Aspetti generali

La disposizione fondamentale di riferimento risulta essere l’art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973, secondo il quale prevede dei termini di decadenza per la notifica della cartella, da parte del concessionario, nei confronti del debitore iscritto al ruolo o al coobbligato.
Quindi, la notificazione della cartella di pagamento è lo strumento mediante il quale l’agente della riscossione deve rendere note ai contribuenti le iscrizioni a ruolo che li riguardano.(1)
Nella cartella sono indicate le imposte iscritte a ruolo, gli interessi, le sanzioni e l’aggio da corrispondere all’agente della riscossione, la data in cui il ruolo è stato reso esecutivo, la descrizione delle partite, le modalità di pagamento. La cartella si riferisce a tutte le iscrizioni dei ruoli di un dato periodo riguardanti un singolo contribuente; il suo contenuto può essere eterogeneo: una singola cartella può contenere iscrizioni di tributi erariali e locali ed anche di entrate non tributarie (contributi previdenziali, sanzioni amministrative, canoni, ecc.)(2).
Nella cartella di pagamento deve essere indicato, a pena di nullità, il responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e del procedimento di emissione e di notificazione della stessa(3). In particolare, i provvedimenti degli uffici tributari e dell’agente della riscossione, tra i quali vi rientra senza dubbio anche la cartella di pagamento, devono contenere:

  • l’identificazione dell’ufficio che può fornire “informazioni complete in merito all’atto notificato o comunicato ed il responsabile del procedimento”;
  • l’ufficio deputato a ricevere ed esaminare l’atto nel merito, anche in autotutela;
  • le modalità di tutela giurisdizionale avverso l’atto notificato.

La cartella di pagamento, oltre a comunicare l’iscrizione a ruolo, deve contenere “l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata”. La notifica della cartella, quindi, equivale alla notifica del titolo esecutivo e del precetto dell’esecuzione forzata ordinaria. Qualora, il contribuente non dovesse adempiere nel termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella, l’agente della riscossione, senza ulteriore avviso, può intraprendere l’azione esecutiva. Decorso un anno dalla notifica della cartella di pagamento, senza che sia iniziata l’esecuzione forzata, l’intimazione ad adempiere esaurisce il suo effetto, di conseguenza, per attivare nuovamente la procedura esecutiva, l’agente della riscossione dovrà necessariamente provvedere alla notifica di una nuova intimazione ad adempiere.(4)

In questa sede, viene in rilievo, quale disposizione di collegamento tra la cartella di pagamento e la tutela del contribuente dagli effetti della stessa, l’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, il quale elenca, espressamente, tra gli "atti impugnabili", quindi da contestare, necessariamente, nei termini e secondo le forme del processo tributario, per evitare la cristallizzazione irreversibile di quel determinato momento del complessivo iter di imposizione e/o riscossione, alla lett. d) del primo comma, “il ruolo e la cartella di pagamento”, mentre la seconda parte del primo comma dell’art. 21 del medesimo D.Lgs. n. 546 del 1992 dispone, espressamente, che “la notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo”.
La cartella è quindi atto impugnabile ed il relativo termine iniziale per calcolare i “sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato” coincide con quello della notificazione della cartella di pagamento; entro il suddetto termine, pertanto, il debitore, secondo i principi generali, può impugnare contemporaneamente il ruolo e la cartella di pagamento ovvero anche solo uno di essi che ritenga viziato, con l’evidente corollario che la nullità di un atto non comporta quella degli atti precedenti né di quelli successivi che ne sono indipendenti e quindi che la nullità della cartella di pagamento non comporta necessariamente quella del ruolo mentre la nullità del ruolo determina necessariamente la nullità anche della cartella, essendo quest’ultima giuridicamente fondata su quel ruolo e, per l’effetto, dipendente dallo stesso(5).

Il ruolo, quindi, è atto impositivo espressamente previsto e regolato dalla legge, anche quanto alla sua impugnabilità ed ai termini perentori di impugnazione ed ha, pertanto, contenuto provvedimentale di natura pretensiva, manifestandosi con esso la pretesa creditoria dell’Erario
– tramite il riscossore – nei confronti del contribuente debitore della stessa. Diversamente, l’estratto di ruolo ha solo la funzione meramente documentale, costituendo, appunto, un documento formato dal concessionario della riscossione; esso non contiene nessuna pretesa impositiva, né diretta né indiretta. Riguardo all’onere di motivazione, sebbene l’art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973, recante la disciplina del contenuto della cartella, si limiti ad un rinvio alla modulistica approvata con decreto ministeriale, senza prescrivere alcunché in ordine agli elementi essenziali della stessa, è indubbio che la previsione afferente al ruolo di riscossione non può non riguardare anche alla cartella di pagamento(6). La disposizione in esame va letta in collegamento con l’art. 12, terzo comma, del D.P.R. n. 602 del 1973, a mente del quale il ruolo deve contenere “il riferimento all’eventuale precedente accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione anche sintetica della pretesa; in difetto di tali indicazioni non può farsi luogo all’iscrizione”.

Si tratta peraltro di una disposizione inserita in attuazione della Legge n. 212 del 2000, Statuto dei diritti del contribuente, segnatamente dell’art. 7 di tale legge, che quale disposizione di sistema ed attuativa di principi generali di rango costituzionale impone una interpretazione sistematica. In forza di tale previsione per “procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l’Amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto”.
L’obbligo di motivazione, quindi, previsto in via generale dall’art. 7 dello Statuto e dall’art. 3 della Legge n. 241 del 1990, riguarda anche gli atti della riscossione, tra cui il ruolo e la cartella di pagamento. 
Quanto al ruolo, l’art. 7, comma 3, dello Statuto, a norma del quale “Sul titolo esecutivo va riportato il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione  della  pretesa  tributaria(7).  L’iscrizione  a  ruolo  viene  portata  a  conoscenza  del contribuente mediante la cartella di pagamento; le prescrizioni riguardanti la motivazione del titolo esecutivo devono, dunque, essere riprodotte nella cartella di pagamento(8). E’ necessario che nel ruolo e nella cartella di pagamento vi sia l’indicazione del titolo in base al quale è effettuata l’iscrizione(9). Pertanto, quando il ruolo è meramente riproduttivo di un atto precedente (ad esempio, iscrizione a ruolo di imposte per le quali è stato emesso un avviso di accertamento), è sufficiente l’indicazione dell’atto precedente(10)

Il Supremo Consesso è stato sovente investito del problema della concreta comprensibilità della cartella di pagamento: si è avvertita l’esigenza di assolvere al dovere di chiarezza degli atti tributari. Invero, è necessario che il contenuto del provvedimento destinato al contribuente sia adeguatamente completo, quanto alle informazioni contenute e trasmesse, al fine di garantire il risultato di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione. Inoltre, ponendosi nella prospettiva del contribuente cui l’atto è indirizzato, è non meno importante che questi sia posto concretamente in grado di comprendere l’esatta portata e natura della pretesa fiscale fatta valere, in ossequio al principio fondamentale della difesa giurisdizionale, che certo è preclusa qualora tali elementi non siano adeguatamente esplicitati(11).

Particolare importanza assume questo secondo profilo nei casi in cui la cartella di pagamento non sia preceduta – sia fisiologicamente, sia in forza di omissioni imputabili all’Ufficio – da altri atti impositivi e risulti in concreto la prima manifestazione della pretesa di maggiori tributi della quale il contribuente viene reso edotto. Pertanto, qualora il titolo esecutivo non è già noto al contribuente da atti precedenti, nel ruolo e nella cartella di pagamento devono essere indicati i presupposti di fatto e la ragione giuridica che ne sono il fondamento, secondo la regola generale in materia di motivazione degli atti amministrativi(12). In tali situazioni, ormai da tempo la Corte di legittimità ritiene che “la mancata notificazione al contribuente di alcun atto impositivo od avviso di accertamento anteriormente alla notifica della cartella di pagamento costituisce circostanza atta ad escludere pacificamente la sussistenza di alcuna motivazione in ordine alla medesima. E’ principio generale dell’ordinamento tributario che l’obbligo di motivazione dell’accertamento può ritenersi correttamente adempiuto soltanto se il contribuente sia stato in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, quali la puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della dedotta posizione creditoria e l’indicazione dei fatti che, sia pur astrattamente, la giustificano(13).

D’altra parte, il “contribuente che, a causa dell’invalidità della notifica dell’avviso di accertamento, sia costretto ad impugnare la successiva cartella di pagamento può, per il solo fatto dell’omessa notifica dell’atto presupposto (accertamento), chiedere la nullità del ruolo, siccome l’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992 non impone ma consente al contribuente di sindacare, in tal caso, anche il merito della pretesa. Non è inoltre sostenibile la tesi secondo cui l’impugnazione della cartella di pagamento comporta la sanatoria della nullità della notifica dell’accertamento, siccome tale principio avrebbe potuto trovare applicazione se il ricorso fosse stato proposto contro l’accertamento, e non contro la successiva cartella. In ragione di ciò, non ha nemmeno rilievo, sempre per ciò che riguarda la notifica dell’accertamento, la dicotomia nullità/inesistenza della notifica(14).

La pronuncia della Suprema Corte muove da tale contesto ampliandone il significato in quanto la motivazione, che ha la funzione precipua di individuare l’an debeatur deve essere parametrata al livello di conoscenza del contribuente. Nel caso di specie, si trattava di liquidazione già notificata attraverso appositi avvisi impugnati e confermati in sede giurisdizionale: il contribuente aveva non solo elementi pregressi sufficienti in ordine al contenuto della cartella di pagamento contestata ma ha resistito alla stessa con mezzi che rivelavano esattamente la consapevolezza della natura del rapporto giuridico d’imposta dedotto nella fase di riscossione coattiva. Pertanto, non è stata ritenuta viziata né incompleta la cartella di pagamento, la quale pur con indicazioni minimali, sia – per le circostanze anche esteriori ed antecedenti alla notificazione dell’atto della riscossione – suscettibile di rendere edotto il contribuente della giustificazione del debito tributario imputatogli.(15)


(1) La cartella di pagamento è formata dall’agente della riscossione territorialmente competente in relazione alla residenza fiscale dei contribuenti. Non occorre che sia sottoscritta (Cassazione civile, sentenza n. 8700 del 2020). Mancando una previsione espressa di nullità, la giurisprudenza presume la riconducibilità dell’atto all’organo che lo ha emesso (Cassazione civile, sentenza n. 10805 del 2010, in Foro It., 2010, I, p. 1748).

(2) Tesauro Francesco, Istituzioni di diritto tributario – Parte generale, XIV edizione, UTET, 2020, p. 279.

(3) D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4-ter, conv. con L. n. 31 del 2008.

(4) Art. 50 del D.P.R. n. 602 del 1973.

(5) Giordano, Bartolini, Succio, La riscossione dei tributi, Giuffrè Francis Lefebvre, 2021, p. 96.

(6) Carinci, La riscossione a mezzo ruolo nell’attuazione del tributo, Pacini editore, 2008, p. 59-60 e p. 118-119.

(7) La norma statuaria è ribadita dall’art. 12, comma 3, D.P.R. n. 602 del 1973.

(8) Tesauro Francesco, Istituzioni di diritto tributario – Parte generale, XIV edizione, UTET, 2020, p. 280.

(9) Cassazione civile, sentenza n. 24928 del 2008.

(10) Cassazione civile, sentenza n. 8700 del 2020; Cassazione civile, sentenza n. 28689 del 2018.

(11) Cassazione civile, sentenza n. 1111 del 2018.

(12) Cassazione civile, sentenza n. 8934 del 2014, in Dir. prat. trib., 2014, II, p. 562, con nota di A. Kostner, In tema di motivazione della cartella di pagamento; Cassazione civile, sentenza n. 26330 del 2009, in Boll. Trib,. 2010, p. 461.

(13) Cassazione civile, sentenza n. 17947 del 2004.

(14) Cassazione civile, sentenza n. 9873 del 2011.

(15) Giordano, Bartolini, Succio, La riscossione dei tributi, Giuffrè Francis Lefebvre, 2021, p. 120.


A cura di G. Vergara (partecipante del Master in Diritto Tributario e Contenzioso)


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