A cura dell'Avv. S. Mecca, Docente in area Fiscale

L’accertamento effettuato nei confronti del socio della società di persone deve tenere conto dell’adesione sottoscritta dall’impresa, anche se il socio stesso non vi ha partecipato. L’Ufficio non può, pertanto, chiedere somme superiori ai soci che non hanno partecipato all’adesione sottoscritta dalla Sas rispetto a quelle concordate con la società. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9392 del 9 aprile 2021.

I fatti

Il socio di una società in accomandita semplice riceveva un avviso di accertamento ai fini Irpef, derivante da un ulteriore atto impositivo emesso nei confronti della società, con cui veniva rettificato un maggior reddito in capo alla stessa. Il contribuente impugnava l’atto innanzi la Ctp, evidenziando che lo stesso era conseguente alla sua partecipazione nella società a cui era stato rettificato un maggior reddito in parte abbattuto in occasione del procedimento di adesione. Di conseguenza, anche l’accertamento del socio avrebbe dovuto essere rideterminato. La Ctp accoglieva il ricorso ma la pronuncia veniva ribaltata in Ctr che confermava, viceversa, la legittimità dell’accertamento. Il contribuente/socio presentava, così, ricorso per Cassazione lamentando, in estrema sintesi, l’erronea determinazione dell’imponibile derivante dall’accertamento alla Sas. L’ufficio infatti aveva considerato il reddito societario originariamente accertato (poi imputato ai soci), prescindendo dall’accertamento con adesione che aveva sensibilmente ridotto l’originaria pretesa impositiva. Così, eccepiva che l’accertamento nei propri confronti in realtà considerava un reddito superiore rispetto a quello rideterminato alla società al termine dell’adesione. L’Agenzia si difendeva affermando che il socio, non avendo definito in adesione il proprio accertamento, non poteva avvalersi della riduzione della pretesa impositiva, scaturita nei confronti della società, che invece, aveva definito la propria posizione con la procedura deflativa.

La tassazione delle società di persone

Le società di persone sono soggetti fiscalmente autonomi per i quali il legislatore ha optato, ai fini IRPEF, per la tassazione in capo ai soci dell’ente collettivo, utilizzando il cosiddetto criterio di imputazione del reddito per trasparenza, ed ai fini IRAP per la tassazione in capo alla società. L’art. 5, comma 1, del T.U.I.R., ha espressamente disposto il principio della “trasparenza fiscale”. Attraverso una fictio iuris, il reddito o la perdita della società viene imputato ai singoli soci, in maniera proporzionale alle quote di partecipazione, senza considerare l' effettiva percezione. Questa soluzione può essere spiegata osservando che il reddito della società può essere considerato come immediatamente in possesso dei soci anche prima della formale distribuzione e, di conseguenza, questa immedesimazione dei soci nella società implica una divaricazione nella titolarità degli obblighi e diritti tributari di natura formale e sostanziale in capo ai soggetti coinvolti. A tal fine, le società di persone devono procedere alla determinazione del proprio reddito ed hanno l'obbligo di presentare apposita dichiarazione dei redditi, indicando distintamente l’imponibile IRPEF da ripartire sui soci e l'imponibile IRAP. Le società in nome collettivo (s.n.c.) ed in accomandita semplice (s.a.s.) producono reddito d’impresa e devono procedere alla determinazione di tale reddito che andrà assoggettato ad IRAP e ripartito tra i singoli soci ai fini IRPEF. Le società semplici non producono reddito d'impresa in quanto ad esse è vietato esercitare attività commerciali, ma producono altre tipologie di redditi che vengono attribuiti ai soci secondo le medesime regole previste per le s.n.c. e le s.a.s. e sono assoggettate ad IRAP, in alcuni casi. Dal punto di vista procedimentale, l’Amministrazione finanziaria in prima battuta notifica all’amministratore e ai soci l’avviso di accertamento intestato alla società col quale si rettifica il reddito dichiarato da quest’ultima; successivamente, procede con la notifica di ulteriori avvisi di accertamento intestati ai singoli soci per la conseguente rettifica dei redditi da partecipazione da questi ultimi dichiarati. La doppia notifica è giustificata dal nesso di necessaria consequenzialità che, in virtù del disposto dell’articolo 4, comma 2, del Tuir, caratterizza l’atto impositivo di rettifica relativo ad una pluralità di soggetti (società di persone da un lato e soci dall’altro). In sostanza, la notifica dell’accertamento della società al socio è effettuata per dargli la possibilità di contestare la determinazione del maggior reddito imputato all’impresa - impugnando l’atto impositivo della società - che inevitabilmente si ripercuote sulla contestazione del maggior reddito in capo al singolo socio. Venendo meno la rettifica del reddito societario, l’accertamento individuale diviene illegittimo.

La sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza nr. 9392 depositata il 9 aprile 2021, ha accolto il ricorso del socio. I Supremi giudici evidenziano che l’intervenuta definizione del reddito da parte della società di persone costituisce titolo per l’accertamento nei confronti delle persone fisiche in base al principio di trasparenza dettato dall'articolo 5 T.U.I.R., per cui il reddito della società è imputato automaticamente e direttamente ai soci, in misura proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dalla sua effettiva percezione. Ne deriva che il Fisco deve procedere al recupero per trasparenza nei confronti dei soggetti estranei al procedimento di accertamento con adesione (nella specie, il socio) sulla base di questo e, quindi, nella misura concordata con la società di persone. Richiamando un’altra pronuncia (Cass. nr. 12137/2019), la Corte specifica che in caso di adesione soltanto da parte di alcuni soggetti, gli altri, che non hanno aderito o che non hanno partecipato al contraddittorio, benchè ritualmente convocati, ricevono un atto di accertamento fondato sull’adesione intervenuta nei confronti dei soggetti aderenti e, dunque, beneficiano della riduzione di imposta concessa agli stessi. Ciò in quanto nell’accertamento nei confronti dei soci, che non hanno partecipato all’adesione e che ha invece convolto la società, deve trovare applicazione il principio costituzionale della parità di trattamento e della capacità contributiva (ex art. 53 della Costituzione). L’Agenzia, pertanto, non può chiedere ai soci somme diverse da quelle concordate con la società di persone.

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