Il legislatore ravvisando la necessità di regolamentare la collaborazione di più imprenditori, ha istituito il Contratto di Rete.

A cura della Dott.ssa Jasmin Valeria Di Crescenzo, partecipante dell'Executive Master in Giurista d'Impresa & General Counsel


Nell’individuare quali sono i reali vantaggi di un Contratto di rete d’impresa, per le parti aderenti, ne va preliminarmente analizzata la disciplina. Esso, infatti, è disciplinato dal Decreto Legge 10 febbraio 2009 n. 5, convertito in Legge n. 33/2009, con l’art 3, commi 4- ter, 4- quater e 4- quinquies, come un accordo con il quale più imprenditori si impegnano a collaborare al fine di accrescere individualmente e in forma aggregata la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato.

Il legislatore ravvisando la necessità di regolamentare la collaborazione di più imprenditori, ha pertanto istituito il Contratto di rete, il quale giuridicamente è caratterizzato da una comunione di scopo tra una pluralità di contraenti, con la funzione di interazione tra i partecipanti, laddove l’assunzione delle decisioni strategiche rimane in capo a ciascuna impresa.

Lo scopo comune è quindi finalizzato al conseguimento, attraverso la determinazione di un programma, anch’esso comune, di obiettivi strategici condivisi.

Il Contratto di rete può essere stipulato da più imprenditori, come emerge dal dato letterale della norma, indipendentemente dalla loro rispettiva natura, i quali si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese, oppure a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica o, infine, ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa.

Individuata la ratio dell’istituto del Contratto di rete, di significativa importanza è capire i reali vantaggi di tale strumento sia sul piano imprenditoriale che dal punto di vista dei lavoratori.

Ed infatti lavorare in rete rappresenta una indubbia opportunità di crescita per le imprese e per i lavoratori, permettendo di conseguire benefici che le singole imprese aderenti potrebbero non riuscire a raggiungere individualmente.

Tra i principali vantaggi, quindi, che le aziende possono ottenere con la stipula di un contratto di rete rientra senza dubbio una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse umane. Questa si ottiene attraverso la pattuizione, all’interno del contratto di rete, di forme di distacco del personale da un’azienda all’altra, accompagnate da ipotesi di codatorialità, ovvero di messa in comune della prestazione lavorativa dei dipendenti da parte di alcuni dei soggetti contraenti.

Il distacco si realizza quando un datore di lavoro – distaccante – per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto – distaccatario – per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.

Inoltre in un’ottica di maggiore flessibilità, il lavoratore può effettuare la sua prestazione presso il distaccatario anche solo parzialmente, continuando a svolgere presso il distaccante la restante parte della prestazione, altresì con un contratto a termine e sempre nel rispetto della validità del rapporto (Tribunale di Roma 21 novembre 2007; Risp. Interpello Min. Lav. 12 aprile 2005 n. 387).

Una specifica disciplina regola poi il distacco finalizzato ad evitare riduzioni di personale. Ed infatti, nei casi di contrazione dell’attività produttiva, è possibile il distacco dei lavoratori presso un’altra azienda del gruppo, quale strumento alternativo alla cassa integrazione. In tali casi, quindi, si può configurare in capo al datore di lavoro un interesse specifico a preservare in forza, e nella propria disponibilità, i lavoratori temporaneamente sospesi attraverso lo scambio di dipendenti con imprese appartenenti al medesimo gruppo, rispettando in ogni caso le condizioni generali di ammissibilità del distacco.

L’art. 7, comma 2, del D.L. n. 76/2013, convertito dalla legge n. 99/2013 ha aggiunto il nuovo comma 4- ter all’art. 30 del D.Lgs. n. 276/2003 che impatta specificamente sui profili della sussistenza di un interesse in capo al distaccante, prevedendo che “qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità, l’interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell’operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilità dei lavoratori previste dall’art. 2103 del codice civile”.

Come si evince, dunque, il Legislatore della riforma del 2013 allarga le maglie del distacco favorendo la massima flessibilità nell’utilizzo del personale impiegato da aziende che sottoscrivono e aderiscono ad un medesimo contratto di rete di imprese, riconoscendo con presunzione assoluta, in modo automatico, la sussistenza di un interesse al distacco in capo al datore di lavoro aderente al contratto di rete, che distacca un proprio dipendente presso altra azienda che ha sottoscritto lo stesso contratto.

La disposizione, peraltro, richiama i principi e i divieti sanciti dall’art.2103 del Codice Civile in materia di mobilità dei lavoratori per delineare l’ambito di esercizio del potere datoriale di variazione del rapporto di lavoro anche nel contesto di una operazione di distacco.

L’interesse che legittima il distacco, dunque, non è quello del distacco in sé, ma la presenza di un vantaggio di tipo organizzativo e personale per il datore di lavoro distaccante, di tipo patrimoniale, anzitutto, ma anche non patrimoniale. L’assenza di ogni riferimento alla patrimonialità dell’interesse del distaccante lascia aperto un varco per ipotesi di distacco in cui l’interesse di chi pone in essere l’operazione risiede in esigenze di ordine morale o solidaristico propriamente manifestate.

A rendere pienamente legittimo il distacco, conclusivamente, con riguardo all’interesse del distaccante sono tre i profili oggettivi:

  1. l’esistenza di un interesse proprio del datore di lavoro distaccante, di tipo patrimoniale o non patrimoniale;
  2. la liceità dell’interesse manifestato;
  3. la sussistenza di un nesso di causalità diretta tra interesse e distacco.

La Circolare ministeriale n. 28/2005 ha ribadito l’importanza fondamentale dell’interesse che deve muovere il datore di lavoro distaccante segnalando alcune caratteristiche qualificative, ovvero specificità, rilevanza, concretezza e persistenza (Cass. Civ. Sez. lav., 15 maggio 2012, n. 7517).

Si tratta, quindi, di una temporanea mutazione delle condizioni contrattuali di lavoro, fortemente e particolarmente giustificata, in ragione delle quattro caratteristiche essenziali che devono connotare necessariamente l’interesse datoriale ad agire.

Il rapporto di lavoro fra lavoratore distaccato e datore di lavoro distaccante rimane intatto e permane, nella sua struttura genetica e funzionale, per tutta la sua durata, ivi compreso il periodo di distacco temporaneo.

Tuttavia, ci si deve interrogare circa la necessità di informare il lavoratore per iscritto del distacco: a ciò soccorre, nel silenzio del D.Lgs. n. 276/2003, il D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152, per effetto del quale tutti i datori di lavoro devono obbligatoriamente informare il lavoratore delle modifiche sostanziali o formali che il rapporto di lavoro subisce durante il suo svolgimento, ivi compreso, inevitabilmente, il luogo di svolgimento delle prestazioni lavorative.

Come più volte ribadito, dal punto di vista aziendale, il contratto di rete permette, quindi, alle imprese sottoscriventi di instaurare un rapporto di collaborazione reciproca stabile e duratura per la realizzazione di obiettivi strategici, disporre di una maggiore autonomia negoziale nella individuazione dell’oggetto del contratto di rete, integrando elementi sia dei contratti associativi che di mero scambio ed infine introdurre regole vincolanti per la collaborazione tra i partecipanti, senza la necessità di costituire una nuova società o un nuovo ente, mantenendo invece ognuno la propria autonomia e identità imprenditoriale.

Invero il contratto di rete può proiettare i suoi benefici anche a favore dei lavoratori delle imprese che vi partecipano, valorizzando il miglioramento del clima aziendale, del benessere e la professionalità dei lavoratori stessi, quale fattore in grado di aumentare la competitività delle aziende che fanno parte della rete. Permettendo altresì una maggiore mobilità dei dipendenti, anche nei casi di crisi aziendale, all’interno della rete stessa.

Bibliografia

  • P. Rausei, Consulente del lavoro – lavoro e legislazione sociale – Wolters Kluwer 2019
  • Circolare ministeriale 24 giugno 2005 n. 28
  • Giuffrè F. L. , Lavoro - Memento pratico – 2019
  • Ministero del Lavoro, Circolare n. 35/2013

Ultima modifica il 14/02/2022