A cura dell'Avv. F. Petullà, docente in area Legale

Continuano gli interventi dei giudici amministrativi sulla interpretazione da darsi al disposto di due lettere dell’art. 80 comma 5 del codice dei contratti (titolato motivi di esclusione) ormai divenute tra gli operatori del settore, famigerate, la lett. c.bis) e la lettera f bis), due disposizioni che a leggerle sembrerebbero esser il frutto di una redazione frettolosa e non coordinata del testo e sicuramente non sottoposte ad una lettura da parte giuristi e meno che mai filologi della lingua italiana. Entrambe le disposizioni chiedono agli operatori economici di dichiarare qualcosa in ordine alla propria serietà e affidabilità, ma mentre per la prima disposizione lettera c bis, la carenza della dichiarazione comporta sic et simpliciter la esclusione dalla gara, nel secondo caso, invece, la esclusione consegue solo a seguito di puntuale istruttoria da parte della stazione appaltante.

Sul tema è stata anche adottata la Linea Guida Anac n. 6, che avrebbe dovuto fornire un ausilio alle stazioni appaltanti e agli operatori economici, ma in realtà a tre anni dalla propria adozione ha innestato ulteriori di criticità, dettando comportamenti che tutti gli operatori del diritto hanno riconosciuto esser ultronei rispetto al dettame normativa. In questo contesto meritano esser segalate sia la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI dello scorso 31 agosto 2021 n. 6119 che quella del Tar Campania,  sez. I del 9 giugno 2021 n. 5259 che con chiarezza delle argomentazioni ribadisce che gli oneri dichiarativi sono posti a carico degli operatori economici e potenzialmente, se violati portano alla esclusione dalla procedure con tutte le ulteriori conseguenze in ordine alla segnalazione presso il casellario informatico di Anac e conseguente procedimento sanzionatori presso quest’ultima. Ma la stazione appaltante deve verificare quanto dichiarato e nel caso di violazione agli obblighi dichiarativi di cui alla lettera f bis) deve aprire una vera e propria istruttoria ricorrendo innanzitutto ad un soccorso istruttorio. Infatti, fermo restando l’onere dell’operatore economico di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le vicende rilevanti ai fini dell’espressione del giudizio di affidabilità professionale, la valutazione della rilevanza di eventuali omissioni dichiarative in funzione di quel giudizio, nonché la valutazione delle pregresse vicende (sia quelle dichiarate che quelle non dichiarate) non può che essere rimessa alla stazione appaltante, per cui i limiti del sindacato del giudice amministrativo è quello proprio degli atti discrezionali; ciò in quanto solo l’amministrazione, come innanzi rilevato, è chiamata a fissare “il punto di rottura dell’affidamento nel pregresso e/o futuro contraente”, con la conseguenza che il giudizio di affidabilità professionale ben può essere diverso da parte di ciascuna stazione appaltante, avuto riguardo anche all’oggetto dell’affidamento e alla vicinanza nel tempo delle pregresse contestazione rispetto alla formulazione del medesimo giudizio.  In entrambe le sentenze si richiama l’attenzione sul fatto che l’OE deve comunicare alla stazione appaltante fatti che siano stati formalmente contestati allo stesso.

La giurisprudenza riferisce l’obbligo a vicende professionali in cui, per varie ragioni, è stata contestata all’operatore “una condotta contraria a norma” o, comunque, si è verificata “la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti”. In entrambe i casi i giudici richiamano l’attenzione degli operatori economici  su un elemento che le imprese devono tener presente e, cioè, che qualsiasi condotta, di cui venga contestata la contrarietà alla legge e collegata all’esercizio dell’attività professionale, è di per sé potenzialmente idonea ad incidere sul processo decisionale rimesso alle stazioni appaltanti sulla positiva valutazione dei concorrenti come operatori complessivamente affidabili, sicché ciascun concorrente è tenuto a dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’amministrazione. E’ stato chiarito che “in tanto una ricostruzione a posteriori degli obblighi dichiarativi può esser ammessa, in quanto si tatti di casi palesemente incidenti sulla moralità ed affidabilità dell’operatore economico, di cui quest’ultimo doveva ritenersi consapevole e rispetto al quale non sono predicabili esclusioni “a sorpresa” a carico dello stesso” (Cds. Sez. IV 5 agosto 2020 n. 4937)

Il self cleaning e le dichiarazioni da rendere

Del resto, il principio del cd. self cleaning questo comporta e, cioè l’onere per il concorrente id dichiarare in modo leale, lasciando alla amministrazione aggiudicatrice la valutazione. L’equivoco in cui incorrono le imprese è la presenza di una qualche ragione ostativa alla partecipazione non venga valutata, mentre la norma prescrive non solo una valutazione specifica ma anche una motivazione ad hoc per le ragioni che ostano al permanere in gara di un partecipante. Infatti il principio di cui sopra di derivazione comunitaria, ha modificato l’ottica con cui ci si colloca nella valutazione dei requisiti di partecipazione, rispetto al precedente codice, art. 38 del dlgs 163/06, perché seppur entrambe contengono un obbligo dichiarativo, nell’attuale formulazione la esclusione deve recare una apposita motivazione. Non sarà sfuggito ai più che la precedente norma recitava nella sua rubrica – Cause di esclusioni – mentre l’attuale art. 80 recita – Motivi di esclusione - e quindi la esclusione conseguiva ope legis. Per contro, ora la esclusione è, possiamo dire a geometrie variabili, perché conseguenze diverse discendono dalla prescrizione del comma c bis) e f bis): la prima disposizione porta all’esclusione per non aver dichiarato ciò che la legge impone debba esser dichiarato e quindi la vis espulsiva è ope legis, la seconda richiede dati e informazioni che ove taciuti portano alla esclusione, ma previa verifica istruttoria e provvedimento motivato. A corredo della presente ricostruzione soccorre la formulazione del comma 7 del medesimo articolo, ove testualmente si dispone che: “Un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui al comma 1……., o al comma 5, è ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti. l’obbligo dichiarativo. Conseguentemente il comma 8 prescrive che: Se la stazione appaltante ritiene che le misure di cui al comma 7 sono sufficienti, l'operatore economico non è escluso della procedura d'appalto; viceversa dell'esclusione viene data motivata comunicazione all'operatore economico.” Il coordinamento tra i due comma purtroppo è lasciato agli interpreti e va di fatto ricostruito caso per caso, nonostante l’intervento dell’Adunanza del Consiglio di Stato dello scorso anno con la pronuncia n. 16 del 28 agosto 2020 nella quale si è tentata una ricostruzione costituzionalmente orientata ispirato ad un principio generale di solidarietà.

Conclusione

La semplificazione che impone un intervento quale quello del Recovery impone maggior speditezza nelle operazioni di gara  che potrà venire solo se le norme vengano riscritte non a uso e consumo degli esegeti, ma delle parti interessate stazioni appaltanti e operatori economici. In un italiano di senso compiuto, magari copiando dalla Legge di contabilità di Stato e relativo Regolamento (Regii decreti, entrambe) che dopo oltre 120 anni sono ancora perfetti.


Questi ed altri temi sono affrontati nei Master in Business Law.

Ultima modifica il 17/09/2021

Torna indietro