A cura di C. Zasso, (partecipante del Master in Risorse Umane)

In un mondo sempre più frenetico e in una società sempre più veloce e in continuo cambiamento, o liquida, come la definì il sociologo Zygmund Bauman, diventa sempre più necessario formare e far evolvere le persone. Quante volte sentiamo dire che i lavoratori sono stressati e che avrebbero bisogno di giornate più lunghe per fare ciò che dovrebbero fare?

In Italia, nel 2020, circa un lavoratore su due dichiarava di vivere situazioni di stress almeno una-due volte a settimana; questa condizione si è amplificata nel periodo di pandemia che stiamo vivendo, in cui si registrano: ritmi di lavoro più serrati, difficoltà nella gestione dello smart working e un accrescimento della paura di perdere il posto di lavoro. Guardandoci attorno possiamo osservare una moltitudine di comportamenti “stressanti”: spesso nelle aziende, ma soprattutto in chi lavora da casa, troviamo lavoratori che mangiano davanti al computer, segnale che rileva una problematica nel trovare un equilibrio nella gestione del tempo. Ancora, in uno studio è stato dimostrato che oggi le persone non riescono a stare senza stimoli per più di tre minuti: la molteplicità degli stimoli che si ritrovano ad affrontare, l’alta competitività e le richieste sempre più diversificate dei clienti aumentano il livello di stress dei lavoratori; il controllo delle emozioni, in questo senso, gioca un ruolo fondamentale.

L’intelligenza emotiva (IE) è la capacità fondamentale di saper comprendere, sentire e controllare le proprie emozioni e quelle altrui e risulta essere, secondo il World Economic Forum, tra le prime 10 competenze richieste dai recruiter entro il 2020. Nella cultura orientale si parla di IKIGAI, la filosofia giapponese che si esprime nella “ragione di vita” e riguarda il trovare il proprio equilibrio nel lavoro; esso è dato da quattro componenti: fai ciò che ti piace, che sai fare bene, che dia un contributo alla società e che sia remunerativo.

Peter Salovey e John D. Mayer che per primi hanno scoperto l’intelligenza emotiva nel 1990 la definirono come “la capacità che hanno gli individui di monitorare le situazioni proprie e quelle degli altri, discriminando tra vari tipi di emozione ed usando questa informazione per incanalare pensieri ed azioni”.(1) 

Daniel Goleman, noto psicologo che ha poi reso famoso il termine nel suo libro “Intelligenza emotiva” (1995), definisce 5 componenti strutturali dell’IE, le prime tre riferite al gruppo di competenza personale e le ultime due a quella sociale:

  1. Consapevolezza di sé: comprendere i propri stati d’animo, capirne le cause e le conseguenze. Chi non si conosce non sa quali siano le proprie debolezze e i punti di forza, di conseguenza non avrà fiducia nelle proprie capacità.
  2. Padronanza di sé: l’abilità di autocontrollo dei propri impulsi. Chi non la possiede tenderà a non assumersi rischi e responsabilità e avrà difficoltà ad adattarsi ai cambiamenti.
  3. Motivazione: ciò che ci smuove al raggiungimento degli obiettivi. Chi non sa motivarsi non è proattivo, non ha grande spirito di iniziativa e a causa del mancato ottimismo e dell’incostanza tende ad abbandonare gli impegni appena incontra degli ostacoli.
  4. Empatia: consiste nel percepire, comprendere e sentire i sentimenti altrui come se fossero nostri. Chi è empatico è molto disponibile, attento alle esigenze degli altri e riesce a cogliere le opportunità.
  5. Abilità sociale: la capacità di sapersi relazionare in modo positivo con gli altri di avere appealing e un’influenza sulle persone che ci stanno attorno, di farsi ascoltare e risultare credibile: il 77% dei lavoratori ritiene fondamentale avere un buon rapporto con i colleghi. I leader devono necessariamente possedere questo tipo di competenza per saper motivare e guidare i gruppi; ma è anche vitale per tutta la popolazione aziendale per lavorare in team, per gestire eventuali conflitti e per saper presentare al meglio le proprie idee ed argomentazioni.

Fino a poco tempo fa si prendeva in considerazione solo un tipo di intelligenza, quella intellettiva/cognitiva che comprendeva le abilità logico-matematiche tipicamente insegnate a scuola e misurate dal test del Quoziente Intellettivo (QI), con la prevedibile conseguenza che individui con un QI basso non fossero ritenuti “capaci” quanto quelli con un punteggio più alto. Albert Einstein descrisse bene questo meccanismo erroneo di valutazione, con la frase “Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.

Gardner (1983) dimostrò la veridicità di questa affermazione con la sua teoria sulle intelligenze multiple, ovvero: linguistica, interpersonale, introspettiva, spaziale, corporeo cinestetica, musicale, naturalistica ed esistenziale. Al giorno d’oggi, infatti, le abilità cognitive come la capacità di calcolo e scrittura vengono date per scontate, mentre vengono richieste altri tipi di competenze.  Da vari studi è emerso che a definire il successo di una persona e le qualità di un vero leader sia l’IE: soggetti che la possiedono sono più motivati, ottengono risultati migliori e più soddisfacenti in ambito personale e lavorativo, anche se hanno ottenuto un punteggio o un voto più basso in ambito scolastico-universitario (Goleman). L’IE ha un impatto sia sul singolo individuo, in quanto permette di sviluppare la resilienza e incrementare il livello di creatività e innovazione, sia sul benessere organizzativo, in quanto aumenta la produttività, il profitto e migliora le performance degli individui (job performance). Nonostante alcune persone siano più predisposte a possederla ed altre meno, è un’abilità che può essere imparata nel corso dell’esperienza; diverse ricerche riportano che può essere incrementata fino al 70%. Non a caso moltissime multinazionali, tra cui Google e Axa hanno investito già da tempo sull’intelligenza emotiva. Di solito chi ha un alto QI ha anche un’alta IE, ma la differenza tra un leader mediocre e uno eccellente la fa proprio l’intelligenza emotiva, soprattutto nel caso in cui il lavoro è complesso essa è ancora più fondamentale. Un buon capo, per esempio, deve saper delegare alcune attività a un dipendente, ma sarà restio a farlo se è concentrato su se stesso, se non si fida e non empatizza con i collaboratori, così come non sarà in grado di dare feedback costruttivi ai sottoposti. Oppure non saprà far fronte a problemi se non sa controllare i propri sentimenti e se si fa prendere dal panico.

Ma come si riconosce un’emozione?

Innanzitutto, per poter gestire un’emozione dobbiamo essere in grado di riconoscerla e per esserne consapevoli dobbiamo dare un nome a quell’emozione. Non a casa ci sono molte parole che in alcune lingue non hanno una traduzione: per esempio, la sensazione che si prova quando ci si affida totalmente alle cure di qualcuno di cui abbiamo piena fiducia, come un bambino che si fa cullare tra le braccia della madre, si dice “Amae” in giapponese oppure in indonesiano “Malu” indica «la sensazione improvvisa di sentirsi inferiore oppure a disagio quando ci si trova davanti a persone di uno stato sociale più elevato» . Questi elencati sono solo uno degli esempi di parole che non hanno una corrispondenza in un’altra lingua. E se, come in questo caso non abbiamo un nome? Una soluzione potrebbe essere quella di inventarcela, dopotutto serve a noi stessi per poter avere una bussola e agire al meglio. Come possiamo dedurre, se non si è in grado di gestire le emozioni, esse sono così potenti da sabotare anche individui eccellenti nel lavoro. Tanto è vero che i datori di lavoro richiedono voglia di imparare, capacità di comunicazione, ascolto, di adattamento; in realtà essi osservano che la maggioranza dei dipendenti non sono disposti a migliorare e a formarsi e quasi la metà non è in grado di collaborare con i colleghi.

Riassumendo avere un’alta intelligenza emotiva implica avere delle relazioni più soddisfacenti sia in ambito lavorativo che privato, saper gestire meglio l’ansia e le situazioni stressanti, reagire meglio alle critiche altrui, prendere decisioni efficaci, saper canalizzare e trasformare le emozioni negative e saper valutare meglio le situazioni. Inoltre, da varie ricerche è emerso che, negli ultimi anni, quindi tra i più giovani, c’è stato un aumento del QI, ma una diminuzione dell’Intelligenza emotiva. Alcuni riportano che i giovani spesso prendono i feedback sul personale; ciò invece che dovrebbero comprendere è che quando si fa una critica, essa è sempre rivolta al comportamento e non alla persona. Quindi le aziende dovrebbero investire sempre di più in formazione per sviluppare nei manager e nei dipendenti percorsi di intelligenza emotiva, data l’importanza che ha ed avrà sicuramente in futuro.

Un paradosso della vita lavorativa è che la stessa realtà può essere percepita da una persona come una devastante minaccia, e da un’altra come uno stimolo corroborante” (Goleman).


(1) https://www.peoplewellbe.it/intelligenza-emotiva/riconoscere-gestire-emozioni-azienda/

 

Bibliografia e Sitografia

  • Daniel Goleman, (1995), “Intelligenza emotiva”, Milano.
  • Daniel Goleman (1998), “Lavorare con l’Intelligenza emotiva”, Milano.
  • https://italia.6seconds.org/2020/09/best-practice-intelligenza-emotiva-per-il-business/
  • https://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/societa_diritti/2018/11/07/lintelligenza-emotiva-e-la-nuova-competenza-per-il-successo_0e1fa415-cc94-47b3-b76a-22a9202f00ed.html
  • https://www.kmsenpai.it/organizzazione-risorse-umane/consapevolezza-intelligenza-emotiva/
  • https://www.leadershipmanagementmagazine.com/articoli/intelligenza-emotiva-nelle-pmi-esempi-pratici-per-un-people-management-emotivamente-intelligente/
  • https://www.michaelpage.it/advice/consigli-di-carriera/migliorare-la-propria-carriera/l%E2%80%99importanza-dell%E2%80%99intelligenza-emotiva
  • https://www.repubblica.it/economia/miojob/lavoro/2020/07/11/news/stress_da_lavoro_un_italiano_su_due_ne_e_vittima-260847735/
  • https://www.rivistastudio.com/dare-un-nome-alle-emozioni-che-non-conosciamo/
  • https://www.ttisuccessinsights.it/ripartire-dallintelligenza-emotiva/
  • https://www.uppa.it/psicologia/emozioni/sviluppo-intelligenza-emotiva/

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Ultima modifica il 24/05/2021

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