A cura dell'Avv. G. Arpea, Docente in area Legale

La questione

Chiudiamo con queste note il breve ciclo che abbiamo aperto sul tema del trasferimento della sede sociale dall’Italia a un altro Paese UE. Abbiamo visto quali sono gli adempimenti pubblicitari e quali invece i criteri che regolano la dichiarazione d’insolvenza ai sensi del diritto italiano e comunitario. Ma cosa accade se, solo dopo diversi anni dal trasferimento, si ha notizia del fallimento dichiarato in Italia? È ammesso il rimedio del reclamo? Vediamo.

I termini di decadenza del reclamo

Partiamo dalla disciplina del reclamo. L’art. 18, comma 1, l. fall. stabilisce un termine di trenta giorni per reclamare una sentenza di fallimento. Il seguente comma 4, invece, prevede due distinti dies a quo a seconda che si faccia riferimento al soggetto fallito ovvero a terzi legittimati, in quanto portatori di interesse al reclamo. Mentre nel primo caso il termine decorre dalla data di notifica della sentenza, nel secondo caso, invece, il computo inizia a maturare dalla data di pubblicazione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese. Consideriamo ora il caso in cui, nel corso del giudizio prefallimentare, non sia stato integrato correttamente il contraddittorio (circostanza non rilevata dal giudice che, con la decisione della controversia nel merito, ne abbia implicitamente accertato la regolarità). Il relativo error in procedendo si tradurrebbe in un error in iudicando e con ciò determinerebbe la reclamabilità da parte dell’amministratore della sentenza di fallimento; ciò in quanto la società debitrice non avrebbe avuto occasione di presentare istanze difensive presso il Tribunale, poiché la notifica degli atti dell’istruttoria prefallimentare non avrebbe prodotto esito positivo.

In particolare, non essendovi prova dell’avvenuta conoscenza (o conoscibilità) in capo all’amministratore della società della sentenza di fallimento da notificarsi ai sensi dell’art. 17 l. fall., il termine di trenta giorni di cui all’art. 18, comma 1, l. fall. si dovrebbe intendere come non ancora decorso (meglio, non avrebbe ancora iniziato a decorrere). Dunque, la nullità della notifica dell’avviso di comunicazione al debitore e, conseguentemente, la nullità della sentenza di fallimento e quella della sua notifica determinerebbero, a cascata, la nullità di tutti gli atti successivi(1). È quindi evidente quale sia la rilevanza che è suscettibile di rivestire per la società, ai fini dell’eventuale revocabilità della sua dichiarazione di fallimento, l’accertamento sul procedimento di notificazione della fase prefallimentare e della successiva sentenza di fallimento.

La legittimazione attiva per il reclamo

A questo punto, non resta che verificare chi sia eventualmente legittimato a presentare reclamo avverso la sentenza di fallimento della società. Prescindendo dalla legittimazione ad agire pacificamente riconosciuta alla società fallita, in persona dell’amministratore(2), va verificato se anche un ex amministratore possa ritenersi legittimato a reclamare la sentenza di fallimento. Come noto, in base all’art. 18, comma 1, l. fall., è espressamente ammessa la facoltà di reclamare a “qualunque interessato”. A questo riguardo, è agevole concludere nel senso che è legittimato all’impugnazione, nella particolare veste di “interessato”, colui la cui posizione giuridica risulta o potrebbe in futuro risultare pregiudicata dal fallimento, indipendentemente dal fatto che sia stato o meno parte del giudizio che ha condotto alla declaratoria di fallimento(3). Per stabilire se l’ex amministratore di società dichiarata fallita abbia interesse, ai sensi dell’art. 18 l. fall., a proporre opposizione alla sentenza dichiarativa del fallimento della società, occorre quindi accertare se, per aver rivestito tale carica, il soggetto abbia ricevuto o possa ricevere in futuro un pregiudizio specifico (di qualsiasi natura e, quindi, anche solo morale) dalla dichiarazione di fallimento. Questo accertamento, che deve essere svolto in concreto, è demandato al giudice di merito con valutazione discrezionale(4).

Ad ogni modo, è opinione comune che debbano comunque ritenersi legittimati a impugnare la sentenza di fallimento anche coloro che siano portatori di un semplice interesse morale(5)Tuttavia, rileviamo che nel caso di reclamo avverso sentenza di fallimento di società già cancellata dal registro delle imprese, la legittimazione attiva spetta solo all’ex liquidatore e agli ex soci, questi ultimi ai sensi dell’art. 2495, comma 2, c.c.(6)Questo orientamento non appare però applicabile al caso in cui la cancellazione è intervenuta successivamente alla dichiarazione di fallimento, poiché si tratta di cancellazione non assimilabile a quella disciplinata dall’art. 2495 c.c.


(1) Ex multis Cass. civ., sez. VI, 13 settembre 2011, n. 18762, in Diritto e Giustizia, 2011.

(2) In questo senso, ex multis, v. Cass. civ., sez. I, 28 settembre 2005, n. 18944, Nuovo Hotel San Pietro s.r.l. (poi Little Brac Leisure Hotels Inc.) c. Fall. Nuovo Hotel San Pietro s.r.l.

(3) Ex multis V. COMERCI e S. CHINAGLIA, Commento all’art. 18 l. fall., in Commentario breve alla legge fallimentare, a cura di A. Maffei Alberti, 6a ediz., Padova, 2013, p. 109; F. DE SANTIS, La legittimazione a reclamare, in Trattato di diritto fallimentare, diretto da V. Buonocore e A. Bassi, Padova, 2010, p. 374 s.; G. U. TEDESCHI, Manuale del nuovo diritto fallimentare, Padova, 2006, p. 98.

(4) In dottrina S. BONFATTI e P.F. CENSONI, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2011, p. 64; in giurisprudenza Cass. civ., sez. I, 25 agosto 1997, n. 7943, in Giust. civ. Mass., 1997, p. 1495.

(5) In dottrina S. BONFATTI e P.F. CENSONI, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2011, p. 64; P. PAJARDI e A. PALUCHOWSKY, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2008, p. 166; V. ZANICHELLI, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali dopo il d.lg. 12.9.2007, n. 169, Torino, 2008; in giurisprudenza, post riforma, Cass. civ., sez. I, 28 maggio 2012, n. 8455, in Guida al diritto, 2012, p. 87; Cass. civ., sez. I, 5 novembre 2010, n. 22547, in Giust. civ. Mass., 2010, p. 1410.

(6) Cass. civ., sez. I, 28 maggio 2012, n. 8455, in Guida al diritto, 2012, p. 87.

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Ultima modifica il 16/04/2021

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