A cura del Dott. Salvatore Liguori, partecipante all’Executive Master in Amministrazione Del Personale e Consulenza del Lavoro

Nell’attuale panorama socioeconomico, sempre più competitivo e brulicante di aziende, si è reso sempre più rilevante distinguersi attraverso l’attuazione politiche di welfare aziendale verso i dipendenti o categorie omogenei di essi.

Il concetto di welfare aziendale è sintetizzabile nella volontà dell’azienda di porre in essere iniziative al fine di migliorare il clima lavorativo, il benessere dei dipendenti e in generale la qualità della loro vita mediante l’erogazione di svariati benefit in aggiunta alla normale retribuzione.

Queste misure permettono di contenere – come approfondito di seguito – il costo del lavoro e, allo stesso tempo, di offrire ai dipendenti un valore incentivante tale da contrastare il sempre minore potere d’acquisto e soprattutto bilanciare la vita lavorativa con quella privata. 

Nell’ampio ventaglio delle iniziative rientranti nel welfare aziendale possiamo annoverare, a titolo esemplificativo: buoni pasto, auto aziendali, rimborsi per spese di trasporto o scolastiche, rimborsi per utenze e mutui, abbonamenti a palestre o assistenza sanitaria integrativa.

Oltre ai vantaggi fiscali, quelli del welfare nelle aziende sono diversi:

  • aumento della produttività e del profitto;
  • meno assenteismo e turnover aziendale;
  • aumento della reputazione aziendale;
  • maggiore attrattività per i talenti;

L’importanza crescente del tema è, come anticipato, perfettamente testimoniabile dalla presenza di una precipua normativa rinvenibile nel TUIR1 che disciplina, a vario titolo: erogazioni liberali, premi di risultati, esenzioni fiscali e contributive relative a benefit per dipendenti e/o propri familiari.

All’interno del vasto mondo di welfare aziendale, sono rinvenibili distintamente anche i fringe benefit che, pur orbitando nell’ampia politica di welfare, hanno comunque una propria disciplina mantenendo punti di contatto con gli obiettivi del welfare sebbene sia frequente confondere i due termini come sinonimi.

Vi sono, infatti, delle differenze evidenti tra i due istituti da analizzare con precisione.

Difatti con il welfare aziendale si vuole corrispondere un vantaggio non retributivo, legato principalmente al cd. work-life balance mentre attraverso i fringe benefit si corrisponde una retribuzione in natura, aggiuntiva a quella “ordinaria” prevista.

In aggiunta, il welfare aziendale deve essere introdotto necessariamente per la totalità dei dipendenti o una categoria omogenea di essi, per libera volontà dell’impresa (accordo sindacale, regolamento interno) o per espressa previsione del CCNL applicato. I fringe benefit, invece, possono essere corrisposti anche al singolo dipendente mediante un semplice accordo individuale.

Per quanto attiene al trattamento fiscale e contributivo, il welfare aziendale è interamente deducibile (se promosso con accordo sindacale o regolamento2 vincolante) mentre i fringe benefit sono esenti sino alla somma annuale di € 258,233: nel caso in cui detta somma venga superata alla fine dell’anno, l’intera somma diverrà imponibile sia fiscale che contributivo4. C’è da precisare che la somma esente sopra riportata è oggetto di modifiche dalla Legge di Bilancio annuale e che – per il triennio 2025-2027 – è pari a € 2.000,005 in caso di figli fiscalmente a carico6 mentre in caso contrario è pari € 1.000,00.

La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto, inoltre, l’innalzamento del limite a € 5.000,00 per due anni dall’assunzione in presenza di alcuni requisiti specifici:

  • neoassunti a tempo indeterminato durante l’annualità 2025;
  • trasferimento della residenza oltre 100 KM stabilendola nel comune del luogo di lavoro;
  • reddito del lavoratore, durante il 2024, non superiore a € 35.000,00;
  • le somme a titolo di fringe benefit erogabili riguardano spese di manutenzione e/o canoni di locazione e/o pagamento delle utenze e/o interessi del mutuo per l’acquisto della prima casa;

Tuttavia, avendo distinto adeguatamente tra welfare e fringe benefit, quest’ultimi risultano rappresentativi di una leva strategica del welfare, è opportuno specificare che esistono particolari modalità di calcolo, a seconda dei beni/somme corrisposti/e secondo detta normativa.

I principali fringe benefit erogati ai dipendenti mirano all’assegnazione di prestiti, di auto aziendali, di fabbricati/immobili, di buoni pasto: ciascuno con una peculiare modalità di calcolo e/o soglia di esenzione, di seguito analizzate più nel dettaglio.

Per quanto attiene ai prestiti erogati ai dipendenti, ai sensi del TUIR7, il calcolo del fringe benefit equivale al 50% della differenza tra l’importo a titolo di interessi calcolato e l’indice ufficiale di riferimento del tasso di interesse (cd. TUR) a scadenza di ciascuna rata o, nei casi di tasso fisso, alla data di concessione del prestito.

Anche la disciplina delle automobili8 concesse ai dipendenti è stata profondamente modificata dalla Legge di Bilancio 2025, promuovendo una modalità di calcolo basata sul tipo di alimentazione e non più sulle emissioni di CO².

Pertanto, dal 2025 la modalità di calcolo è stabilita moltiplicando 15.000 km convenzionali annuali per il costo chilometrico previsto dalle tabelle ACI9 per la percentuale stabilita da dette tabelle, variabili a seconda dell’alimentazione del veicolo.

In particolare, in ottica di ecosostenibilità, la percentuale prevista per i veicoli a benzina/diesel è pari al 50%, a differenza dei veicoli completamente elettrici pari al 10% o ibridi plug-in pari al 20%.

Per assicurare la progressiva implementazione delle nuove misure, è stata introdotta una clausola di salvaguardia che prevede l’applicazione del precedente regime di tassazione per i veicoli concessi in uso promiscuo tra il 01/07/2020 ed il 31/12/2024 e per quelli concessi nel primo semestre 2025 purché ordinati entro il 31/12/2024.

Per la concessione di un immobile10, dell’impresa o di terzi, al dipendente prevede una disciplina a seconda dell’obbligo o meno di dimora di quest’ultimo.

Difatti, per un immobile concesso al dipendente – senza obbligo di dimora – si assume quale valore del fringe benefit la differenza tra la rendita catastale e le spese inerenti all’immobile non sostenute dall’utilizzatore (utenze luce, acqua, gas, TARI, spese condominiali, spese telefoniche) e quanto addebitato/concesso al dipendente utilizzatore.

Nel caso di un immobile concesso ad un dipendente con obbligo di dimora (ad esempio, un custode dello stesso) la modalità di calcolo è pari al solo 30% della differenza come sopra calcolata.

In mancanza di iscrizione al Catasto (ad esempio, immobile sito all’estero) il fringe benefit sarà pari alla differenza tra il valore del canone di locazione in regime vincolistico (o in mancanza, in regime di libero mercato) e quanto addebitato/corrisposto al dipendente, senza differenza tra obbligo o meno di dimora.

Per la concessione dei buoni pasto11, le somme di esenzione fiscale e contributiva giornaliere previste sono pari a € 4,00 per i buoni pasto erogati in forma cartacea ed € 8,00 per i buoni pasto erogati in formato digitale.

Volgendo uno sguardo al loro utilizzo o meno, varie ricerche hanno evidenziato non solo un aumento dei consumi legato a questi strumenti12 pari al 0,8% ma anche del loro utilizzo, maggiore del 10% nel 2024 rispetto al 2023.

Nonostante questi dati incoraggianti, la loro concessione è legata prevalentemente a medie-grandi aziende strutturate mentre le PMI sono ancora indietro nel loro utilizzo, spesso legato a questione economiche o di cultura aziendale.

In un contesto moderno, spesso legato a fenomeni inflattivi pressocché rilevanti, la concessione di tale strumento può consentire realmente di trarre un beneficio tangibile per il lavoratore (somme aggiuntive alla retribuzione) che per l’impresa (esenzione fiscale e contributiva).

Ad oggi, dando seguito a quanto anticipato in premessa, si rende quasi “necessario” integrare la retribuzione attraverso l’adozione di politiche di fringe benefit, spesso in sinergia con politiche di welfare aziendale, quale leva strategica per attirare e fidelizzare capitale umano.


  1. Artt. 12, 49, 50, 51, 52 e 100 del D.P.R. 917/1986;
  2. Interpelli Agenzia delle Entrate regione Lombardia n. 954/2016, 1417/2016, 913/2017 e 807/2017;
  3. Art. 51, co. 2 lett. B) del D.P.R. 917/1986;
  4. Circolare Agenzia delle Entrate n. 326/E del 23/12/1997;
  5. L. 207/2024.
  6. Sono considerati fiscalmente a carico i figli di età non superiore a 24 anni con un reddito complessivo uguale o inferiore a 4.000 euro, al lordo degli oneri deducibili mentre il reddito scende a 2840,51 se con età superiore a 24 anni (sino al massimo di 29 anni).
  7. Art. 51, co. 4 lett. B) del D.P.R. 917/1986;
  8. Art. 51, co. 4 lett. A) del D.P.R. 917/1986;
  9. https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2024/12/30/24A07021/SG
  10. Art. 51, co. 4 lett. C) del D.P.R. 917/1986;
  11. Art. 51, co. 2, lett. C) del D.P.R. 917/1986;
  12. https://www.repubblica.it/economia/rapporti/osserva-italia/trend/2024/04/10/news/i_fringe_benefit_nel_2024_hanno_contribuito_alla_crescita_dei_consumi_dello_08-422456796/
  13. https://www.forme.online/2025/01/13/come-sono-andati-fringe-benefit-nel-2024/

 

FONTI:

D.P.R. 917/1986;
INTERPELLI A.d.E. Lombardia n. 954/2016, 1417/2016, 913/2017 e 807/2017;
L. 207/2024;
CIRCOLARE A.d.E. N. 326/E del 23/12/1997;
Gazzetta Ufficiale;
https://www.aci.it/
https://www.forme.online/;
https://www.repubblica.it/;