dei contadini o coltivatori) pagando solo una penalità pari al 3,5% del prezzo pattuito, anziché essere obbligato a comprare a prezzi elevatissimi un bulbo che in quel momento aveva un valore di mercato largamente inferiore a quanto previsto nel contratto originario. Alcuni, si trovarono in possesso di contratti per acquistare tulipani a prezzi esorbitanti rispetto a quelli di mercato, mentre qualcun altro era sì riuscito ad accaparrarsi uno dei magnifici esemplari di bulbo di tulipano, peccato però, che valeva appena un decimo di quanto l’aveva pagato. Tali contratti non potevano ovviamente essere onorati per cui i giudici pensarono bene di considerare questi debiti come “obbligazioni naturali” contratte con il gioco d’azzardo e, in quanto tali, non esigibili attraverso alcuna esecuzione forzata.

Le crisi di tipo finanziario sono dovute a un'espansione aziendale troppo audace, che comporta fabbisogni finanziari non più gestibili dall'impresa e questo generalmente conduce a uno squilibrio tra investimenti da un lato e finanziamenti dall'altro. Gli errori più comuni che portano al crac finanziario sono l'eccesso di indebitamento rispetto alla possibilità e potere economico, oppure alla breve durata dei finanziamenti che non coprono l'intero ammontare delle spese.

È pacifico però che qualora l’impresa depauperata dalla distrazione versi in stato di decozione, la consapevolezza di tale stato costituisca un indice inequivocabile del dolo del concorrente, che a tale distrazione abbia prestato il proprio contributo, giacchè tale consapevolezza contiene inevitabilmente e senza necessità di ulteriore prova la rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interessi dei creditori. Gli esempi italiani più importanti negli ultimi anni sono quelli della Parmalat e della Ciriola prima entrata in crisi a causa di investimenti stranieri sbagliati, la seconda per aver sovrastimato la sua capacità di reddito. Il caso Parmalat ha fatto esplodere in Italia la consapevolezza dei pericoli insiti in una struttura di governo delle imprese non trasparente e non permeata dalla cultura della responsabilità etica e sociale e dell’integrità morale.

L’intero sistema capitalistico è un circolo vizioso e il dibattito degli ultimi anni sul ruolo della corporate governance nella prevenzione delle crisi finanziarie consente  di affermare come siano necessarie normative più severe che trovano  un giusto equilibrio tra obiettivi economici e sociali e tra obiettivi individuali e collettivi. Le sfide della corporate governance passano attraverso una sorta  di rivoluzione degli investitori che significa più  attivismo e coinvolgimento nelle attività aziendali e investimenti più sostenibili che necessitano di coinvolgere i collaboratori aziendali su temi ambientali, sociali e di governance ( ESG) .

La buona governance non appartiene all’impresa in quanto tale, appartiene all’impresa come associazione di persone morali; è l’impresa a decidere fino a dove può arrivare il buon governo.


A cura di Irene Carnovale (partecipante dell'Executive Master in Giurista d'Impresa e General Counsel)

Questi ed altri temi sono affrontati nei Master in Business Law.

Ultima modifica il 21/10/2021

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