A cura di M. Violato (partecipante del Master in Avvocato di Affari)

Il concordato preventivo è l’istituto che consente al debitore che si trova in stato di crisi di evitare le conseguenze pregiudizievoli del fallimento. Da qui, l’avverbio “preventivo”. Il pregio di tale procedura consiste nell’evitare la stasi che comporta la procedura fallimentare e nell’addivenire ad un accordo con i creditori sulle modalità con cui dovranno estinguersi le singole obbligazioni. In genere, il concordato potrà essere adempiuto con la liquidazione del patrimonio o con la continuità aziendale, di cui si dirà appresso. Il concordato può definirsi come quello strumento per la soluzione della crisi in cui versa il debitore che viene rimesso all’autonomia contrattuale tra il debitore in stato di crisi e i creditori

Per essere ammessi al concordato preventivo devono essere rispettati dei requisiti di natura soggettiva e oggettiva:

  • i primi, consentono di avviare la procedura solo nel caso in cui il debitore sia un soggetto che esercita una attività commerciale che si trovi in stato di crisi;
  • i secondi, comportano la necessità di presentare ai creditori un piano di risanamento della propria esposizione debitoria che preveda, in via alternativa, la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione di crediti sotto qualsiasi forma, oppure l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta ad un assuntore. Tale ultima figura potrà essere costituita finanche da un creditore, da una controllata del creditore o da una newco appositamente costituita.

Con la proposta, i creditori potranno essere divisi in classi rappresentative della diversa categoria dei crediti di cui sono portatori e si dovrà assicurare (salvo che per il caso del concordato con continuità aziendale) il pagamento di almeno il venti percento dei creditori chirografari, cioè dei creditori non assistiti da particolari garanzie o privilegi. La procedura inizia con una domanda di ammissione depositata con ricorso presso il Tribunale del luogo presso cui ha sede l’impresa, a nulla rilevando l’eventuale cambio di sede avvenuto durante l’anno antecedente alla presentazione del ricorso. La proposta dovrà essere corredata da un piano che renda noto alle parti interessate la fattibilità della stessa. Nel piano, infatti, verranno esposte analiticamente le modalità e i tempi di adempimento della proposta. Il deposito della domanda costituisce il momento a partire dal quale decorrono gli effetti della procedura. Infatti, anche prima dell’emissione del provvedimento di apertura della procedura di concordato, il debitore può compiere gli atti di straordinaria amministrazione purché munito di apposita autorizzazione del Giudice. Tale circostanza può comportare la prededucibilità dei crediti sorti in ottemperanza a tali atti. 

Se ammesso alla procedura, il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e continua l’esercizio dell’impresa, con l’unico limite derivante dalla presenza, per tutto il corso della procedura, di un Commissario Giudiziale nominato dal Tribunale che avrà il principale compito di vigilare sulla regolarità dell’esecuzione del concordato da parte del debitore, oltre che di tenere informati i creditori. Per gli atti di straordinaria amministrazione compiuti in corso di procedura sarà inoltre necessaria, come si diceva, l’autorizzazione del Giudice Delegato. Tuttavia, con il Decreto di ammissione alla procedura o con uno successivo, il Giudice potrà stabilire una somma al di sotto della quale non è richiesta alcuna autorizzazione per il compimento di eventuali operazioni straordinarie. Al decreto di ammissione alla procedura di concordato segue l’adunanza dei creditori. In questa sede hanno diritto di intervenire tutti i soggetti titolari di un credito, anche se contestato, che siano compresi nell’elenco dei creditori presentato dal debitore e verificato dal Commissario Giudiziale. Ai sensi dell’art. 177 L.F. sono esclusi dalla votazione e dal computo delle maggioranze i creditori garantiti da pegno, privilegio o ipoteca per i quali il piano prevede il pagamento integrale, salvo che rinuncino in tutto o in parte alla propria garanzia. In quest’ultimo caso, il credito, per la parte non coperta da garanzia, sarà considerato chirografo. Invece, possono partecipare alla votazione i creditori garantiti da pegno, privilegio o ipoteca per i quali il piano prevede il pagamento parziale ed indipendentemente dalla rinuncia totale o parziale alla loro garanzia. Infatti, essendo il pagamento parziale già contemplato dal piano, tali creditori potranno partecipare all’adunanza in qualità di creditori chirografari per la parte di credito che non sarà soddisfatta. A tutela dell’imparzialità, sono invece esclusi de plano dall’adunanza dei creditori il coniuge, i parenti e gli affini del debitore fino al quarto grado e finanche eventuali cessionari di questi ultimi antecedenti alla proposta di concordato. Per i procedimenti iniziati dopo il 2008, il concordato sarà approvato con l’approvazione dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto e con la presenza di tale maggioranza nel maggior numero delle classi dei creditori. 

Così approvata la proposta di concordato, si apre il giudizio di omologazione, che consiste in una verifica formale del raggiungimento delle maggioranze prescritte dalla Legge. Con riferimento alla natura e all’impugnabilità del provvedimento di omologa, particolarmente interessante è la sentenza della Corte di Cassazione a SS.UU. del 8 novembre 2016, n. 27073 secondo cui il decreto con cui il Tribunale definisce, in senso positivo o negativo, il giudizio di omologazione del concordato preventivo, senza emettere consequenziale sentenza dichiarativa di fallimento del debitore, ha carattere decisorio, ma, essendo reclamabile ai sensi dell’art. 183, comma 1, L. Fall., non è soggetto a ricorso ex art. 111 Cost., proponibile, invece, avverso il provvedimento della medesima corte conclusivo del giudizio sull’eventuale reclamo. Con tale pronuncia le SS.UU. chiariscono indirettamente che la procedura di concordato preventivo è sostanzialmente unilaterale, priva un vero contenzioso, che non si conclude con un provvedimento suscettibile di passare in giudicato e nemmeno in grado di incidere direttamente e definitivamente sui diritti sostanziali del debitore. Questa eventualità si verificherà solamente in caso di ordinanza emessa in sede di reclamo avverso il provvedimento di omologa, posto che tale ordinanza è evidentemente in grado di incidere stabilmente sui diritti appena menzionati. Sarà quindi solamente quest’ultima ordinanza a poter essere impugnata mediante il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost.

Dal 2015 (L. 132/2015) è possibile presentare offerte alternative al piano di concordato che comportino l’acquisto dell’azienda o di un suo ramo. In tal caso si aprirà obbligatoriamente una procedura competitiva finalizzata alla miglior soddisfazione del ceto creditorio. La L. 132/2015 consente inoltre ad uno o più creditori che rappresentino almeno il 10% dei crediti, di presentare una proposta concorrente di concordato preventivo accompagnata dal relativo piano.

Il concordato preventivo con continuità aziendale

Dal 2012 (L. 134/2012) è invece possibile sfruttare una disciplina di particolare favore per i piani di concordato che siano finalizzati alla prosecuzione dell’attività di impresa. La Legge si è preoccupata di definire la “continuità aziendale” come la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione. Fatte salve le definizioni, il concordato preventivo in continuità presuppone e persegue lo scopo della continuità dell’esercizio dell’impresa e del suo risanamento. A tal fine, dovendo l’impresa far fronte ai propri debiti anche mediante il ricorso ai ricavi aziendali, il piano dovrà contenere l’analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi nel corso della continuità nonché delle modalità di copertura delle risorse finanziarie necessarie. Il debitore potrà altresì includere nel piano una moratoria di un anno per il pagamento dei creditori privilegiati. Inoltre, i contratti in corso di esecuzione al momento del deposito del ricorso non si risolvono ed è prevista la possibilità, per l’impresa in concordato con continuità, di partecipare alle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici.

La Legge 19 ottobre 2017, n. 155, recante Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, prevede ulteriori incentivi all’utilizzo di tale procedura nonché importanti modifiche a tutto l’impianto delle procedure concorsuali. L’entrata in vigore di tale Legge è stata recentemente differita al 1° settembre 2021 dal decreto-legge n. 23 del 2020. Le novità più importanti riguardano la possibilità, per il debitore, di prevedere una moratoria superiore ad un anno per i creditori privilegiati o muniti di pegno o ipoteca, con il contestuale riconoscimento del diritto di voto ai medesimi. Vi è anche la possibilità di accedere alla procedura da parte di un'azienda oggetto di contratto di affitto, anche se stipulato anteriormente alla domanda di concordato. Per agevolare l’accesso a nuove fonti di finanziamento, inoltre, tale riforma prevede l’attribuzione delle tipologie di finanziamento alle imprese in crisi, riconoscendo stabilità alla prededuzione dei finanziamenti autorizzati dal Giudice nel caso di successiva liquidazione giudiziale o di amministrazione straordinaria. Al fine di agevolare l’utilizzo del concordato preventivo in continuità, la norma precisa che la continuità potrà essere gestita dall'imprenditore che ha presentato la domanda di concordato o da un soggetto diverso dal debitore, e ciò purché il piano sia in grado di assicurare il riposizionamento nel mercato dell’impresa in crisi.

In sintesi, il concordato preventivo in continuità rappresenta un’ottima opportunità per l’impresa in stato di crisi di continuare ad operare e di sforzarsi per rientrare nel mercato in modo più competitivo. L’utilizzo di tale istituto è inoltre sempre più favorito e incentivato dalle più recenti disposizioni normative. Tuttavia, il buon esito della procedura è senz’altro subordinato alla scrupolosa osservanza della normativa speciale che lo regolamenta e alla dettagliata disclosure della situazione patrimoniale e finanziaria della società in stato crisi. Di talché, sarà opportuno ed auspicabile per il debitore che vi voglia ricorrere, affidarsi tempestivamente a professionisti esperti che lo assistano nell’impostazione del futuro dell’azienda nel medio periodo e nei numerosi adempimenti richiesti dalla Legge a tal scopo.

Riferimenti

  • Legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267);
  • L. n. 134 del 2012;
  • L. n. 132 del 2015;
  • L. 19 ottobre 2017, n. 155;
  • L. 27 dicembre 2017, n. 205;
  • D.Lgs. 18 maggio 2018, n. 54;
  • D.Lgs n. 14 del 2019;
  • L. n. 20 del 2019;
  • D.L. n. 23 del 2020.

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Ultima modifica il 14/01/2021

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