A cura di E. Giardino (partecipante del Master in Avvocato d'Affari)

Introduzione

In materia di trasferimento di partecipazioni sociali (1), non vi si rinviene, per così dire, una specifica disciplina organica di diritto societario a esse dedicata, eccezion fatta, per la S.p.A. (e S.a.p.Az.), alla singola voce «Circolazione delle azioni» di cui all’art. 2355, cod. civ. e, per la S.r.l., dall’articolo 2470, cod. civ. denominato «Efficacia e pubblicità» (dell’alienazione delle partecipazioni).

In realtà, ad una prima analisi, la ragione potrebbe agevolmente risiedere nell’assunto secondo il quale, tale contratto, altro non dovrebbe essere che una vendita (2) (3) (4) avente quale oggetto il trasferimento della proprietà della partecipazione (5) (6) (7) e quale corrispettivo il prezzo pattuito.

Stando così le cose, la tutela accordata dalla legge alle parti ricomprenderà, oltre alla disciplina «Dei contratti in generale» (8), anche la normativa al capo «Della vendita», con particolare riferimento, per quel che qui rileva, alle garanzie (9) legali di cui agli artt. 1490 e 1497, cod. civ., ovverosia, rispettivamente, «Garanzia per i vizi della cosa venduta» e «Mancanza di qualità».

In tal senso, la presenza di vizi che rendano la cosa «inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore» legittimerà il compratore all’esercizio delle “azioni edilizie” (10) consistenti, ex art. 1492, cod. civ., nella risoluzione del contratto – “azione redibitoria” – e nella riduzione del prezzo – “azione estimatoria”; oltre all’obbligo di risarcimento del danno ex art. 1494, cod. civ..

Inoltre, all’art. 1497, cod. civ. (11), pur in assenza di vizio, ove la cosa alienata non abbia «le qualità promesse ovvero quelle essenziali per l’uso a cui è destinata», il compratore potrà ottenere la risoluzione del negozio concluso e, secondo alcuna giurisprudenza di legittimità (12), in assenza di norma contraria, agire con “azione estimatoria oltre al risarcimento del danno.

Infine, quanto a “termini e condizioni per l’azione”, entrambi gli istituti sopra enunciati, risulteranno sottoposti al dettato di cui all’art. 1495, cod. civ..

Ad ogni buon conto, considerata la rilevanza economico finanziaria cui tali operazioni di acquisizione possono raggiungere, rilevata altresì la “fluidità” struttural patrimoniale dell’ente società, tali rimedi “statici” mal si concilierebbero con gli interessi degli operatori commerciali i quali, intrapresa l’attività pròdroma all’acquisto della partecipazione, posta la difficoltà (a volte impossibilità) di un successivo ripristino dello status quo ante trattative (13) (14), non vedrebbero certo di buon occhio l’utilizzo della “tutela restitutoria”; oltretutto, sottoposta a termini decandenziali e prescrizionali inadatti alle peculiarità pratiche dell’affare. Analoga conclusione per l’azione di riduzione del prezzo.

Inoltre, esigenze insopprimibili di tutela negoziale, imponendo l’apposizione di specifici “patti di garanzia” (anche) su elementi “estranei” all’oggetto contrattuale quali, tra tutti, le qualità “patrimoniali” e “reddituali” dell’ente, hanno spinto gli operatori, già dagli ultimi decenni, al ricorso ad una normativa convenzionale per così dire “d’ausilio” volta a colmare il “gap” esistente tra l’operatività funzionale offerta dalle norme codicistiche italiane e le moderne esigenze contrattuali imposte dalla prassi degli affari contemporanea.

Tali considerazioni, a mio avviso, portano inesorabilmente a rivedere la ricostruzione poc’anzi accennata, propendendo, di contro, come già sostenuto da primaria dottrina (15), per la tesi della vendita di partecipazione societaria (contenente patti di garanzia) quale puro “contratto atipico” avente causa “traslativa mista a garanzia di indennizzo”, consistente, tale ultima, in un’assunzione volontaria da parte del garante (venditore) di un obbligazione di facere (corresponsione dello indennizzo) sospensivamente condizionata al verificarsi di un predeterminato evento (esemplificando, ma non solo, insussistenza dell’attivo o sopravvenienza di passività); potendosi pacificamente considerare il predetto, come meglio si esporrà nel prosieguo, negozio diretto a realizzare “interessi meritevoli di tutela” ex art. 1322, comma 2, cod. civ. (16).

Ad ogni buon conto, risulta forse più indicato, per ora, svincolarsi da meri criteri classificatori strettamente legati al nomen iuris spostando il focus d’analisi sull’architettura negoziale della “cessione e acquisizione di partecipazione” onde poterne meglio apprezzare le sue peculiarità e, conseguentemente, approntare le dovute riflessioni.

 

STRUTTURA DEL CONTRATTO

All’interno della complessa architettura contrattuale, troveranno sede sia le “tutele” a favore del venditore che le “garanzie”, latu sensu intese, a tutela della parte compratrice i cui azionamenti, seppur in via indiretta, andranno a incidere, a prescindere dalla differente ragione giuridica a esse sottesa (fatto illecito contrattuale o semplice mutamento delle condizioni garantite), al rialzo o al ribasso, sul “prezzo” pattuito.

Comunemente, nella prassi (17) (18) (19), si avrà una manifestazione d’intenti (20) (21) (22) da parte del (o dei) potenziale(i) acquirente(i) (23), tale ultima, ove gradita, troverà seguito nella redazione e sottoscrizione di un contratto preliminare (24) (25) - fase del “signing” - sottoposto a un “termine” di stipula (ritenuto, a seconda dei casi, anche “essenziale”) del “definitivo” (a sua volta sospensivamente condizionato a termine), pròdromo alla fase finale di chiusura dell’operazione – “closing” (26) – finalizzata alla realizzazione dei presupposti esecutivi necessari al trasferimento della partecipazione compravenduta secondo i criteri e le modalità pattuiti dalle parti (nell’atto definitivo) e richiesti dal tipo societario.

Questo in quanto, posta la presenza di condizioni procedurali “future e incerte” (tra tutte, esemplificando, l’autorizzazione preventiva dell’autorità italiana Antitrust “AGCM” (27) in materia di “concentrazioni”), preordinate (tutte – “effetto cumulativo” - o solo alcune) al trasferimento della partecipazione, non essendo dunque possibile in via immediata conseguire l’effetto traslativo voluto dalle parti, per ragioni di “economia procedimentale”, si rende necessario, nella prassi, l’utilizzo di una siffatta architettura contrattuale, la quale, si rammenta, dovrà andare a disciplinare nel dettaglio anche l’avversa ipotesi di mancato raggiungimento dell’effetto traslativo (28).

Naturalmente, tra la fase di sottoscrizione del contratto preliminare - nella quale viene in buona sostanza già strutturata per intero la vendita - e quella di firma dell’atto notarile definitivo - avente, nella maggior parte dei casi, funzione per larga parte “riproduttiva” (29) del contratto preconfezionato in sede di preliminare (effetto “survival clause”) - può anche trascorrere un considerevole lasso di tempo tale per cui il valore della quota cristallizzato al “signing” risulterà sicuramente difforme da quello che si ritroverà in sede di “closing”.

Per tali ragioni, essendo la società ente dinamico in costante evoluzione struttural patrimoniale, occorrerà dunque ricorrere a delle precise clausole negoziali in grado, da un lato, di fotografare nell’istante immanente al trasferimento del bene l’esatto suo valore e, dall’altro, di prevedere con assoluta chiarezza gli obblighi in capo alle parti sia di condotta durante il periodo “interinale” (tra preliminare e definitivo) –“covenants” – che per l’ipotesi di violazione delle norme negoziali, le quali, si rammenta, disciplineranno anche le condotte negoziali operanti durante e post “closing” - cosoddette “closing actions and deliveries” e “representations and warranties”; nulla escluso.

Per dare operatività a tali meccanismi giuridici, il contratto preliminare conterrà dunque delle specifiche clausole, di cui alcune già vincolanti per le parti (tra tutti, i “covenants” (30) – “obblighi di fare e di non fare”), le quali, ove violate, legittimeranno, in assenza di diversa disposizione pattizia, l’azione di “Risolubilità del contratto per inadempimento” di cui all’art. 1453 e ss., cod. civ..

Più nello specifico (31), si potranno rinvenire delle “clausole di amministrazione” volte ad assicurare una gestione dell’ente durante il “periodo interinale” secondo forme di diligenza professionale, eliminando operazioni a rischio, al fine ultimo di evitare perdite operative in vista del futuro “closing”. Esemplificando, si potrà ottenere l’autorizzazione contrattuale all’inserimento di un rappresentante del compratore nel CdA della “target” onde monitorare il corretto ed effettivo espletamento (operativo) delle clausole interinali pattuite – “covenants”.

Più precisamente, durante tale fase di transizione e, a seguire, durante il periodo di pendenza delle condizioni nel definitivo, si avrà tutta una serie di obblighi di facere convenzionali a carico del venditore (32), tra cui, l’attuazione delle necessarie modifiche statutarie, le operazioni di “scorporo” degli “assets non core”, l’eliminazione dei gravami insistenti sulla partecipazione cedenda, l’estinzione di determinate posizioni debitorie, l’uscita da patti parasociali vincolanti per la società, il rimborso dei finanziamenti dei soci, l’ottenimento del consenso (alla cessione) dei sottoscrittori di contratti con clausola di “cambio di controllo” e così via discorrendo.

Di guisa che, la violazione di tali obblighi, comporterà l’azionamento delle penali ad essi collegate, salvo, qualora si tratti di adempimenti involgenti l’ulteriore attività positiva di soggetti terzi (altri soci non venditori), il cedente si ritrovi vincolato dalla diversa clausola “best efforts” (33) (“il massimo degli sforzi”), la quale richiede, ai fini dell’esonero da responsabilità per inadempimento, un diverso e più tenue obbligo di condotta diligente.

Inoltre la parte venditrice dovrà convincere gli amministratori a rassegnare le dimissioni (volontarie) nonché, ove essa stessa sia altresì socio lavoratore, rinunciare all’impiego.

Nella medesima “fase interinale”, o durante lo stesso closing, le parti, oltre ai sopraesplicitati impegni vincolanti (“covenants”), potranno inserire altresì una specifica clausola di “assenza di effetti sfavorevoli”, meglio conosciuta nella prassi internazionale quale “material adverse change clause – Mac clause” (34) la quale provocherà, ove attivatasi, la risoluzione del contratto.

Più nel dettaglio, tale strumento convenzionale permetterà di vincolare l’effetto risolutivo al verificarsi di eventi “imprevisti e imprevedibili” (35) i quali, da soli, ove non correttamente arginati, andrebbero ad alterare sensibilmente il sinallagma contrattuale.

Di contro, il venditore potrà insistere per l’inserimento di una clausola “contrappeso” consistente nel pagamento di una somma di danaro – “break up fee” (36) - parametrata all’ammontare complessivo dell’affare sfumato – “deal”.

Naturalmente, gli effetti (restitutori) di tali (o meglio, di solo alcune delle) regolamentazioni convenzionali potranno essere commutati, ove presente una specifica clausola che preveda il solo rimedio risarcitorio – “sole remedy clause” -, in ristoratori, avendo in tale ipotesi le parti escluso pattiziamente ogni altra forma di tutela.

Come sopra menzionato, l’effetto traslativo (37) della proprietà della partecipazione venduta avrà luogo, inter partes, al verificarsi delle condizioni pattuite nel contratto definitivo, divenendo in seguito opponibile alla società (acquisizione della “titolarità e legittimazione formale” all’esercizio del diritto di socio), ex artt. 2355 e 2470, cod. civ., rispettivamente, con l’iscrizione nel “libro dei soci” e con l’iscrizione dell’atto di trasferimento (con sottoscrizione autenticata) presso il R.I. competente.

A seguito dell’acquisizione di efficacia da parte del definitivo la parte cedente provvederà, nella S.p.A. (38), al trasferimento materiale dei titoli mediante “girata piena” ex art. 2355, co. 3, cod. civ. (immediatamente efficace tra le parti e verso terzi ma verso l’ente solo dopo annotazione nel “libro dei soci”) o “transfert” di cui all’art. 2022, cod. civ. (efficacia sia verso terzi che verso la società post annotazione nel “libro dei soci”), entrambi autenticati da notaio, agente di cambio o banca, mentre, nella S.r.l. (39), il notaio autenticante, o un operatore autorizzato (ove si proceda con “firme digitali”), provvederà nei termini di legge a depositare l’atto nel R.I. competente.

Per tali ragioni, si tende ad inserire una clausola di “unitarietà” (40) del “closing” in forza della quale l’insieme delle attività pròdrome a tale fase dovrà essere eseguito nella sua interezza, dovendosi considerare, le medesime, alla stregua di un unicum.

Successivamente, si avrà la fase (disciplina della) post “closing” (41).

Durante tale “step” operativo, come verrà meglio esposto nella parte relativa alle “garanzie” e alle “indennità”, l’acquirente entrerà (pro quota) nella struttura dell’ente e (ove socio di maggioranza) ne delineerà le politiche imprenditoriali assumendo dunque, da tale momento, il “rischio d’impresa” pur rimanendo, comunque, coperto dalle garanzie rilasciate dal venditore, le quali, nella prassi, a seconda dell’oggetto, potranno oscillare dai 12 mesi ai 3 o 5 anni. Di norma (42), vengono stabilite in corrispondenza di termini di decadenza o prescrizionali di normative di settore (esemplificando, prescrizione del termine per l’azione di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria).

 

LA DETERMINAZIONE DEL PREZZO DELLA PARTECIPAZIONE

Rilevante parte delle energie spese in sede di trattativa riguarderà la determinazione di un “congruo” (43) prezzo.

Esso, secondo dottrina (44), dovrà essere il risultato della sommatoria tra la quota di patrimonio netto (45) acquistata, un quid patrimoniale calcolato sugli utili di futura percezione e un premio (46), eventuale, “di maggioranza”, ove l’acquisizione conferisca altresì il controllo ex art. 2359, comma 1, n. 1), cod. civ. dell’ente.

Per ottenere tale dato (valore della partecipazione) la parte acquirente dovrà necessariamente avere accesso alla documentazione societaria legale, fiscale e finanziaria al fine di potere correttamente inquadrarne il suo “stato di salute” e ivi estrapolarne il corretto valore pro quota o azione.

Tale attività prende il nome di “due diligence” (47), il cui significato, tradotto, sta ad indicare l’attività di “analisi diligente dovuta” da parte di un soggetto “avveduto” interessato all’acquisto della quota o delle azioni.

In concreto, per quel che qui rileva, con riferimento all’indagine di tipo “legale”, la società “target” garantirà, secondo quanto pattuito in contratto, l’accesso in determinate fasce temporali dell’affare, unitamente a specifiche e predeterminate facoltà di “documents downloading”, ad un portale digitale contenente i dati societari – “digital data room” – dal quale il compratore (o chi da esso delegato – esperti) potrà assumere le informazioni necessarie alla contrattazione sul valore della partecipazione, la quale, si rammenta, darà ingresso al neo socio anche nelle passività dell’ente.

Tornando al prezzo di vendita, il corrispettivo potrà essere sostanzialmente di tre tipi, “fisso” (48), “determinabile” (49) e / o quota parte “eventuale” (50).

Quanto al primo, le parti si limiteranno a indicare sostanzialmente l’esatto importo numerico rispecchiante il valore della partecipazione oggetto di cessione, frutto delle componenti di calcolo sopra menzionate.

Tale tecnica ben si conformerà sia a realtà societarie di piccole dimensioni ove il valore patrimoniale non risulti soggetto a particolari mutamenti che a situazioni ove i dati di bilancio siano ritenuti attendibili e non soggetti a variazioni poiché recenti.

Ad ogni modo, secondo prassi (51), come meglio si esporrà a seguire, nella redazione della clausola a “prezzo fisso” la parte maggiormente interessata (compratore) dovrà insistere affinché venga articolata una stesura lessicale tale per cui siano ben desumibili le componenti di calcolo del valore “prezzo” al fine di poterle fare oggetto di “garanzia convenzionale” ed ottenere così la pattuita indennità in ipotesi di difformità datuale.

Di contro, nella tecnica del prezzo “determinabile” le parti creeranno, con il supporto di professionisti (revisori), il metodo di calcolo attraverso il quale estrapolare, al momento opportuno (“closing”), l’esatto valore della quota o delle azioni compravendute evitando così di dover sottostare ai cambiamenti di valore intercorrenti nel corso delle complesse fasi contrattuali.

In aggiunta, potrà essere fissato un tetto di soglia minimo e / o massimo di prezzo “provvisorio” (52) il quale fungerà da condizione risolutiva ove non si raggiungano o si infrangano i margini indicati.

Infine, con la tecnica del prezzo “revisionabile” le parti stabiliranno in contratto una quota di corrispettivo “fissa” con pagamento di un’ulteriore parte sospensivamente condizionata all’avverarsi di determinate condizioni future e incerte quali, esemplificando, la realizzazione di un determinato ammontare di utili riferiti ad un determinato lasso di tempo – clausola “earn out” (53).

Nodo cruciale successivo alla determinazione del prezzo è la determinazione della(e) fase(i) negoziale(i) (54) nella quale corrisponderlo.

Ebbene, come già accennato in precedenza, risulta frequente, nella prassi degli affari, che il prezzo venga corrisposto in “tranches” non necessariamente contestuali al “closing” (esemplificando, clausole di “prezzo variabile” o “determinabile” posposto alla data di cessione della proprietà).

Tale ragione si ricollega alla natura “dinamica” dell’ente ed alle esigenze di tutela negoziali sottese alla contrattazione, funzionali alla esatta attualizzazione del rapporto “fase temporale / valore della partecipazione”.

Questa tecnica di determinazione del prezzo denominata dalla prassi anglosassone “price adjustment” (55) consente, in concreto, di sottoporre parte di corrispettivo a condizione sospensiva a termine (successivo alla sottoscrizione dell’atto di trasferimento della proprietà), collegata al raggiungimento della soglia di utili stabilita in contratto lungo un predeterminato arco temporale di esercizio sociale o, altresì, all’ottenimento dei “bilanci intermedi” fotografanti il valore della quota o azioni al momento esatto dell’alienazione.

In questo senso, dunque, le parti avranno la libertà contrattuale di stabilire, oltre al quantum, anche il quomodo di corresponsione del prezzo, modellandolo sulle più disparate esigenze di natura operativa ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1322, cod. civ..

Note dell'articolo: 

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Riferimenti bibliografici:

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