La predisposizione di un NDA, acronimo di Non Disclosure Agreement, in italiano Accordo di Riservatezza o Accordo di Non Divulgazione

 

A cura dell’Avv. Laura Manzoni, partecipante dell'Executive Master in Avvocato di Affari.


Spesso ci si trova nella pratica di fronte all’esigenza di tutelare informazioni sensibili riferibili ai propri clienti, alle loro attività professionali o imprenditoriali, alle operazioni nelle quali gli stessi possano essere coinvolti, largamente in ambito precontrattuale ma anche nel corso di rapporti contrattuali (di fornitura, di lavoro, di co-produzione di determinati prodotti industriali) già perfezionati ed in vigore fra le parti.

Si pensi a tutte le situazioni prodromiche alla conclusione di un contratto in genere, nazionale o internazionale (di commercio, compravendita immobiliare, acquisto o cessione di quote societarie), all’avvio di start up ed agli investimenti di varia natura, alle attività di fundraising crowfunding,  alle richieste di  consulenze o altri generi di servizi (servizi bancari, per dirne una), o a rapporti contrattuali già in essere nel corso dei quali le parti vengano a conoscenza di dati, informazioni, liste clienti, know how o segreti industriali e commerciali.

Si pensi insomma a tutte le occasioni nelle quali nel mondo del business entrino in gioco informazioni che, se incautamente divulgate o anche solo rese note al nostro diretto interlocutore, esporrebbero  tutti coloro che ne sono in possesso al rischio di vedersele indebitamente rivelate nonché utilizzate impropriamente, a vantaggio esclusivamente altrui e per scopi del tutto estranei all’accordo, con pregiudizi di varia natura in capo al legittimo titolare.

In questi casi può essere opportuno, e ormai di solito  ci si fa ricorso, la predisposizione di un NDA, acronimo di Non Disclosure Agreement, in italiano Accordo di Riservatezza o Accordo di Non Divulgazione, normalmente sottoscritto fra le parti nella fase di avvio delle trattative negoziali, ma anche inserito sotto forma di specifica clausola contrattuale nei rapporti già in essere.

Spesso cristallizzati in formulazioni standardizzate, reperibili (pericolosamente) anche online, tali specie di accordi in realtà non hanno nulla di convenzionale e richiedono al contrario di volta in volta  un’attenzione particolare al caso concreto ed alle esigenze di tutela che mirano ad ottenere, con specifico riferimento all’oggetto cui la tutela si riferisce.

Nella predisposizione di un NDA quindi, per quanto semplice possa apparire il caso concreto e stringato il contenuto dell’accordo da sottoscrivere, è sempre utile - e talvolta imprescindibile - il ricorso ad un professionista esperto di tale fattispecie  contrattuale e della  materia di riferimento dell’oggetto specifico della tutela, in grado di effettuare caso per caso le opportune valutazioni.

Perché  l’NDA - ove sottoscritto -  è un contratto a tutti gli effetti, atipico e con effetti obbligatori, giuridicamente vincolante fra soggetti giuridici che -nell’ambito di trattative  precontrattuali o nella vigenza di rapporti contrattualmente già disciplinati-  convengono espressamente che determinate informazioni  confidenziali che condividono debbano rimanere riservate e non possano essere utilizzate per scopi e/o secondo modalità diverse  da quelle  concordate.

La disciplina di riferimento, quanto all’ordinamento giuridico italiano, è il principio  di correttezza e buona fede cui devono essere  generalmente improntati i rapporti contrattuali (C.C. artt. 1337, “Trattative e responsabilità precontrattuale”; 1366 “Interpretazione di buona fede”; 1375 “Esecuzione di buona fede”) e la condotta da tenersi in genere nell’adempimento delle obbligazioni (art. 1175, “Comportamento secondo correttezza”), e secondo il quale esiste un  generale dovere di correttezza e di reciproca lealtà di condotta nei rapporti giuridici, che si sostanzia nell’obbligo per i contraenti di mantenere un comportamento oggettivamente ispirato a tali valori nei momenti fisiologici dell’atto negoziale.

Principio generale tendenzialmente assente negli ordinamenti di common law, dove un obbligo in tal senso sussiste solo se  espressamente previsto da un contratto giuridicamente valido ed efficace, risultando pertanto la sottoscrizione di un NDA nei contratti internazionali cautela imprescindibile.

Ma come deve essere strutturato un NDA, quali elementi deve contenere, e soprattutto quale tutela effettiva offre in caso di inosservanza degli obblighi nello stesso previsti?

L’atipicità del negozio consente naturalmente ampio spazio di predisposizione del testo contrattuale secondo le esigenze del caso concreto, che come sempre il professionista incaricato modulerà secondo le esigenze proprie del cliente che assiste.

Lo scambio di informazioni confidenziali può essere unilaterale, se una sola parte rivela  ed una sola parte condivide e si impegna alla non divulgazione,  o bilaterale/plurilaterale (le parti possono essere anche più di due), se tutte le parti dell’accordo rivelano e reciprocamente si impegnano  alla non divulgazione.

In ogni caso fondamentale, partendo dalle premesse dell’accordo, è la corretta individuazione delle Parti obbligate alla riservatezza, specie quando sono coinvolti gruppi societari, con partners situati in diversi paesi (in tal caso è opportuno che la receiving party sia obbligata a garantire il mantenimento della riservatezza da parte di tutte le società del gruppo); o quando la receiving party si avvalga nella fattispecie di un’organizzazione  propria (dipendenti, consulenti tecnici, collaboratori, professionisti) o esterna ad essa, con soggetti terzi (collaboratori esterni): in entrambi i casi  è importante prevedere  chi ha diritto di accedere alle informazioni riservate e con chi la receiving party possa o meno condividere le stesse.

Sarà opportuno quindi prevedere che l’accesso alle informazioni riservate da parte di terzi sia possibile solo se autorizzato espressamente per iscritto dalla disclosing party, con  assunzione da parte del terzo autorizzato - tramite dichiarazione espressa dello stesso - dei medesimi obblighi di riservatezza ed impegno alla non divulgazione e non condivisione delle informazioni riservate con altri soggetti non vincolati dal NDA, e con previsione di responsabilità solidale in capo alla disclosing party del rispetto delle obbligazioni dell’NDA da parte dei terzi autorizzati.

Di altrettanto fondamentale importanza la compiuta ed esatta individuazione delle informazioni coperte dalla tutela, peraltro di difficile formulazione.

Un elenco analitico e dettagliato delle stesse, infatti (incluso nel testo dell’NDA o trasfuso in specifico  allegato allo stesso), che parrebbe prima facie   la soluzione preferibile, oltre a non essere sempre possibile (si pensi ai progetti di R&S o ad altre ipotesi di partnership a lungo termine) presenta comunque  alcune criticità, ad esempio se dall’elenco dovesse risultare di fatto esclusa  o non chiaramente inclusa la singola informazione che   interessa, per essere stata la stessa  trasmessa in modalità non tracciabile con certezza (ad es. allegata ad una email), o non chiaramente in possesso della receiving party prima della firma dell’NDA.

Una valida alternativa può essere quella di prevedere che le informazioni riservate siano individuate mediante apposite diciture apposte materialmente su documenti allegati, su materiale di supporto o nella comunicazione di trasmissione degli stessi.

Una categorizzazione di conoscenze che costituiscono le informazioni riservate invece comporterebbe il rischio di ricadere in previsioni generiche.

Molto utilizzata la previsione di una clausola di salvaguardia, che escluda in ogni caso le informazioni che dovessero risultare di comune dominio o liberamente ottenibili o già di conoscenza della receiving party.

Occorre dunque fare molta attenzione al caso di specie per la concreta individuazione delle informazioni confidenziali, risultando di fatto tale processo più facile avendo presente le esigenze delle parti e soprattutto (come sempre) della parte che si rappresenta.

Altro elemento di cui tenere conto è la durata dell’accordo: è importante la previsione di un limite temporale o  di una condizione di validità legata a particolari eventi, quali la perdita del carattere di segretezza di una informazione o la sottoscrizione di un contratto definitivo con inclusione di una apposita clausola di riservatezza.

Ancora una volta tutto dipende dallo scopo per il quale si condividono le informazioni, e dalla natura delle stesse:  può essere breve e limitata (si pensi alle  trattative per  un acquisto immobiliare, dove l’NDA serve soprattutto ad evitare che il potenziale acquirente “bypassi” l’intermediario una volta ricevuta la documentazione e sia interessato all’acquisto, in tal caso la durata può essere prevista fino alla conclusione del contratto preliminare o del rogito, o commisurata alla disponibilità dell’affare da parte dell’intermediario), o indeterminata (ad es. se ha ad oggetto know how o segreti industriali non brevettabili, liste di clienti o informazioni personali); normalmente coincide con la durata economica delle informazioni e varia dai 3 ai 5 anni.

Quanto alle obbligazioni nascenti dalla sottoscrizione di un NDA (oggetto di specifiche previsioni normative per le informazioni commerciali, artt. 98 e 99 del Codice della Proprietà Industriale), va rilevato che l’obbligo di riservatezza (che implica l’obbligo di custodia diligente delle stesse) e di non divulgazione incombente sulla receiving party va esteso espressamente anche al non utilizzo delle informazioni riservate.

Un errore ricorrente nei modelli di NDA infatti è la previsione dell’obbligo per la receiving party del solo mantenimento della riservatezza delle informazioni, senza impedirne espressamente l’utilizzo, che peraltro spesso risulta più pericoloso della mera divulgazione: si pensi ad imprese concorrenti, dove la receiving party possa sviluppare tecnologie o brevetti proprio sulla base dei segreti industriali acquisiti, pur senza divulgarli.

Non va dimenticato l’obbligo di  restituzione delle informazioni ottenute dalla controparte alla scadenza dell’accordo, da disciplinarsi con previsioni contrattuali precise e puntuali sempre con riguardo al caso concreto ed alla natura delle informazioni oggetto di condivisione.

Molto complessa potrebbe risultare infatti   la verifica dell’effettiva distruzione delle informazioni ricevute; la condivisione delle informazioni esclusivamente in formato elettronico (come un’area riservata in cloud o sul server della disclosing party, accessibile solo con username e password individuali assegnati alle persone autorizzate) è sicuramente il metodo più valido e sicuro a garanzia di una corretta restituzione, oltre che di una modalità sicura e tracciabile di condivisione delle informazioni in genere.

Importante anche specificare il motivo alla base della condivisione delle informazioni riservate fra le parti, ossia lo scopo esatto della condivisione, ancora una volta con riguardo al caso concreto, all’evidente fine di evitare l’estensione della condivisione stessa a scopi estranei all’accordo: se si deve incontrare un investitore, lo scopo sarà quello di ottenere il finanziamento necessario alla realizzazione di un progetto imprenditoriale;  se si è dipendenti o collaboratori di un’azienda  dedicati ad un progetto innovativo, lo scopo sarà quello di tutelare la segretezza dell’attività aziendale; se stiamo promuovendo una operazione immobiliare, lo scopo sarà quello di lasciare fare al potenziale acquirente investitore le opportune valutazioni di interesse all’acquisto.

In ogni caso  la condivisione dovrà essere espressamente collegata agli scopi previsti dall’NDA, che dovranno essere specifici ma sufficientemente ampi in modo da coprire il rapporto fra le parti nella sua globalità.

Negli accordi internazionali, da ultimo (ma senza pretesa alcuna di esaustività  dell’esposizione, data la variegata casistica sul tema), non va dimenticata  la previsione della legge applicabile e del foro competente, nonché della lingua (o della versione linguistica)  che le parti convengono debba prevalere  in caso di incongruenze fra una lingua e l’altra.

All’inadempimento degli impegni assunti con l’NDA consegue, secondo i principi generali del nostro ordinamento giuridico, l’obbligo di risarcire il danno che ne deriva, nelle due componenti  della perdita  patrimoniale causata in concreto dalla  violazione (danno emergente) e della perdita di un’occasione di guadagno (lucro cessante).

Ma quale in concreto la tutela risarcitoria?

In realtà, quantificare l’effettivo danno causato dall’indebita  divulgazione ed utilizzo di informazioni riservate individuate in un NDA è spesso difficoltoso, e va valutato in relazione al caso concreto con l’ausilio di professionisti esperti, anche con competenze tecniche  diverse a seconda delle  diverse  fattispecie e voci di danno derivate dalla violazione.

E’  quindi prassi l’inserimento nell’NDA di una clausola penale (nel nostro ordinamento giuridico, art. 1382 c.c.) che preveda una quantificazione predeterminata del pregiudizio derivato dall’inadempimento, e che avrà l’effetto di limitare a tale somma il risarcimento del danno a prescindere da qualsivoglia supporto probatorio diverso dal mero inadempimento alle obbligazioni contrattuali, ove non sia prevista espressamente la risarcibilità del danno ulteriore.

La quantificazione della penale dovrà essere ragionevolmente commisurata al danno che si presume possa derivare dalla violazione della segretezza o dall’utilizzo delle informazioni riservate, e potranno (ed anzi è consigliabile) venire previsti  diversi importi a titolo di penale a seconda delle violazioni   in concreto configurabili.

In ogni caso  allo scopo sarà opportuno valutare cosa prevede la legge applicabile all’NDA per la validità della clausola penale, per evitare il rischio che in caso di contenzioso il Giudice adìto ritenga la clausola invalida perché di importo eccessivo, o riduca la penale ad una somma ritenuta congrua (come accade nel nostro ordinamento giuridico, art. 1384 c.c.),  o invece (come deciso dalla Suprema Corte Russa, a proposito dell’importanza della legge applicabile nei contratti internazionali) la penale venga addirittura aumentata dall’Autorità Giudiziaria competente in considerazione del caso concreto.

Di fatto può risultare difficile ottenere l’accettazione di un clausola penale in un NDA, soprattutto nell’ambito di affari di entità minore o, ad esempio, quando siano coinvolti investitori nell’avvio di attività di esito incerto: si pensi al mondo delle start up, dove  già  gli stessi NDA rappresentano spesso un freno agli investimenti  anche senza clausola penale.

Ancora una volta starà alla sensibilità del professionista valutare l’opportunità nel caso di specie di inserire o meno una clausola penale, in relazione all’importanza dell’affare, alla posizione della parte rappresentata ed alla convenienza oggettiva della tutela offerta in rapporto alla possibilità di  mandare a monte l’operazione.


Bibliografia

  • Codice Civile Italiano
  • Codice  della Proprietà Industriale (D. Lgs. 30/2005)
  • Corte Suprema Russa, pronuncia del 29.05.2018, caso #A43-26319/2016
  • Codice Civile Russo, art. 333

 

 

Ultima modifica il 21/02/2022