A cura di A. C. Sambiase (partecipante in area Legale)

Premessa

Quando ci si trova ad affrontare una crisi d’impresa, il fattore tempo assume un ruolo centrale e, conseguentemente, l’azione di risanamento deve essere intrapresa il prima possibile. Proprio al fine di evitare l’aggravamento della situazione di squilibrio economico-finanziario, è prassi consolidata, nell’ambito delle operazioni di ristrutturazione, stipulare accordi preliminari atipici diretti a congelare le pretese creditorie e regolare in via provvisoria la situazione di crisi: si tratta delle le c.d. “convenzioni innominate di moratoria”[1].

Se da un lato è evidente il vantaggio derivante dalla libertà di determinazione del contenuto di siffatti accordi, adattabile allo specifico scenario di crisi, questa elasticità rischia di scontrarsi con atteggiamenti ostruzionistici[2] da parte di alcuni creditori (minori o meno esposti), la cui mancata adesione all’accordo potrebbe determinare l’insuccesso dell’intera operazione di salvataggio. In tale solco interviene la novella del 2015. Proseguendo sulla via della “degiurisdizionalizzazione[3]” del diritto concorsuale, il legislatore, con il Decreto Legge n. 83/2015 (convertito in Legge 132/2015), ha introdotto nel nostro ordinamento l’art 182 septies l.f.[4], il quale disciplina due nuovi strumenti per la gestione negoziata della crisi d’impresa, la cui caratteristica principale è proprio la possibilità di vincolare anche i creditori dissenzienti. Si tratta dell’accordo di ristrutturazione dei debiti con creditori finanziari e della convenzione di moratoria. Nonostante non manchino similitudini tra i due istituti[5], il primo è, ad ogni effetto, uno strumento di ristrutturazione del debito bancario, variante del modello comune disciplinato dall’art. 182 bis l.f., la cui finalità è la risoluzione definitiva della crisi.

La convenzione di moratoria, invece, rappresenta un inedito nel nostro ordinamento e consiste in un accordo per la risoluzione “provvisoria” della crisi tra debitore e creditori finanziari (banche ed intermediari) che, come già anticipato, può estendere i suoi effetti  anche ai creditori non aderenti, in deroga alle regole civilistiche sulla relatività degli effetti del contratto[6]; peraltro, tale estensione non necessita neppure di passare attraverso il giudizio di omologazione del Tribunale, il cui intervento resta solo eventuale, in caso di opposizione.

Il presente elaborato tratterà unicamente di quest’ultimo istituto, dei suoi elementi costitutivi e delle novità di disciplina che verranno, probabilmente, introdotte con l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi.

Presupposto soggettivo ed oggettivo

Al fine di poter ricorrere allo strumento de quo, è necessario che l’accordo sia sottoscritto tra “l’impresa debitrice ed una o più banche o intermediari finanziari”. Con tale precisazione il legislatore ha escluso dall’ambito di applicazione della norma gli “accordi interinali”, cioè quelle intese concluse tra i soli creditori finanziari dell’impresa e finalizzate a regolarne i reciproci rapporti. Ciò non  è da sottovalutare. Infatti, nella negoziazione degli accordi preliminari ( tipici o atipici), uno dei principali interessi degli istituti di credito risiede proprio nel congelare le posizioni delle altre banche, così da evitare che possano essere ottenuti vantaggi dall’impresa in crisi che possano tradursi in asimmetrie informative[7] tra creditori. La disciplina della convenzione di moratoria è applicabile a qualunque tipo di “impresa debitrice”, a prescindere da requisiti dimensionali o dalla sua natura commerciale. Tale linea interpretativa valorizza il dato letterale e l’autonomia dell’istituto, la cui disciplina deve svincolarsi da altri strumenti di risoluzione definitiva della crisi, quali il fallimento, il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione.

Con riferimento, invece, alle caratteristiche dei creditori finanziari previsti dalla disposizione, questi sono solo le Banche iscritte nell’albo appositamente tenuto ai sensi dell’art 13 del Testo unico Bancario e gli Intermediari finanziari autorizzati ai sensi dell’art 106 della medesima legge. E’ evidente che l’opzione prescelta dal legislatore - limitare gli effetti della convenzione esclusivamente alla categoria bancaria - presuppone che l’impresa debitrice sia in grado (anche mediante altri strumenti privatistici) di regolare i rapporti con i creditori non finanziari estranei all’accordo (in primis lavoratori e fornitori), così scongiurando la possibilità di iniziative giudiziarie. Il debitore, al fine di ricorrere alla convenzione, deve  trovarsi in uno “stato di crisi”. Ciò lo si ricava sia dalla collocazione sistematica dell’istituto (nel Titolo “del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione) sia dal fatto che la Convenzione è espressamente “diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi”.

In attesa dell’entrata in vigore del Codice della Crisi e dell’Insolvenza[8], va sottolineato che nel nostro ordinamento latita una definizione puntuale di “stato di crisi”[9]; conseguentemente, l’interprete ha la possibilità di ricomprendevi un ampio ventaglio di ipotesi, facilitando l’ingresso per l’impresa alle procedure negoziate di gestione della crisi.

Il contenuto della convenzione

Dopo aver sinteticamente evidenziato i presupposti normativamente previsti per giovarsi della disciplina della Convenzione, si può passare all’analisi dei possibili contenuti dell’accordo, i quali, però, non sono stati positivamente elencati dal legislatore. Infatti, l’art. 182 septies l.f. prevede solo due limitazioni:

  • la durata necessariamente provvisoria;
  • il divieto di imporre ai creditori non aderenti l’erogazione di nuova finanza.

In merito al termine di durata della convenzione, non pare convincente un’opzione interpretativa che ricerchi un’astratta delimitazione temporale; al contrario, una soluzione che sia coerente con le intenzioni del legislatore impone di dare rilevanza, caso per caso, alle caratteristiche della crisi e saranno, pertanto, proprio i partecipanti alle trattative a determinare la durata della convenzione, tenendo presente che pattuire un arco temporale eccessivo potrebbe spingere i non aderenti a presentare opposizione alla convenzione, attivando la fase di controllo giudiziale ( soltanto eventuale)[10].

La seconda limitazione prevista dalla disposizione in commento vieta che l’accordo possa imporre ai non aderenti “l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare i mantenimenti esistenti o l’erogazione di nuovi finanziamenti”. In merito, pare opportuna una precisazione preliminare. Il divieto di imporre ai non aderenti l’obbligo di erogare nuova finanza all’impresa in crisi, è un evidente tentativo del legislatore di bilanciare due opposti interessi: quello degli aderenti a stipulare la convenzione e quello dei dissenzienti a non veder aumentare la propria esposizione (continuando ad elargire finanza alla società debitrice). Deve essere evidenziato, però, che il divieto di esecuzione di nuove prestazioni non ricomprende anche la prosecuzione dei contratti di leasing pendenti (ultima parte del settimo comma). Il debitore potrà, quindi, nonostante l’eventuale congelamento dei canoni, continuare a godere del bene strumentali al raggiungimento del proprio oggetto sociale, in un ottica di incentivo alla continuità aziendale. Per il resto, in nessuna ipotesi potranno costituire oggetto di imposizione la concessione di nuovi affidamenti e finanziamenti.

Unico nodo che resta da sciogliere, attualmente ancora oggetto di dibattito, è la questione relativa alla possibilità di mantenimento delle “linee di credito auto liquidanti”[11]. In merito, si segnala la presenza di due diversi filoni interpretativi:

  • Chi aderisce al dato letterale della disposizione[12], sostiene che il termine “esistenti” non possa che riferirsi a tutte le linee di credito in essere al momento della stipula della convenzione di moratoria, prescindendo dall’accertamento, in concreto, del fatto che gli affidamenti siano già stati utilizzati; al contrario, altra parte della dottrina, propone una lettura restrittiva, tesa a garantire la massima efficienza dell’istituto, consentendo di imporre ai creditori non aderenti il mantenimento delle linee di credito auto liquidanti per la parte di affidamenti già utilizzata dal debitore.
  • La seconda soluzione deve essere preferita. Il mantenimento delle linee di credito già utilizzate dall’impresa ( sia di cassa che auto liquidanti) non comporta un aggravamento dell’esposizione per il creditore non aderente ma il mantenimento del medesimo livello di rischio analogo a quello precedente[13]. Infatti, ove si optasse per la prima soluzione, la banca non aderente si limiterebbe ad incassare le rimesse dai terzi, non collaborando alla soluzione della crisi ma riducendo, gradualmente, la propria esposizione debitoria.

Peraltro, il legislatore si è già espresso, indirettamente, a favore di tale soluzione, quando ha concesso al debitore di poter continuare a godere dei beni oggetto di contratti di leasing.

Nessun dubbio, invece, sulla preclusione al mantenimento delle linee di credito per la parte affidata ma non utilizzata.

Riassumendo, quindi, mentre per i debitori aderenti non opererà alcuna limitazione, risulteranno coercibili ai non aderenti solo le pattuizioni che non aggravino il profilo di rischio del creditore, tra le quali, ad esempio, senza pretesa di esaustività, possono annoversarsi:

  • la remissione parziale del credito vantato;
  • la conversione del credito in quote di capitale o strumenti finanziari partecipativi[14];
  • la ridefinizione del profilo di interessi e/o commissionale;
  • l’impegno dei creditori finanziari a non esigere le obbligazioni scadute ( e che scadranno durante il periodo di efficacia convenzione), mediante un riscadenziamento dei termini di adempimento e la provvisoria rinuncia ad agire per la riscossione del credito.
  • il mantenimento delle linee di credito auto liquidanti nei limiti degli affidamenti già utilizzati.

Nondimeno, con riferimento agli obblighi dell’impresa debitrice in crisi, questa, nella vigenza della convenzione, potrebbe essere obbligata, a seconda dalla fattispecie concreta:

  • a non modificare la propria situazione patrimoniale e finanziaria;
  • a non porre in essere operazioni straordinarie;
  • a non modificare il proprio assetto organizzativo e/o contabile
  • ad adempiere ad obblighi informativi periodici nei confronti dei creditori ( che potrebbe comprendere anche l’esplicitazione dei flussi di cassa previsti).

Condizioni per l’operatività della deroga

Come sopra anticipato, l’efficacia della Convenzione di Moratoria può essere estesa anche nei confronti dei creditori (finanziari) dissenzienti, senza la necessità di ricorrere al giudizio di omologazione del Tribunale. Per espressa previsione normativa, l’effetto espansivo costituisce una deroga al principio di relatività dei contratti ( art. 1372 c.c.) e alla figura del contratto a favore di terzo ( art. 1411 c.c.). Sull’effettiva portata della deroga si è, però, sollevato un acceso dibattito dottrinale[15]Senza voler entrare nel merito, si rileva che, chi sostiene la natura concorsuale[16] dell’istituto, svaluta il momento negoziale e ritiene quasi superflua la deroga alle regole generali del diritto dei contratti, che non opererebbero in forza di una piena e normale applicazione del principio maggioritario; l’orientamento prevalente, invece, ritiene che l’operatività della deroga alle norme di parte generale costituisca un ulteriore elemento a comprova della natura contrattuale della convenzione e deriverebbe dal semplice incontro della volontà dei paciscenti con quella espressa dal debitore e dalla possibilità, per i non aderenti, di tutelare i propri interessi mediante l’esperimento del giudizio opposizione dinanzi al Tribunale. Come già evidenziato, l’operatività della deroga è, però, subordinata al ricorrere di determinate condizioni predeterminate: 

  • che i creditori finanziari non aderenti “siano stati informati dell’avvio delle trattativa e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede”. L’informazione dell’avvio delle trattative dovrà essere tempestiva, chiara e corredata da tutte le informazioni essenziali per consentire al creditore il diritto di partecipazione[17]. I contorni minimi della comunicazione sono delineati dal comma 4 dell’art 182 septies l.f., il quale prevede che i creditori finanziari “abbiano ricevuto complete ed aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore". La nozione di “buona fede”, pare dover essere rapportata ad un successivo eventuale vaglio del Tribunale, che valuterà la funzionalità e l’idoneità della comunicazione a permettere la partecipazione al tavolo delle trattativa. 
  • che l’accordo sia accettato dalla maggioranza qualificata del 75%, calcolata non sui debiti complessivi dell’impresa ma sulla quota dell’indebitamento con gli intermediari finanziari che presentino omogeneità per interesse giuridico e posizione economica. La posizione giuridica riguarderà l’elemento soggettivo del creditore, in relazione alla natura del rapporto derivante dal titolo[18]; l’interesse economico, invece, discende dalle conseguenze, lato creditore, del comportamento del debitore (interesse del creditore alla continuità aziendale ovvero alla liquidazione dei beni). E’ pacifica la possibilità di suddividere i creditori per singole categorie che dovranno preveder un contenuto uniforme delle pattuizioni. In tal caso, la maggioranza qualificata dovrà essere raggiunta all’interno di ognuna.
  • che l’accordo sia oggetto di attestazione da parte di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, 3° comma, lett. d), l. fall., il quale certifichi la corretta individuazione del perimetro degli obbligati (aderenti e non), con riferimenti sia all’omogeneità della loro posizione giuridica sia dei loro interessi economici[19]. Il professionista sarà nominato, logicamente, di concerto tra le parti coinvolte nella trattativa. Per quanto riguarda il momento in cui l’accordo dispiegherà i suoi effetti, è necessario distinguere tra creditori paciscenti e recalcitranti; con riferimento ai primi, la convenzione diverrà obbligatoria dal momento dello scambio dei consensi ( salvo, naturalmente, diversa previsione contrattuale) mentre per i dissenzienti solo una volta che gli verrà trasmesso l’accordo e la documentazione accessoria.

L’opposizione dei creditori dissenzienti

Come da ultimo evidenziato, una volta che il debitore avrà raggiunto l’accordo con il 75% degli istituti di credito, sarà onere dello stesso inviare a ciascun creditore finanziario, rimasto estraneo alla negoziazione, tutta la documentazione necessaria a comprovare l’avvenuto avveramento delle condizioni richieste dalla disposizione. Dal momento che i creditori non aderenti riceveranno la comunicazione[20] e la documentazione, non solo dispiegherà efficacia l’accordo, ma inizierà anche a decorrere il termine di 30 giorni per l’esperimento dell’opposizione[21]Si sottolinea che, in mancanza di espressa previsione in tal senso, la proposizione dell’opposizione non determinerà la sospensione dell’efficacia della convenzione, residuando all’opponente la possibilità di attivare gli ordinari rimedi cautelati previsti dal codice di rito. Riguardo l’oggetto del sindacato dell’autorità giudiziaria, questo verterà esclusivamente sull’accertamento dell’eventuale insussistenza delle condizioni cui è subordinata l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione “speciale” (art. 182 septies comma 4 terzo periodo l.f.). Il collegio verificherà, quindi, l’omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici dei soggetti coinvolti nella moratoria (già oggetto di attestazione), la completezza delle informazioni fornite ai creditori finanziari estranei alle trattative, l’effettivo raggiungimento della prescritta maggioranza qualificata e, infine, che i non aderenti “possano risultare soddisfatti, in base all’accordo, in misura non inferiore rispetto alle alternative praticabili”.

Con riferimento a tale ultimo profilo, il Giudice dovrà accertare, in concreto, che la convenzione rappresenti l’unico rimedio per evitare l’aggravarsi della situazione patrimoniale e la sua idonea ad impedire l’apertura di altra procedura concorsuale che determinasse un trattamento deteriore dei crediti, l’instabilità dei pagamenti ed un danno irreversibile alla continuità aziendale. Ancora sul punto, la convenzione di moratoria deve procurare al creditore opponente un effettivo vantaggio anche tenendo conto dei rischi di carattere revocatorio cui andrebbe incontro il soggetto (in tutto o in parte) a causa dell’insostenibilità dell’esborso per l’impresa debitrice, ove questo esborso contribuisse a determinare l’irreversibile deterioramento della crisi in vera e propria insolvenza, aprendo così la strada alla dichiarazione di fallimento[22]Nel silenzio della disposizione, si ritiene che Il tribunale competente sia quello della sede principale del debitore ed il rito da seguire sia quello camerale. Infatti, Il Tribunale pronuncia entro dieci giorni “con decreto”. La decisione del Giudice determinerà l’inefficacia dell’accordo nei confronti del creditore opponente ma non l’invalidità dell’accordo nei confronti degli altri creditori[23], nei confronti dei quali continuerà a dispiegare i suoi effetti. Il provvedimento del Giudice è soggetto a reclamo avanti alla Corte d'Appello entro quindici giorni dalla comunicazione in cancelleria e, data la sua incidenza sui diritti soggettivi ed il suo carattere decisorio e definitivo, pare anche ulteriormente ricorribile in Cassazione.

Brevi cenni sulle novità introdotte dal Codice della Crisi e dell’insolvenza e una breve considerazione conclusiva

Senza pretesa di completezza, si segnalano le principali novità che verranno apportate all’istituto con l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza prevista, allo stato, per il 1° settembre 2021[24].

La novità maggiormente incisiva è l’abbandono del riferimento alla natura esclusivamente finanziaria dei creditori coinvolti nella convenzione, la quale potrà essere conclusa, espressamente, tra un imprenditore, anche di natura non commerciale ( Il Codice ha eliminato ogni dubbio), e qualunque creditore dell’impresa.

In merito al contenuto, l’art. 62 C.C.I. (“la convenzione di moratoria”) precisa, ora, che l’accordo può avere ad oggetto “la dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e ogni altra misura che non comporti la rinuncia al credito”; conferma, inoltre, il divieto di imporre ai non aderenti l’erogazione di nuova finanza, senza sciogliere il dubbio relativo alle linee di credito auto liquidanti. La nuova disciplina prevede, purtroppo, un meccanismo di estensione ai non aderenti meno flessibile e più macchinoso del precedente:

  • il debitore deve informare tutti i creditori, appartenenti alla medesima categorie, dell’avvio delle trattative, mettendoli in condizione di partecipare attivamente alle trattative, fornendogli, inoltre, “complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonche' sulla convenzione e i suoi effetti”;
  • è stata mantenuta la condizione del necessario raggiungimento della maggioranza qualificata del 75% dei creditori appartenenti alla medesima categoria ma, a differenza della precedente disciplina, il Codice prevede, inoltre, che un creditore possa essere titolare di più crediti inseriti in categorie differenti, così confermando la possibilità che il debitore possa suddividere i crediti in categorie;
  • è necessario che “vi siano concrete prospettive che i creditori della medesima categoria non aderenti, cui vengono estesi gli effetti della convenzione, possano risultare soddisfatti all'esito della stessa in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale”. E’ evidente che un tale confronto, però, mal si concilia sia con il carattere provvisorio dell’istituto sia con le esigenze di rapidità ad esso connesse[25];
  • il giudizio richiesto all’esperto è più ampio rispetto al precedente, dovendo valutare la veridicità dei dati aziendali, l’idoneità della convenzione a risolvere provvisoriamente la crisi e la sussistenza delle concrete prospettive di soddisfazione dei creditori non aderenti in misura almeno pari alla prospettiva di una liquidazione giudiziale. Nonostante il legislatore abbia eliminato la valutazione sull’omogeneità della posizione giuridica e sull’interesse economico, si ritiene che lo stesso permanga, in quanto precondizione per poter accertare la sussistenza di concrete prospettive di soddisfazione nonché dell’idoneità della convenzione a risolvere provvisoriamente la crisi.

In merito al procedimento di opposizione, il legislatore è intervenuto semplificandone la disciplina: l’art. 62 ai commi 5 e 6 prevede che entro trenta giorni dalla comunicazione della convenzione e dell’attestazione i non aderenti possano proporre opposizione al Tribunale, il quale decide in camera di consiglio con sentenza (non più con decreto), reclamabile entro 15 giorni dinanzi alla Corte d’appello. Non può non evidenziarsi che il Codice ometta qualunque indicazione circa l’oggetto del giudizio del Tribunale.

Limitando l’analisi al dato letterale, l’opzione più coerente è ritenere che il giudizio dell’Autorità giudiziaria debba investire tutti i profili già oggetto di accertamento da parte del professionista attestatore.

Tirando le fila, se l’ampliamento soggettivo delle categorie di creditori è da accogliere positivamente, d’altro canto deve essere rilevato che l’irrigidimento del procedimento espansivo mal si concilia con il carattere provvisorio dell’istituto. Desta molte perplessità anche la scelta di comparazione tra la convenzione di moratoria e gli esiti di una liquidazione giudiziale per i non aderenti, che potrebbe basarsi su dati non veritieri (data la lunga prospettiva temporale) oltre che scontare la mancata valutazione dell’interesse dell’intero ceto creditorio e non limitatamente ai recalcitranti. 

Si spera che il recente rinvio dell’entrata in vigore del Codice possa essere colto come un’opportunità per ripensare l’intero istituto che, ad oggi, non ha avuto lontanamente il successo augurato. In primo luogo, non si presentano molto spesso situazioni nelle quali si rilevino atteggiamenti talmente ostruzionistici da parte dei creditori finanziari “minori”( perlomeno in un momento di primo approccio alla situazione di crisi); d’altro lato, i professionisti preferiscono continuare a ricorrere, comunque, a strumenti dotati di maggiore flessibilità, così da evitare di dover affrontare i rischi connessi all’incertezza del dettato normativo, che resta il reale ostacolo al successo di questo nuovo strumento tipico.

 

[1] Per approfondire l’argomento G. FALCONE, “La nuova disciplina delle convenzioni di moratoria e l’intervento del professionista attentatore”, in Il Diritto fallimentare e delle società commerciali, VI, 2015, CEDAM, p. 565

[2] Il creditore rifiutava di sottoscrivere l’accordo con il debitore, così spingendo gli altri creditori, interessati al buon esito della trattativa, a liquidare la posizione del primo, surrogandosi nei suoi diritti. Il più delle volte, ovviamente, gli istituti di credito erano disposti a cedere al “ricatto”.

[3] Linea tracciata limpidamente dal legislatore unionale che, con la raccomandazione del 12 marzo 2014, ha affermato che: “The objective of this Recommendation is to ensure that viable enterprises in financial difficulties, wherever they are located in the Union, have access to national insolvency frameworks which enable them to restructure at an early stage with a view to preventing their insolvency” ( Recommendations n. 135/2014/UE in http://data.europa.eu/eli/reco/2014/135/oj).

[4] La presente disposizione disciplina anche il c.d.” accordo di ristrutturazione speciale” che il debitore in crisi può sottoscrivere con uno o più intermediari finanziari.

[5] Per una disamina dei punti di contatto e delle differenze tra i due istituti si rimanda a L.M. QUATTROCCHI, “l’accordo di ristrutturazione dei debiti e la convenzione di moratoria”, in diritto ed economia dell’impresa, 2016.

[6] La normativa dettata per la convenzione di moratoria è ispirata all’esperienza, rispettivamente, francese ed inglese, della “sauvegarde financière accélerée” e dello “scheme of arrangement”.

[7] Cfr. M. FABIANI, La convenzione di moratoria diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi, in il fallimento e altre procedure concorsuali, 2015, pag.  1269 ss.

[8] Art. 2 C.C.I. comma 1, lett a) definisce “crisi” come “lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”

[9]  Art. 160 comma 3 l.f.:“ per stato di crisi deve intendersi anche lo stato di insolvenza”.

[10] Cfr. A.AIELLO, La convenzione di moratoria: un nuovo strumento tipico di regolazione della crisi, in crisi d’impresa e fallimento, 2016, pag. 40.

[11] Le linee di credito auto liquidanti sono una particolare categoria di finanziamento agevolato a cui le imprese ricorrono spesso e nell’ambito del quale l’ente creditizio, solitamente, anticipa un credito commerciale all’impresa, che verrà rimborsato ad incasso avvenuto.

[12] Soluzione sostenuta, tra i tanti, da A.AIELLO La convenzione di moratoria: un nuovo strumento tipico di regolazione della crisi, in crisi d’impresa e fallimento, 2016, pag. 43.

[13] Cfr. F.D’ANGELO, La Convenzione di Moratoria nel nuovo “Codice della crisi e dell’insolvenza”, in Banca Borsa e Titoli di Credito, fascicolo 6, 2019, pag 883, il quale, peraltro, aggiunge che “ la banca mantiene sempre le usuali e normali prerogative contrattuali, prima fra tutte quella (nei fatti non sempre utilizzata ma costantemente presente nei contratti bancari volti a mettere a disposizione linee autoliquidanti o castelletti di sconto) in forza della quale la banca ha sempre il diritto di rifiutare l’anticipazione in presenza di dubbi sulla solvibilità del debitore ceduto o per il quale le sia stato conferito il mandato all’incasso”.

[14] Con riferimento alla conversione in equity, si osserva che se è vero che il capitale e gli strumenti finanziari partecipativi presentano un profilo di rischio più elevato, è altrettanto vero che si tratta di prestazioni già eseguite il cui livello di rischio è commisurato alle alternative concretamente praticabili, in relazione alle quali è valutato il giudizio di convenienza ( si veda anche il documento del Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili del 2016 sulla tematica “ Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria” in www.dirittobancario.it/news/crisi-di-impresa/il-cndcec-analizza-accordo-di-ristrutturazione-con-intermediari-finanziari-e-la-convenzione-di-moratoria).

[15] Sul dibattito circa la natura contrattualistica o concorsuale della convenzione di moratoria e sui diversi orientamenti si rimanda a M.SANTONI, La convenzione di moratoria ex art. 182 septies, in www.osservatorio-oci.com,

[16] La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9087 del 2018, ha ricondotto la convenzione di moratoria tra le procedura concorsuali.

[17] Sembra più corretto ritenere necessario un incontro interlocutorio ad hoc con tutti i creditori, illustrando i punti essenziali dell’accordo, così consentendogli di formulare eventuali controproposte e partecipare, successivamente, alla fase negoziale ( ove mostrino interesse).

[18] Rileveranno, ad esempio, le posizioni di creditore, quella di garante, quella di cessionario di crediti, quella di concedente di beni in leasing, la forma del finanziamento ( breve o lungo termine) e trattamento che si propone di riservare ai singoli componenti della categoria.

[19] Secondo il dato letterale della norma, l’oggetto della verifica del professionista non richiederebbe una valutazione sulla eventuale presenza di alternative maggiormente convenienti ( riservata eventualmente al tribunale

[20] La quale dovrà essere effettuata mediante lettera raccomandata o posta elettronica certificata.

[21] Contrario in merito M. PERRINO, Gli accordi di ristrutturazione con banche ed intermediari finanziari e le convenzioni di moratoria, in diritto fallimentare e società commerciali, 2016, p. 20, il quale ritiene che gli effetti verso i non aderenti si producano “dall’inutile decorso dei trenta giorni o dal rigetto dell’opposizione”.

[22] Cfr. A.AIELLO La convenzione di moratoria: un nuovo strumento tipico di regolazione della crisi, in crisi d’impresa e fallimento, 2016, pag. 36.

[23] Pare opportuno che i creditori aderenti facciano inserire clausole contrattuali che subordinino l’efficacia dell’accordo o lo risolvano nell’ipotesi in cui gli altri creditori finanziari ( non aderenti) non risultino vincolati.

[24]  L’art. 5 del Decreto-Legge 8 aprile 2020, n. 23 “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali” ha previsto il differimento dell’entrata in vigore del D.lgs n. 14/2019, prima prevista per il 15 agosto 2020.

[25] Infatti, F.D’ANGELO, si esprime in tali termini: “un simile confronto mal si concilia anche con le già ricordate esigenze di rapidità che fanno da sfondo ad un utilizzo efficiente della moratoria, obbligando il debitore a spesso non semplici attività valutative, lunghe e dispendiose, basti pensare alla necessità di svolgere una completa valutazione dell'attivo, stimando le previsioni di realizzo dei propri crediti, il valore degli immobili, del magazzino, e di ogni altro bene” cit. da “ la convenzione di moratoria nel nuovo “Codice della crisi e dell’insolvenza”, Banca Borsa Titoli di creditom fascicolo 6, pag. 833.


BIBLIOGRAFIA:

  • FALCONE, “La nuova disciplina delle convenzioni di moratoria e l’intervento del professionista attentatore”, in Il Diritto fallimentare e delle società commerciali, VI, 2015, CEDAM, p. 565
  • L.M. QUATTROCCHI, “l’accordo di ristrutturazione dei debiti e la convenzione di moratoria”, in diritto ed economia dell’impresa, 2016.
  • M. FABIANI, La convenzione di moratoria diretta a disciplinare in via provvisoria gli effetti della crisi, in il fallimento e altre procedure concorsuali, 2015, pag.  1269 ss.
  • A.AIELLO, La convenzione di moratoria: un nuovo strumento tipico di regolazione della crisi, in crisi d’impresa e fallimento, 2016, pag. 40
  • F.D’ANGELO, La Convenzione di Moratoria nel nuovo “Codice della crisi e dell’insolvenza”, in Banca Borsa e Titoli di Credito, fascicolo 6, 2019, pag 883
  • Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili del 2016 sulla tematica “ Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari e convenzione di moratoria” in www.dirittobancario.it/news/crisi-di-impresa/il-cndcec-analizza-accordo-di-ristrutturazione-con-intermediari-finanziari-e-la-convenzione-di-moratoria).
  • M.SANTONI, La convenzione di moratoria ex art. 182 septies, in www.osservatorio-oci.com
  • M. PERRINO, Gli accordi di ristrutturazione con banche ed intermediari finanziari e le convenzioni di moratoria, in diritto fallimentare e società commerciali, 2016, p. 20

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Ultima modifica il 22/06/2020

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