Marchio aziendale e Brand Identity

Nel mondo del commercio e dell’industria 2.0, il marchio assurge quale strumento decisivo nella strategia commerciale dell’azienda e nella costruzione della sua brand identity: è infatti il segno distintivo che permette all’impresa di contraddistinguere nettamente i prodotti o servizi che essa produce o mette in commercio, rendendoli così non solo riconoscibili, ma anche facilmente individuabili rispetto a tutti quelli (uguali o affini) offerti dai suoi competitors.

Laddove vi sia merito imprenditoriale circa i prodotti o i servizi offerti agli utenti, il conseguente rapporto di fiducia che con questi verrà instaurandosi, avrà notevoli risvolti che potranno essere capitalizzati all’interno del contenitore patrimoniale chiamato “marchio”: un recipiente che se da una parte racchiude la funzione distintiva e tutte le qualità dei prodotti o servizi che l’imprenditore vuole trasmettere ai suoi consumatori, dall’altra invece è un collettore di clientela[1], un valore commerciale talmente consistente che spesso è anche di molto superiore alla somma di tutti i restanti beni aziendali. Basti pensare infatti che un marchio rinomato che gode di un buon successo acquista un valore economico commisurato alla consistenza della clientela, la quale, conoscendo e apprezzando i prodotti o servizi che esso contrassegna, in caso di cessione, sarà disposta a seguire totalmente o parzialmente il marchio, confidando nel fatto che l’origine sia sempre la stessa.

Effettuata tale premessa, risulta dunque economicamente e commercialmente opportuno, nonché estremamente vantaggioso, scegliere di costruire con molta cura l’identità della propria produzione: ebbene, come e dove dirigersi? Partendo dalle diverse tipologie di marchio, l’art. 7 comma I del Codice della Proprietà Industriale[2] ne consente una classificazione in ragione del relativo contenuto:

  • marchio denominativo: si tratta di un marchio costituito da una o più parole del tutto prive di caratterizzazione grafica, il che permetterà una certa libertà nella riproduzione con qualsiasi grafica e la possibilità di variazione nel corso del tempo;
  • marchio figurativo: il segno distintivo dell’impresa è costituito da lettere, figure o numeri che possiedono caratterizzazioni grafiche particolari ed estremamente vincolanti;
  • marchio misto: combina parole e figure[3];
  • marchio di forma: il marchio è costituito da forme tridimensionali o comprendente tale forma. Può abbracciare contenitori, imballaggi, il prodotto stesso o il suo aspetto[4];
  • marchio di colore: viene rappresentato da un colore o da una particolare combinazione di colori[5];
  • marchio di suono: formato esclusivamente da un suono o da una combinazione di suoni[6];
  • marchio olfattivo: ci si riferisce ad una particolare fragranza o ad una combinazione di fragranze[7].

Il buon marchio dunque, al fine di essere considerato tale, oltre a possedere il carattere della distintività, dovrà anche essere lecito e nuovo. Quanto al requisito della liceità, l’ art. 14 c.p.i.[8] statuisce il rispetto del buon costume, dell’ordine pubblico e della legge. Circa la verifica dell’elemento della novità, questa componente essenziale va confrontata rispetto ai diritti anteriori altrui: a tal proposito è fondamentale effettuare le c.d. ricerche di anteriorità[9] per evitare di esporsi al rischio di opposizione rendendo così vani tutti gli sforzi economici derivanti dal deposito.

Una volta che il marchio verrà registrato, la sua tutela avrà forza solo ed esclusivamente per i prodotti o servizi indicati nella domanda di registrazione e per quelli ad essa affini. Infatti, al momento del deposito della domanda, l’azienda ha l’obbligo di elencare i prodotti o servizi cui il marchio è destinato contraddistinguere, raggruppati secondo le classi della classificazione di cui all’ Accordo di Nizza: a tal proposito un utile strumento gratuito è offerto da TMclass[10], un tool online che agevola l’esatto match tra prodotto o servizio offerto e relativa classe numerica di appartenenza.

La scelta di registrare un marchio permette all’azienda cui appartiene, non solo l’utilizzo esclusivo dello stesso all’interno del territorio designato[11], ma anche il divieto a terzi sulla commercializzazione dei medesimi prodotti o servizi contrassegnati da segno identico o simile. Inoltre, per concludere circolarmente questo breve excursus in materia di proprietà intellettuale, più il marchio avrà capacità attrattiva verso l’attenzione del consumatore, proporzionalmente ne aumenterà anche il suo valore economico: il marchio aziendale, così come qualsiasi altro bene societario, potrà infatti non solo essere venduto, ma anche concesso in licenza, andando così a costituire un’ulteriore fonte di reddito addizionale (royalties).


[1] La definizione è presente in Adriano Vanzetti, Vincenzo Di Cataldo, Manuale di diritto industriale, Milano, 2018.

[2] Testuale: “possono costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di persona, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche, purché siano atti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese”.

[3] Aldo Fittante, Brand, Industrial design e Made in Italy: La tutela giuridica, Milano,2017, p.25ss., cita  Trib. Lanusei, 26 marzo 2001 tale per cui in presenza di un marchio misto, è importante verificare il “cuore” del marchio quale risulta non solo dall’elemento denominativo, ma anche dagli elementi cromatici, dai particolari grafici, dalle dimensioni e dal tipo di caratteri utilizzati.

[4] Tale definizione viene fornita dall’ EUIPO (European Union Intellectual Property Office).

Il legislatore comunitario ha circoscritto l’ambito di non registrabilità della forma come marchio ai casi in cui vi sia un rimando esclusivo alle forme naturali, necessarie e sostanziali. Art. 9 c.p.i. dispone: “non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto, dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico, o dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto”.

[5] Esempi: la combinazione di colori di ‘Instagram’, il rosa de ‘La Gazzetta dello Sport’, il salmone de ‘Il Sole24Ore’.

[6] Celebre è il ruggito del leone della storica compagnia statunitense di cineproduzione Metro Goldwin Mayer. La modalità di rappresentazione al momento del deposito della domanda consisterà in una riproduzione attraverso file audio (es. mp3).

[7] Circa i marchi olfattivi vi sono però diverse questioni giuridiche spinose poiché questi, oltre a mancare di capacità distintiva, difettano anche dell’idoneità ad essere nitidamente rappresentati in sede di deposito di domanda di registrazione. Inoltre, attualmente, non esiste una classificazione internazionale degli odori che possa accordare una puntuale ed inequivocabile indicazione.

[8] Testuale esteso: “non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d’impresa: a) i segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume; b) i segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi; c) i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi”.

[9] UIBM (in autonomia) http://www.uibm.gov.it/bancadati/ e CCIAA (solo per persone fisiche residenti nelle province di Milano Monza Brianza Lodi e alle aziende iscritte nel Registro imprese del medesimo territorio) https://www.milomb.camcom.it/servizio-di-prima-assistenza-anteriorita offrono la possibilità di poter gratuitamente eseguire una prima ricerca di anteriorità a livello nazionale.

[10] http://euipo.europa.eu/ec2/?lang=it

[11] La tutela può essere a livello nazionale, comunitario o internazionale. La scelta verrà compiuta dall’imprenditore coerentemente con l’ampiezza che intende assegnare all’ espansione del suo business.


A cura di Valentina Fragnan (partecipante dell'Executive Master in Giurista d'Impresa e General Counsel

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