Ormai è un dato: le competenze digitali non devono necessariamente appartenere solo ai ruoli IT. Attualmente sono diventate, infatti, competenze ricercate tra quelle trasversali, determinando così un loro ripensamento in chiave digitale.
Il motivo di questa nuova chiave di lettura è conseguente alla trasformazione digitale, che sta investendo tutti i settori aziendali, dove i modelli di business ed i processi aziendali necessitano di continue rimodulazioni. Il mondo digitale apre, senza dubbio, nuove opportunità di mercato, per migliorare così la produttività e la qualità delle attività di business e per raggiungere tali obiettivi è necessario “dotarsi” di un knowhow di competenze interne specifiche. Da una recente ricerca - condotta dall’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano, all’interno degli uffici risorse umane di aziende medio-grandi - si rileva che circa un 47% dei direttori del personale nel 2015 inserirà nuove professionalità e competenze per ripensare in logica digitale i processi di gestione e sviluppo delle risorse umane in azienda.
Tra le aree aziendali più coinvolte rimangono in prima battuta il marketing e l’IT, seguite dalla direzione risorse umane, ma anche gli uffici legali, quelli della qualità e sicurezza e gli uffici acquisti iniziano a sentire questa necessità. Nel mondo delle professioni “tecnologiche”, le figure professionali più introdotte nelle aziende nel 2015 sono il Digital Marketing Manager, che ha il compito di gestire e ottimizzare le interazioni digitali con consumatori e prospect attraverso i canali social, web e mobile, e il Chief Innovation Officer, che propone modelli innovativi per il business dell’impresa per sfruttare al meglio la rivoluzione digitale.
Nei ruoli non tecnologici, invece, si cercano competenze, che consentano alle persone di utilizzare efficacemente i nuovi strumenti digitali; ad esempio la cosiddetta “consapevolezza digitale”: nel 70% delle aziende le persone possiedono già una capacità medio-alta di preservare la confidenzialità dei dati e delle informazioni in base agli strumenti utilizzati, e nel 62% sono capaci di utilizzare in modo corretto e bilanciato gli strumenti digitali evitando problemi di salute o squilibri nella relazione lavoro-vita privata. L’ambito su cui invece le aziende sono più indietro è la comunicazione virtuale: il 65% ritiene che i propri dipendenti non possiedano capacità adeguate per comunicare e collaborare virtualmente utilizzando in modo efficace gli strumenti digitali.
Per sviluppare le digital soft skills dei propri dipendenti le aziende utilizzano prevalentemente corsi di formazione (nel 67% dei casi), ma anche attività di comunicazione e sensibilizzazione, come iniziative sull’intranet, corner point in azienda, campagne di comunicazione o seminari con esperti. Circa un'impresa su cinque ha iniziato a valutare le digital soft skills anche in sede di selezione dei candidati.
Voi ritenete di essere al passo con i tempi? Inserite un commento per far emergere quale sia, secondo voi, l’esigenza formativa capace di sviluppare le softskills digitali.