Il Contratto di Trasporto: definizione e tipologie

A cura del Dott. Francesco Licata, Trainee di EXP Legal.


Il contratto di trasporto viene definito all’interno dell’art. 1678 c.c. come uno strumento attraverso il quale

una parte (c.d. vettore) si obbliga, dietro corrispettivo, a trasferire persone o cose da un luogo all’altro.

Tale contratto comprende ogni tipologia di trasporto e vincola il vettore all’adempimento dell'obbligo di trasferire persone o cose da un luogo ad un altro. Il sopramenzionato istituto si presenta quindi come un contratto consensuale a prestazioni corrispettive, è inoltre oneroso e a forma libera. Essendo l’oggetto della prestazione il trasporto di persone o, alternativamente, il trasporto di cose, sarà in primo luogo opportuno distinguerne i tratti essenziali.

Innanzitutto, nel contratto di trasporto di persone il rapporto sinallagmatico interessa esclusivamente due soggetti: il vettore e il viaggiatore. Al contrario, nel trasporto di merci il creditore della prestazione, cioè il destinatario, può anche essere un soggetto diverso da colui che ha assunto l’obbligazione contrattuale. Inoltre, mentre nel trasporto di persone il contraente ha la possibilità di controllare continuativamente lo svolgimento della prestazione da parte del vettore, nel contratto di trasporto merci la cosa viene affidata in custodia al soggetto deputato al trasporto, dal momento della consegna a quello della riconsegna. In questo caso la consegna della cosa costituisce l’atto con il quale la prestazione prevista dal contratto viene ricevuta dal destinatario.

Quanto analizzato è quindi causa di un profondo divario tra le due discipline[1], identificabile principalmente nell’ambito della responsabilità del vettore, che differisce a seconda che riguardi il trasporto delle persone o il trasporto delle merci; quest’ultima nello specifico sarà approfondita all’interno della presente trattazione.

La responsabilità del vettore nel contratto di trasporto

Come anticipato nel precedente paragrafo, la disciplina inerente alla responsabilità del vettore presenta sostanziali differenze a seconda che si tratti di trasporto di persone o di merci. Altre differenze sono individuabili se quest’ultimo sia o meno di natura internazionale.

La disciplina della responsabilità del vettore nel trasporto che interessa le persone trova un riferimento legislativo all’interno dell’art. 1681 c.c., il quale prevede che questo risponda

dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio e della perdita o dell'avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.

Tale presunzione di colpa a carico del vettore si fonda sul presupposto che sussista un nesso di causalità tra l'evento dannoso e la prestazione del trasporto e, conseguentemente, può essere superata se il giudice di merito accerta, invece, anche indirettamente, che tale nesso non sussiste. Citando la sentenza della Corte di Cassazione Sez.4, n. 9593 del 30/04/2011, è necessario quindi verificare se il comportamento imprudente del viaggiatore costituisca o meno la causa esclusiva del sinistro.

Il 2° comma del citato articolo prevede inoltre la nullità di tutte le clausole che limitano tale responsabilità; questo principio è fondato sulla natura di diritto indisponibile del diritto alla salute ed all'integrità fisica.

Nell’ambito del contratto di trasporto merci, invece, per definire i termini della responsabilità del vettore, pare opportuno far riferimento alla disciplina dell’art. 1696 c.c.[2], il quale prevede un criterio speciale per la determinazione del suo ammontare, in deroga al criterio generale di cui all’art. 1223 c.c.

Appare evidente dalla lettura del 2° comma dell’articolo 1696 c.c. che questo operi, nei casi di trasporto nazionale, una limitazione della responsabilità del vettore, il quale sarà vincolato ad un risarcimento massimo non superiore ad un Euro per ogni Kilogrammo di peso lordo di merce perduta o avariata.

Lo stesso 2° comma dell’articolo 1696 c.c. disciplina poi in maniera differente la fattispecie del trasporto merci internazionale: questo, infatti, contiene un riferimento all’art. 23 comma 3 della Convenzione di Ginevra del 19 maggio 1956 relativa al trasporto internazionale di merci su strada, la c.d. CMR, ratificata con legge 6 dicembre 1960 n.1621. Il citato accordo internazionale prevede un limite risarcitorio economicamente più elevato rispetto al limite ordinario previsto dalla normativa italiana per il trasporto merci nazionale.[3]

In maniera analoga a quanto avviene all’interno del nostro Codice Civile, anche l’art. 29 della CMR prevede una decadenza dal beneficio del limite risarcitorio, qualora il comportamento del vettore fosse connotato dall’’elemento psicologico del dolo o della colpa (grave), equiparabile al dolo[4].

Per completare la nostra analisi ci pare opportuno citare la sentenza della Corte di Cassazione Sez. III, n. 24765 del 07/08/2008.

Con questa pronuncia, la Suprema Corte ha infatti enunciato il principio secondo il quale, nel trasporto di cose, incorre in colpa grave il vettore il quale consegni la merce a persona non qualificatasi, non legittimata dal destinatario alla ricezione ed all'interno di locali non chiaramente riconducibili al destinatario stesso. Conseguentemente, in una circostanza simile non può essere applicata la limitazione di responsabilità prevista per il trasporto internazionale di merci su strada di cui all'art. 23 della Convenzione di Ginevra.[5]


  • [1] Auletta G., Salanitro N., Diritto commerciale, Giuffrè, Milano, 1996, p. 418.
  • [2] L'art. 1696 c.c. testualmente recita "ll danno derivante da perdita o da avaria si calcola secondo il prezzo corrente delle cose trasportate nel luogo e nel tempo della riconsegna. Il risarcimento dovuto dal vettore non può essere superiore a un euro per ogni chilogrammo di peso lordo della merce perduta o avariata nei trasporti nazionali ed all'importo di cui all'articolo 23, comma 3, della Convenzione per il trasporto stradale di merci, ratificata con legge 6 dicembre 1960, n. 1621 e successive modificazioni, nei trasporti internazionali. La previsione di cui al comma precedente non è derogabile a favore del vettore se non nei casi e con le modalità previste dalle leggi speciali e dalle convenzioni internazionali applicabili. Il vettore non può avvalersi della limitazione della responsabilità prevista a suo favore dal presente articolo ove sia fornita la prova che la perdita o l'avaria della merce sono stati determinati da dolo o colpa grave del vettore o dei suoi dipendenti e preposti, ovvero di ogni altro soggetto di cui egli si sia avvalso per l'esecuzione del trasporto, quando tali soggetti abbiano agito nell'esercizio delle loro funzioni".
  • [3] BETTO E., Trasporto internazionale di merci su strada e limiti risarcitori, in Contratti, 2009, fascicolo 5, p. 475.
  • [4] L'art. 29 CMR testualmente recita "Il vettore non ha il diritto di avvalersi delle disposizioni del presente capo che escludono o limitano la sua responsabilità o che invertono l'onere della prova, se il danno dipende da dolo o da colpa a lui imputabile e che, secondo la legge del giudice adito, è parificata a dolo. Lo stesso vale nel caso in cui il dolo o la colpa sia imputabile ai dipendenti del vettore o a altre persone dei cui servizi egli si avvale per l'esecuzione del trasporto, quando tali dipendenti o tali persone agiscono nell'esercizio delle loro funzioni. In tal caso, detti dipendenti o dette persone non hanno a loro volta il diritto di avvalersi, per quanto concerne la loro responsabilità personale, delle disposizioni del presente capo di cui al paragrafo 1."
  • [5] SOLE D., Codice Civile e Penale per l’esame di avvocato, Maggioli Editore, 2012, p. 570.

Ultima modifica il 28/02/2022