A cura di A. Tanchella (partecipante del Master in Risorse Umane)

Il termine intelligenza emotiva viene introdotto negli anni 90 da due studiosi americani Peter Salovey e John D. Mayer e poi viene ripreso e rielaborato da Daniel Goleman, psicologo tutt’ora vivente. L’ Intelligenza emotiva identifica la gestione delle emozioni e nel lavoro ha un ruolo importante. Essa riguarda innanzitutto i rapporti con i nostri colleghi, capi e dirigenti. Gestione dello stress e conflitti con gli altri ed  emotività sono gli aspetti di questo settore dell’intelligenza umana. Goleman tratta questo tema in molti testi e arricchisce la sua trattazione con esempi pratici di persone che hanno vissuto situazioni varie di difficoltà in azienda. Egli, analizzando questi casi, rileva che la componente emotiva ha avuto un ruolo rilevante nella vita professionale di molte persone[1]. Talvolta l’insuccesso è dovuto alla gestione delle emozioni, più che alle competenze tecniche delle persone soggette a queste situazioni di disagio. Oggi questo concetto può aiutarci a capire il successo di molte persone e leader aziendali. Un esempio è Sergio Marchionne (1952-2018), amministratore delegato di FIAT e altre aziende che fanno parte di questa multinazionale. Egli ha saputo essere un vero leader, ha saputo occupare questa posizione con autorevolezza. Il suo operato oggi è oggetto di studio e analisi e rappresenta un esempio per le nuove generazioni di dirigenti che emergeranno in futuro[2].

Un altro aspetto sottolineato da Goleman è che l’intelligenza emotiva rappresenta una delle capacità in grado di guidare l’uomo verso il successo e le competenze che dirigono questo processo sono la creatività, la capacità di reagire agli insuccessi e l’autostima.

Questi aspetti emergono soprattutto nelle situazioni di difficoltà, durante le quali le persone sono esposte alle critiche, alla messa in discussione e alla necessità di reagire agli insuccessi.

Quest’ultimi, più di altri, indagano la sfera emotiva delle persone, mettono al centro le difficoltà in modo realistico. Insegnano a migliorare sé stessi per andare avanti, saper trovare il modo giusto per essere ottimisti e trovare il giusto modo di relazionare con gli altri.

Esempi di professioni che sono esposte a queste problematiche sono i tecnici informatici e la figura dell’account manager. I primi menzionati sono coloro che, secondo Goleman, dovranno saper sviluppare soluzioni innovative di fronte alla sempre più crescente digitalizzazione delle informazioni e all’avanzamento della robotica nell’industria[3]. Diverso invece, è il caso del secondo ruolo professionale citato: essi, di fronte alle trattative, dovranno saper essere empatici, saper trasmettere fiducia nei clienti e in coloro ai quali offrono servizi.

Tutti questi aspetti citati sono al centro della formazione professionale, nel senso che oggi le aziende dedicano tempo e investono soldi per formare il proprio personale in modo che sappia essere pronto ad adeguarsi a questi fenomeni che stiamo vivendo[4]. Oggi un’impresa di qualsiasi settore per poter essere competitiva e sostenibile deve saper investire in questa direzione, motivando i propri dipendenti a sviluppare progetti a lungo termine. In Italia e all’estero questo fenomeno sta acquistando dimensioni significative, nel senso che molte imprese investono in questo settore e in America abbiamo casi di molte imprese che lavorano in questo verso, dando ai propri dipendenti programmi di formazione che sappiano formarli sul piano delle SOFT SKILLS, una delle armi del futuro per garantire crescita e competitività[5]. I giovani che si affacciano sul mondo del lavoro oggi sono sempre più chiamati ad avere spirito critico, a saper interpretare al meglio i fenomeni sociali più rilevanti e a saperli rielaborare in modo da essere leader un domani nel lavoro. Importante poi è lo spirito d’innovazione, inteso come capacità di saper proporre innovazione, e questo aspetto, ricordiamo, lo ritroviamo nei tecnici informatici

L’investimento nelle risorse umane rappresenta, come possiamo capire, uno degli aspetti più importanti da curare nel prossimo futuro. Le risorse, una volta scelte e assunte, andranno formate in modo da tenere alta la motivazione e a saper affrontare al meglio il proprio lavoro. 

Qui entrano in gioco anche i responsabili delle risorse umane di un’azienda i quali, oltre a selezionare, dovranno saper formare anche dal punto di vista delle soft skills. In questo modo si saprà affrontare al meglio tutte le maggiori sfide del domani come la sostenibilità e l’espansione verso mercati più vasti[6].

In questo sfondo culturale si colloca la figura di Sergio Marchionne, capace di essere leader di una delle maggiori multinazionali del mondo, esempio confermato poco dopo la sua morte da Ernersto Auci, uno dei suoi più stretti collaboratori. Egli afferma a tal proposito: «Marchionne aveva fatto studi umanistici e più volte mi disse che il suo massimo impegno stava nel cercare di capire gli uomini. E questo è fondamentale, sia quando si deve assumere un collaboratore a cui affidare responsabilità, sia quando in una trattativa si deve comprendere la vera natura dell’interlocutore con cui si deve arrivare ad un accordo, al di là della barriera dei tecnici e degli avvocati»[7].

 

[1] Il tema è molto complesso sul piano concettuale e dottrinale e presenta diverse elaborazioni. Testi che aiutano ad inquadrarlo sono: D. Goleman, Intelligenza emotiva, che cos’è e perché può renderci felici, RCS & Grandi Opere, Milano, 1996 e D. Goleman, Lavorare con intelligenza emotiva, RCS Libri, Milano,1996. Si tratta di un concetto molto flessibile che può essere declinato in qualsiasi contesto lavorativo. Goleman supporta la sua trattazione citando anche prestigiosi neuro-scienziati americani come Antonio Damasio il quale in diversi testi tratta il tema della relazione mente-corpo e di come il cervello influenza le nostre emozioni. Cfr A. Damasio, Alla Ricerca di Spinoza, Adelphi, Milano, 2003.

[2] Esempi di libri che parlano di questo tema sono: M. Ferrante, Marchionne. L’uomo dell’impossibile, Mondadori, Milano, 2018 e  P. Bricco, Marchionne lo straniero. L'uomo che ha cambiato per sempre l'industria mondiale dell'auto, Rizzoli, 2018. In questi libri si ripercorre la biografia di Marchionne e come egli ha saputo costruire il suo successo personale e professionale. Un altro testo significativo elaborato mentre era ancora in vita è Chi comanda è solo. Sergio Marchionne in parole sue, a cura di F. Bogliari, Rizzoli Etas, 2012. In quest’opera vengono proposte una serie di affermazioni che pronunciò in occasione di conferenze e altri tipi di iniziative utili per chi esercita posizioni di comando all’interno delle imprese.

[3] La digitalizzazione delle informazioni sta portando alla diffusione del concetto di comunità di pratica, ovvero «un insieme  spontaneo di persone, per lo più di non grandi dimensioni, che si sviluppa in contesti organizzati più ampi, fra persone che condividono gli stessi interessi alla luce di una medesima visione ideologica della materia condivisa.», in L. M. Massimo e R. Massimo, Gestione e valorizzazione delle risorse umane, Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 2019, p. 202

[4] Luisa M. Massimo e R. Massimo nel testo Gestione e valorizzazione delle risorse umane sottolineano che una parola chiave che spiega il periodo che stiamo vivendo è complessità. Essa indica una svolta, sottolinea che bisogna guardare al cambiamento come l’esempio di un fattore endemico, fisiologico. Sul fronte aziendale indica la gestione dell’impresa, la necessità di costruire un ambiente partecipativo e collaborativo.

[5] Un interessante articolo che illustra come stiamo affrontando la gestione del cambiamento è Come rendere efficace la gestione del cambiamento (cebglobal.com) all’interno del quale vengono presentate statistiche che ci mostrano come le aziende stanno affrontando il cambiamento e come si stanno preparando a viverlo. Una statistica, in particolare, fa molto riflettere: il 66% dei Responsabili HR ritiene che il cambiamento debba essere portato a termine in tempi brevi e si studino approcci per affrontarlo. Tra questi approcci una strategia fondamentale è il dialogo e il coinvolgimento proattivo dei dipendenti. Anche in questo caso l’elemento umano potrà fare la differenza.

[6] Le risorse umane sottolineano gli autori sopracitati avranno un ruolo centrale nella costruzione delle decisioni e il loro compito nel prossimo futuro sarà quello di:«paziente costruzione di una cultura di responsabilizzazione dei capi, di maggior orientamento alla comunicazione e nella legittimazione di un proprio ruolo di consulente, dotato di specifiche capacità di facilitazione dei processi.», in G.De Feo, Le competenze delle risorse umane e quelle organizzative, in Sviluppo & Organizzazione, n. 157, Este-Bocconi, Milano, 1996.

[7] Ernesto Auci, Vi racconto come si lavorava con Sergio Marchionne, https://www.startmag.it › Economia.

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