A cura di R. Tancredi (partecipante del Master in Risorse Umane)

La formazione aziendale è una delle più importanti strategie di gestione delle risorse umane, poiché si caratterizza come fattore chiave, di eccellenza, nell’affermarsi di un’organizzazione sul proprio mercato di riferimento (Herrero, 2000). Entro un ambiente in continua evoluzione, investire attivamente e continuativamente in programmi formativi mirati allo sviluppo del capitale umano è estremamente essenziale per evitare diminuzioni di produttività da parte degli individui e per rimanere competitivi nei confronti dei propri concorrenti (Ruiz et al., 2020).

In questa direzione, diviene fondamentale un’attenta pianificazione ed esecuzione dell’analisi dei fabbisogni formativi, intesa come il processo atto a determinare i bisogni di formazione peculiari dell’azienda (Goldstein and Ford, 2002). Il bisogno corrisponde alla manifestazione di uno stato di necessità in cui l’equilibrio ha subito una rottura e la sua rilevazione rappresenta non soltanto la prima fase del processo formativo ma anche, per certi aspetti, la sua fase principale: quest’ultimo si costruisce a partire da essa ed è solamente in seguito alla conformità dell’analisi dei bisogni che si riesce o meno ad ottenere il raggiungimento degli obiettivi declinati, siano essi organizzativi o formativi. In altri termini, per cogliere e risolvere le effettive cause che sono alla base di precisi processi critici e garantire i migliori risultati in tema di ritorno economico, performance organizzative e benessere dei dipendenti, è sostanziale progettare ed eseguire correttamente il momento dedicato alla raccolta dati, senza sottovalutarlo o considerarlo superfluo. Offrire percorsi preconfezionati o soluzioni formative che non siano pensate a misura delle reali esigenze di aziende e destinatari ha effetti negativi e inefficaci, specie in uno scenario mutevole e dinamico quale quello attuale, in cui il futuro e il successo di un’impresa sono imprescindibili da una formazione legata al processo personale di ciascuno, e dunque da action learning.

La richiesta di un’analisi o valutazione dei bisogni, il più delle volte, proviene dalla committenza aziendale, la quale esplicita le proprie esigenze organizzative (dettate da input interni o esterni) attraverso una domanda di intervento formativo, che può essere rivolto ad uno specifico settore o, più raramente, all’intera azienda (Mosca, 2012). Solitamente, i gap organizzativi, professionali o individuali che emergono dall’analisi dei bisogni e che si intendono colmare sono riconducibili a carenze o depotenziamento di alcune competenze o abilità specifiche, le quali, nei termini di Barney e Wright (1998), raffigurano per l’azienda una delle principali fonti di vantaggio competitivo sostenibile − ossia quella posizione nel target market che consente di incassare nel lungo periodo maggiori profitti rispetto alla media dei propri competitor. 

Belcourt (1999) ha distinto la valutazione dei bisogni in tre sistematiche fasi:

  1. la prima, di analisi organizzativa, mirata a comprendere il contesto di riferimento e a definire gli obiettivi;
  2. la seconda, di analisi del compito, finalizzata a identificare sia il tipo di prestazione richiesta sia le competenze e conoscenze necessarie per eseguirla;
  3. la terza, di analisi della persona, il cui scopo è di rilevare le caratteristiche e le necessità formative degli utenti.

Il vantaggio derivato da tale valutazione è dunque duplice: da un lato, l’azienda avrà l’opportunità di migliorare i propri risultati; dall’altro, mediante il potenziamento delle competenze personali, gli attori coinvolti potranno avanzare professionalmente (Quaglino, 1981). Tutte e tre le fasi appena descritte risultano doverose ed indispensabili, sia nei termini di chiarificazione delle specifiche misure da adottare per apportare i miglioramenti attesi sia a livello di selezione dei dati atti a comprovare gli investimenti legati alle attività di formazione.    

Esistono molteplici tecniche, di natura quantitativa e qualitativa, volte ad esaminare e determinare i fabbisogni formativi di un’organizzazione, ed è compito del formatore individuare e selezionare quelle maggiormente rispondenti alle esigenze di ricerca, ai destinatari e agli obiettivi. In effetti, non vi è un esatto modello di riferimento da seguire o una metodologia universalmente accettata (Deplano, 1994). Fra le più adoperate per l’indagine spiccano l’osservazione partecipata, i focus group, le interviste dirette o indirette e i questionari più o meno strutturati, e affinché sia condotta una buona ed oggettiva analisi è opportuno effettuare un uso combinato delle stesse. Ad esempio, infatti, sebbene l'osservazione possa apparire di difficile applicazione in una realtà aziendale, essa si propone particolarmente valida in aggiunta a interviste e questionari che forniscono indicazioni insoddisfacenti o contrastanti con le sensazioni del ricercatore.

Consecutivamente all’impiego delle metodologie e strumenti citati e alla raccolta delle adeguate informazioni, occorrerà analizzare meticolosamente gli elementi acquisiti e impostare, seppur orientativamente, finalità, modalità e vincoli progettuali (economici, temporali e psicosociali). Ciò significa che sarà necessario stilare una bozza di rèport, quanto più completa e dettagliata possibile, che andrà confrontata e discussa con la committenza. Del processo di analisi dei bisogni finora trattato, il rèport al committente − ponendosi come sintesi di quanto appreso sul campo e come linea guida dei percorsi risolutivi che potranno essere implementati e intrapresi − ne costituisce lo step finale; tuttavia, allo stesso tempo, è molto importante riconoscere ch’esso divenga anche il trampolino di lancio per la costruzione del progetto formativo aziendale, gettando dunque le basi per la fase esecutiva.

In conclusione, è evidente come l’esattezza o l’erroneità dell’analisi oggetto di approfondimento possa modulare l’intero processo di formazione. E, all’interno del quadro delineato, è bene precisare che i rischi ad essa connessi non sono pochi. In alcune circostanze, ricercare o concretizzare i dati assimilati può presentarsi difficile, ma ancor più pericoloso può essere il tempo che intercorre tra la valutazione effettuata e il panorama di riferimento (considerato al momento dell’intervento): potrebbero essere avvenuti mutamenti capaci di vanificare gli sforzi eseguiti in precedenza. Tale è il motivo per cui, nonostante si concordi sulla rilevanza da attribuire a questa prima fase del processo formativo, in realtà, tuttora vi è un crescente alone di incertezze e dubbi attorno ad essa; di conseguenza, gli studi e gli approfondimenti futuri intimano di dirigersi secondo questa significativa prospettiva.


Bibliografia

  • Barney J., Wright P. (1998). On Becoming a Strategic Partner. The Role of Human Resources in Gaining Competitive Advantage. Human Resource Management, 37(1), 31-46.
  • Belcourt M. (1999). Managing Human Resources (2nd ed.). Toronto: Thomson Nelson.
  • Deplano V. (1994). Analisi dei bisogni formativi. Pubblicazione inedita.
  • Goldstein I., Ford J. (2002). Training in organizations: Needs assessment, development and evaluation (4th ed.). Belmont: Wadsworth.
  • Herrero P.P. (2000). Evaluación del impacto de la formación de las organizaciones. Educar, (27), 119-133.
  • Mosca R. (2012). L’analisi dei bisogni di formazione in azienda e la progettazione di un intervento formativo. Tigor. Rivista di scienze della comunicazione, A.IV n.2.
  • Quaglino G.P. (1981). Il processo di formazione. Milano: FrancoAngeli.
  • Ruiz M., Igartua J.I., Mindeguia M., Orobengoa M. (2020). Understanding and representation of organizational training programs and their evaluation. International Journal of Production Management and Engineering.

​​Questi ed altri temi sono affrontati nel Master in Risorse Umane.

Ultima modifica il 14/05/2021

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