A cura dell'Avv. S. Mecca, docente in area Fiscale

Uno scostamento superiore al 10% rispetto al risultato degli studi di settore, se pur considerato “grave incongruenza” e dunque idoneo di per sé a giustificare un accertamento induttivo, deve comunque essere supportato da altri elementi, quali il contesto in cui opera l’impresa, la storia commerciale del contribuente destinatario dell’accertamento, oltre che il mercato e il settore di operatività. A fornire questa interpretazione è la Corte di Cassazione con la pronuncia n. 33794, depositata il 12 novembre 2021.

Gli studi di settore

Gli studi di settore, elaborati mediante analisi economiche e tecniche statisticomatematiche, sono uno strumento che consentono di stimare i ricavi o i compensi che possono essere attribuiti al contribuente. Individuano, a tal fine, le relazioni esistenti tra le variabili strutturali e contabili delle imprese e dei lavoratori autonomi con riferimento al settore economico di appartenenza, ai processi produttivi utilizzati, all’organizzazione, ai prodotti e servizi oggetto dell’attività, alla localizzazione geografica e agli altri elementi significativi (ad esempio area di vendita, andamento della domanda, livello dei prezzi, concorrenza, ecc.). Si tratta di uno strumento utilizzato dal contribuente per verificare, in fase dichiarativa, il posizionamento rispetto alla congruità (il contribuente è congruo se i ricavi o i compensi dichiarati sono uguali o superiori a quelli stimati dallo studio, tenuto conto delle risultanze derivanti dall’applicazione degli indicatori di normalità economica) e alla coerenza (misura il comportamento del contribuente rispetto ai valori di indicatori economici predeterminati, per ciascuna attività, dallo studio di settore), e dall’Amministrazione finanziaria quale ausilio all’attività di controllo. In sostanza, l’espressione “studi di settore” identifica sia una procedura di calcolo, che una procedura di ausilio per l’accertamento. Più precisamente essa sta a significare:

  • un metodo informatizzato a base statistica per il calcolo dei ricavi o dei compensi presunti dall’attività di ogni singola impresa o professionista (procedura di calcolo);
  • un percorso facilitato per l’accertamento, di cui l’Agenzia delle Entrate può avvalersi.

Gli studi come procedura di calcolo

Gli studi di settore sono realizzati rilevando, come anticipato, per ogni singola attività economica, le relazioni esistenti tra le variabili contabili e quelle strutturali, sia interne (processo produttivo, area di vendita, ecc.) che esterne all’azienda o all’attività professionale (andamento della domanda, livello dei prezzi, concorrenza, ecc.). Gli studi di settore, inoltre, tengono conto delle caratteristiche dell’area territoriale in cui l’azienda opera: dipendono infatti dal luogo ove la specifica attività è collocata sia il livello dei prezzi che le condizioni e le modalità operative, sia le infrastrutture esistenti e utilizzabili, che la capacità di spesa, etc. Il prodotto software di applicazione degli studi di settore, mediante il quale è possibile conoscere i ricavi o i compensi presunti in base agli studi stessi, è stato denominato “Gerico”(GEstione dei RIcavi o COmpensi).

La congruità e la coerenza

Inserendo in Gerico i valori delle variabili contabili ed extra contabili richieste, è possibile verificare la posizione del contribuente in ordine a due distinti aspetti della sua “normalità statistica”: la congruità e la coerenza. Sotto il primo profilo Gerico attesta anzitutto se i ricavi o i compensi del contribuente sono “congrui”, cioè pari almeno al valore puntuale di riferimento calcolato con il software per lo specifico contribuente. In caso contrario, Gerico indica il valore puntuale atteso, ed inoltre indica i ricavi o i compensi minimi ammissibili che segna la soglia inferiore di quel margine di oscillazione, entro il quale lo scostamento è ritenuto “possibile”. I contribuenti possono decidere di adeguarsi ai risulti degli studi, tenendo conto del valore che nella applicazione Gerico viene indicato quale valore di riferimento puntuale. Ai contribuenti che ritengono ve ne sia motivo è, peraltro, consentito collocarsi anche in caso di adeguamento, all’interno dell’intervallo di confidenza e quindi anche al livello del valore minimo.

In sede di controllo della applicazione degli studi di settore l’Agenzia delle Entrate:  

  • in caso di adeguamento al valore puntuale considererà corretta la posizione del contribuente e potrà procedere ad accertamento sulla base degli studi di settore solo nei casi in cui sulla scorta di elementi documentali, sarà in grado di rettificare i dati presi a base per l’applicazione degli studi di settore;
  • in caso di adeguamento all’interno dell’intervallo tra valore minimo e valore puntuale, fermo restando che si tratta, comunque, di ricavi o compensi “possibili”, potrà verificare e quindi chiedere al contribuente di giustificare per quali motivi abbia ritenuto di adeguarsi a un valore inferiore a quello di riferimento puntuale.

Quanto al profilo della coerenza, Gerico è in grado di verificare la regolarità dei principali indicatori economici caratterizzanti l’attività svolta dal contribuente (i quali sono predeterminati, per ciascuna attività, dallo studio di settore approvato). La regolarità di tali indicatori viene valutata rispetto ai valori minimi e massimi assumibili con riferimento a comportamenti normali degli operatori del settore che svolgono l’attività con analoghe caratteristiche. Le anomalie riscontrate negli indici di coerenza potranno essere utilizzate per la selezione delle posizioni da sottoporre a controllo, pur in presenza di ricavi o compensi congrui. Ovviamente, in quest'ultimo caso detti controlli potranno essere effettuati utilizzando metodi di accertamento diversi da quello basato sugli studi di settore. Con riferimento a tal genere di anomalia l’ufficio dovrà comunque verificare se la mancata coerenza derivi da comportamenti fiscalmente irregolari, ovvero se essa derivi da insufficienze produttive dell’azienda o da inefficiente organizzazione dell’attività. Qualora, in base alle verifiche effettuate, emergano, ad esempio, componenti di costo non contabilizzate che risultano rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, si potrà procedere ad accertamento in base a tale strumento, tenendo conto dei ricavi o dei compensi presunti che derivano dalla considerazione di tali nuovi elementi. Va infine segnalato che le eventuali anomalie riscontrate negli indici di coerenza non possono dar luogo ad “adeguamento” da parte del contribuente.

I nuovi ISA

Gli Indici sintetici di affidabilità fiscale (Isa) rappresentano un nuovo strumento attraverso il quale si intende fornire a professionisti e imprese un riscontro accurato e trasparente sul loro livello di affidabilità fiscale. Introdotti con il decreto legge n. 50/2017, dal periodo d’imposta 2018 gli Isa sostituiscono definitivamente gli studi di settore e i parametri e consentono agli operatori economici di valutare autonomamente la propria posizione e di verificare il grado di affidabilità su una scala di valori che va da 1 a 10. Per i lavoratori autonomi e le imprese che risultano “affidabili” sono previsti significativi benefici premiali. A seconda del valore raggiunto, per esempio, possono essere esclusi da alcuni tipi di controlli o beneficiare della riduzione dei termini per gli accertamenti da parte dell’Agenzia delle entrate o essere esonerati dall’apposizione del visto di conformità per la compensazione dei crediti d’imposta. La metodologia utilizzata per elaborare e applicare gli Isa tiene conto di una pluralità di indicatori, sostanzialmente riconducibili a due gruppi: - indicatori elementari di affidabilità; - indicatori elementari di anomalia. La media del valore dei singoli indicatori elementari esprime, da 1 a 10, il punteggio Isa e rappresenta il posizionamento del contribuente: più alto sarà il valore dell’indice maggiore sarà l’affidabilità fiscale. Per l’attribuzione del punteggio Isa, il contribuente deve comunicare all’Agenzia delle entrate, attraverso gli appositi modelli, i propri dati economici, contabili e strutturali rilevanti.

La sentenza della Cassazione

Una società contribuente riceveva un atto impositivo per Ires, Iva ed Irap, con il quale venivano determinati maggiori ricavi per il periodo di imposta 2004, sulla base degli studi di settore. L’atto impositivo veniva impugnato innanzi la Ctp che accoglieva il ricorso. La sentenza era confermata anche dalla Ctr. In particolare, i giudici del merito ritenevano che lo scostamento del 15% dal risultato di Gerico, senza alcun altro elemento, non era sufficiente a giustificare i maggiori ricavi. L’agenzia ricorreva così in Cassazione, lamentando, in sintesi, che la decisione del collegio regionale non considerava l’attività nel suo complesso, per la quale lo scostamento rilevato era particolarmente significativo. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33794/21, ha accolto il ricorso del Fisco stabilendo che l’Amministrazione finanziaria può procedere ad accertamento induttivo, solo quando venga ravvisata una «grave incongruenza» rispetto ai ricavi determinati da Gerico. I giudici hanno poi ricordato che secondo altre pronunce della medesima Corte, sono scostamenti lievi e quindi inidonei alla rettifica dei redditi, quelli del 4,23% (Cass. n. 1748/2017), del 7% (Cass. n. 20414/2014), del 10% (Cass. n. 2637/2019) e del 21% (Cass. n. 22946/2015). Da ultimo, la Suprema corte ha ritenuto sufficiente per determinare la grave incongruenza uno scostamento superiore al 10% (Cass. n. 10503/2021). La nozione di “grave incongruenza”, però, non può essere ricavata avendo riguardo in via assoluta a precise soglie quantitative fisse di scostamento, dovendosi invece considerare plurimi fattori propri della singola situazione economica, del periodo di riferimento ed in generale della stessa storia commerciale del contribuente destinatario dell’accertamento, oltre che del mercato e del settore di operatività dell’impresa. Nel caso di specie, la Ctr aveva affermato l’insussistenza della grave incongruenza in base ad un valutazione sostanzialmente astratta, ritenendo che lo scostamento del 15%, calato nella realtà produttiva siciliana e paragonato con realtà produttive analoghe di altre regioni, non potesse considerarsi grave. Viceversa, avrebbe dovuto appurare se la percentuale di scostamento del 15%, fosse grave e rilevante, tenuto conto, non solo dell’ammontare dei ricavi dichiarati rispetto a quello risultante dall’accertamento induttivo, ma anche in considerazione dei concreti fattori caratterizzanti la singola realtà economica dell’impresa.


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Ultima modifica il 29/11/2021

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