I bias cognitiv: pregiudizi che allontanano dal giudizio corretto

Quotidianamente tutti noi veniamo bombardati da un numero incalcolabile di informazioni provenienti dal mondo esterno. Il cervello umano, per cercare di ridurre gli sforzi di classificazione e di recepimento di tali informazioni, si serve di scorciatoie mentali, dette bias cognitivi. I bias cognitivi sono definiti come pregiudizi che allontanano la persona da un giudizio corretto e oggettivo. Anche all’interno delle organizzazioni aziendali possono emergere tali distorsioni e i recruiter, come tutti gli esseri umani, possono rimanervi imbrigliati. Le attività di reclutamento del personale sono molto delicate dal momento che i lavoratori assunti entreranno a far parte dell’organizzazione e giocheranno un loro ruolo nella determinazione dei risultati. Sempre più aziende sostengono che le risorse umane rappresentino la vera chiave del vantaggio competitivo e, proprio per tale funzione nevralgica, diventa fondamentale condurre un processo di selezione che sia equo, trasparente, in linea con la cultura aziendale e rispondente degli obiettivi d’impresa. Per queste ragioni è di primaria importanza che il recruiter conosca queste distorsioni e come esse agiscono, così da adoperarsi per neutralizzare gli effetti distorsivi che potrebbe impattare la selezione.

Di seguito vedremo alcuni dei pregiudizi che possono emergere durante una selezione di lavoro.

  • L’effetto alone si manifesta nelle situazioni in cui il selezionatore esprime un giudizio complessivo basandosi su un’impressione derivante da una singola caratteristica del candidato, sia essa positiva o negativa. Uno degli studi condotti nell’ambito della psicologia sociale ha evidenziato come, nel processo di selezione, spesso si verifichi l’associazione automatica della bellezza ad altre peculiarità positive, come la bontà e l’intelligenza. Questo pregiudizio ha la meglio sulle valutazioni di altri fattori importanti, come l’esperienza e le competenze lavorative. Durante il medesimo studio è emerso che, di sovente, i reclutatori intervistati hanno dichiarato di non essere consapevoli dell’influenza subita da tale distorsione. Durante la selezione, l’utilizzo di strumenti tecnici ben strutturati, come le tabelle di valutazione create a seconda delle caratteristiche necessarie per il ruolo ricercato, possono aiutare il recruiter a focalizzarsi sugli attributi essenziali da valutare.
  • Diversamente, l’effetto ancoraggio ha una rilevanza nei processi di selezione quando il vissuto del recruiter, sia in campo lavorativo che inerente alla sua sfera personale, ha un impatto sulla valutazione. Nello specifico, ciò accade allorquando delle esperienze pregresse similari vengono utilizzate per formulare un valore àncora da utilizzare come metro di giudizio. Nella selezione, il reclutatore potrebbe essere tentato a ricercare le stesse caratteristiche richieste in situazioni pregresse per un ruolo analogo, e poi tali caratteristiche si potrebbero rivelare insussistenti per le mansioni da svolgere. Qualora il recruiter volesse utilizzare come monito e guida esperienze del passato, è sempre opportuno procedere a verifica e aggiustamento delle stesse in relazione alle nuove esigenze.

Le organizzazioni moderne stanno sempre più promuovendo degli ambienti di lavoro che siano attenti ai temi della diversità e dell’inclusione. Un ambiente di lavoro diversificato contribuisce a migliorare le prestazioni dei team, la creatività degli individui e i risultati in termini di guadagni economici. Diventa fondamentale, allora, arginare bias razziali e di gender che si verificano nelle situazioni in cui donne, persone di età adulta, persone di diverse culture o persone con disabilità hanno meno chances di superare le fasi di reclutamento ed essere assunte. La Harvard Business Review ha condotto uno studio che ha dimostrato che, nel momento in cui i CV proposti ai selezionatori non riportavano il nome del candidato, ma solo informazioni sulle competenze, studi e soft skills, le candidate donne scelte erano state un numero maggiore rispetto alla situazione pregressa, nella quale la selezione era avvenuta con i dati anagrafici esplicitati. Quindi, l’utilizzo di sistemi di selezione che limitino questa tipologia di informazioni potrebbe incrementare le possibilità di creazione di un ambiente lavorativo orientato all’inclusione.

Questi sono solo alcuni dei bias che possono ingannare il recruiter nel suo obiettivo primario: selezionare la persona giusta per il posto giusto. Per massimizzare le possibilità che l’obiettivo venga raggiunto è necessario che egli riconosca se e quando tali distorsioni emergono, mettendo in discussione la validità delle sue esperienze passate e credenze. Come disse Aristotele: To give a satisfactory decision as to the truth it is necessary to be rather an arbitrator than a party to the dispute.”

 

Bibliografia e Sitografia

  • Russo J. E., Schoemaker P., (1989), Decision traps: the ten barriers to brilliant decision-making and how to overcome them, Simon & Schuster, New York
  • Nisbett R. E., Wilson T. D., (1977), The Halo Effect: Evidence for Unconscious Alteration of Judgements, in Journal of Personality and Social Psychology
  • Salomi M., (2016), Biases. Errori cognitivi, affettivi e relazionali della vita quotidiana, Kimerik Editore
  • https://www.ebcconsulting.com/errori-di-giudizio-nel-colloquio-di-selezione.html/
  • https://it.jobrapido.com/blog/news/combattere-i-pregiudizi-durante-il-processo-di-reclutamento-consigli-per-le-risorse-umane-4858/
  • https://hbr.org/2020/03/research-to-reduce-gender-bias-anonymize-job-applications/

A cura di M. Palmigiano (partecipante del Master in Direzione del Personale

​Questi ed altri temi sono affrontati nei Master in Gestione del Personale.

Ultima modifica il 02/02/2021

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