A cura di R. Ferlin e S. Galbiati (partecipanti in area Legale) 

Gli enti pubblici godono della capacità giuridica di diritto privato e, dunque, in linea di massima, possono utilizzare gli strumenti di diritto comune per svolgere le proprie azioni e perseguire i loro fini. In tema di strumenti di diritto comune, quindi, l’ente pubblico può stipulare contratti purché tale attività abbia attinenza con la propria finalità pubblica(1): tale finalità è condizione necessaria affinché la P.A. stipuli contratti che rispettino i tre principi cardine dettati nell’art. 97 Cost.:

  • legalità;
  • buon andamento;
  • imparzialità.

Dunque, alla base della finalità pubblica (o evidenza pubblica) vi è “la necessità di superare la reciproca irriducibilità degli interessi che costituiscono l’oggetto del regolamento contrattuale(2) , poiché la scelta del contraente privato da parte della P.A. avviene al termine di un iter procedurale che consenta di dare pubblico rilievo alle ragioni sottese alla scelta stessa ed alle metodiche seguite per raggiungerla. Ciò posto, è bene ricordare sinteticamente quali siano le leggi fondamentali per indire una gara di pubblico appalto e, di conseguenza, anche quelle cui faranno riferimento le imprese private che vorranno rispondere al bando. Il Codice di contratti pubblici veniva emanato con D.Lgs. del 12 aprile 2006, n. 113. Nel 2016, tale codice, con D.Lgs. del 18 aprile 2016, n. 50 veniva abrogato e, contestualmente, entrava in vigore il Codice dei contratti pubblici di appalto, e di concessione di servizi, forniture, lavori ed opere(3).

Una delle principali novità introdotte dal nuovo Codice sono le cc.dd. soglie di rilevanza comunitaria: esse sono classi di valore suddivise per lavori, servizi e forniture che, in funzione del loro importo, possono avere un valido interesse a livello comunitario(4). Nel caso in cui il valore del contratto rientri in una classe di rilevanza comunitaria, l’ente appaltante deve seguire una procedura conforme alle direttive europee sugli appalti pubblici in tema di pubblicità e concorrenza. Lo scopo precipuo è allargare la platea dei partecipanti a tutti gli operatori interessati, ovviamente se in possesso dei requisiti richiesti. Il novellato Codice distingue anche – e soprattutto – tra settori ordinari e speciali, con relativi scaglioni di valore. I settori speciali vengono recepiti nel nuovo Codice direttamente con la direttiva europea 2014/25: tali settori vengono definiti speciali nel titolo stesso e, infatti, riguardano i contratti pubblici in materia di gas, energia termica, acqua, trasporti, servizi postali e sfruttamento di area geografica(5).

A 5 anni di distanza dal momento nel quale scriviamo, alcune modifiche sono state apportate al nuovo Codice. Le più importanti, sicuramente, sono quelle introdotte col Decreto Semplificazioni(6) nel 2020. Senza pretesa di districarsi in quella che, in molti aspetti, è ancora una selva oscura, e senza volontà di ripetere le novità – per le quali è sufficiente la lettura del D.L. stesso – si vogliono proporre alcune brevi riflessioni. Al fine di incentivare gli investimenti e di far fronte alle ricadute economiche a seguito dell’emergenza sanitaria, sono state ridefinite le soglie sia per i contratti sopra che sotto e, di conseguenza, anche le procedure per la conclusione degli stessi. Con una peculiarità fondamentale: la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente deve essere adottato entro il 31 dicembre 2021 (inizialmente il termine per i contratti sopra soglia era stato posto al 31 luglio 2021). Tutto, dunque, sembrerebbe destinato ad un effettivo rilancio per l’economia e per le imprese, grazie al regime provvisorio. Eppure, il richiamo dantesco di cui sopra non è casuale: tra D.L. e legge di conversione si sono introdotti 65 nuovi articoli, 470 nuovi commi, alcune disposizioni temporanee e derogatorie, altre, invece, che vanno a modificare a regime il Codice(7). In sostanza, un rilevante incremento – in termini numerici – dei testi di riferimento e un’accentuata frammentazione dei regimi giuridici, sia in senso contenutistico sia in senso cronologico. Sorge istintivamente una domanda: dove risiede la volontà di semplificazione?

Il Decreto Semplificazioni ha previsto due modalità di affidamento dei contratti pubblici sotto soglia: l’affidamento diretto per lavori, servizi e forniture fino ad euro 150.000 di valore; la procedura negoziata senza bando con consultazione di almeno 5 imprese (nel rispetto del criterio di rotazione degli inviti e tenendo conto della loro dislocazione territoriale) per opere tra 150.000 e 350.000 euro di valore, 10 imprese per opere tra 350.000 e 1 milione di euro di valore, 15 imprese fino a 5 milioni di euro di valore. Prima facie sembrava aperta alla P.A. la possibilità di ricorrere o alle procedure semplificate in deroga o a quelle ordinarie. Dunque, si tratterebbe di una facoltà di scelta demandata alla P.A., e non un obbligo. La questione rimaneva aperta anche con la conversione in legge del Decreto. Il Ministero delle Infrastrutture, anzi, con parere(8)  del settembre 2020 rafforza questa contraddittorietà. Quindi, ancora, dove emerge la volontà di semplificazione? Inoltre, secondo uno Studio di Banca d’Italia(9), per l’intero ciclo di realizzazione delle opere pubbliche occorrono, mediamente, circa 4,9 anni di cui: 2,1 anni per la progettazione, 0,6 per l’affidamento, 1,6 per la realizzazione e 0,4 per la messa in funzionalità(10). Ciò conduce ad una granitica considerazione: se la P.A. decide di utilizzare la procedura ordinaria, non può pretendere i tempi disposti dalle norme in deroga, né le semplificazioni procedurali previste. Altrimenti non si chiamerebbe procedura “ordinaria” ma “in deroga”.

Eppure, ad una così semplice considerazione finora il Legislatore non è giunto, e le interpretazioni fornite come quella del Ministero delle Infrastrutture si contraddicono al loro stesso interno. Cui prodest tutto questo? Questa risposta ancora non è possibile averla. Serve un biennio affinché le imprese possano familiarizzare con la nuova disciplina con il Legislatore che – si auspica – fornisca maggior certezza al diritto. È pur vero che nel settore degli appalti e delle concessioni, gli obiettivi tipici di qualunque intervento di codificazione devono necessariamente essere modulati in ragione del carattere temporalmente non definito della disciplina di riferimento(11).  In tale settore, perciò, l’orizzonte temporale di qualunque disciplina coincide con quello (tendenzialmente decennale) della normativa UE di riferimento con la conseguenza che, anche il migliore dei codici, non potrebbe aspirare ad una vita utile superiore a 10 anni.

Dunque, vogliamo concludere con le parole – che noi condividiamo in toto – proprio dell’Avv. Contessa: “in caso contrario il rischio – fin troppo concreto – è che si pervenga al termine di tale parabola (e al varo ormai imminente del nuovo “pacchetto normativo” UE) senza che il sistema nazionale in materia di appalti e concessioni sia stato in grado di assicurare alle amministrazioni e alle imprese adeguati livelli di equilibrio e di certezza delle regole(12).



(1) La finalità pubblica o c.d. “evidenza pubblica”, così come definita da M.S. GIANNINI, in Diritto Amministrativo, Milano, 1993, pagg. 363 ss., utilizzata per descrivere l’iter amministrativo che conduce alla stipula dei contratti di diritto privato da parte della P.A., “consta di due procedimenti paralleli: l’uno è il procedimento di formazione della volontà contrattuale quale disciplinato, con alcune varianti, dalle norme di diritto privato; l’altro è un procedimento amministrativo che si sviluppa tra l’autorità che intende concludere e/o ha concluso il contratto (l’autorità contrattante) e l’autorità che su di essa esercita il controllo. In tale procedimento l’autorità contrattante spiega le ragioni di pubblico interesse per le quali vuol addivenire o è addivenuta a quel contratto avente quel certo contenuto, e perché vuol scegliere o sceglie o ha scelto quella controparte; la seconda controlla i giudizi le decisioni e le procedure a cui la prima intende addivenire o è addivenuta”.

(2) F. TRIMARCHI BANFI, Il diritto privato dell’amministrazione pubblica, in Diritto Amministrativo, 2004, Fasc. 4, Pag. 663.

(3) Il nuovo Codice è entrato ufficialmente in vigore il giorno seguente, il 19 aprile 2016, con la pubblicazione del D.Lgs. che lo istituiva in Gazzetta Ufficiale. Il nuovo Codice veniva emanato recependo le Direttive Europee 23/24/25 del 26 febbraio 2016.

(4) L’art. 35 del Codice individua le soglie dei contratti “sopra”, disponendo i vari scaglioni, mentre i contratti cc.dd. sotto soglia sono regolati dall’art. 36 del Codice in parola.

(5) Brevis. I settori speciali sono considerati tali perché riguardano, in generale, attività corrispondenti a bisogni fondamentali di ogni cittadino europeo: attengono, dunque, ad ogni servizio erogato direttamente al pubblico e, anche solo teoricamente, esercitabili con metodo imprenditoriale (con la remunerazione dell’attività attraverso il corrispettivo versato dall’utenza e dalla contribuzione pubblica al servizio). Nel diritto europeo, difatti, i servizi corrispondenti ai settori speciali, con siffatte caratteristiche, rientrano nei cc.dd. servizi di interesse economico generale.

(6) D.L. Semplificazioni del 16 luglio 2020, n. 76, convertito con legge 11 settembre 2020, n. 120, denominata “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale”.

(7) Significativa l’osservazione di C. CONTESSA, Le novità del “Decreto Semplificazioni”, ovvero: nel settore dei contratti pubblici esiste ancora un “Codice”?, in Urbanistica e Appalti, Milano, n. 6, 2020, pag. 758: “In alcuni casi (come nel caso del collegio consultivo tecnico di cui all’art. 6 D.L. n. 76/2020) il Legislatore decide di sostituire in toto discipline primarie di cui non era stato ancora possibile saggiare in concreto l’effettiva funzionalità, mentre in altri casi si opta per la proroga di efficacia di alcune disposizioni ad tempus del “Decreto sblocca-cantieri” del 2019, in tal modo palesando una sorta di temporanea rinunzia da parte del Legislatore alla scelta se portare a regìme la disciplina di alcuni istituti oggetto di sperimentazione (considerando la stessa conclusa in senso positivo), ovvero se considerare chiusa negativamente tale fase sperimentale, con conseguente abbandono dell’intento di modificare a regìme la disciplina di settore”.

(8) Il MIT, con parere 24 settembre 2020, n. 735, afferma: “Con riferimento a quanto richiesto si rappresenta che il decreto semplificazioni, convertito con legge n. 120/2020 prescrive l’applicazione delle procedure enucleate all’art. 1, comma 2 del richiamato decreto. Non si tratta di una disciplina facoltativa; le nuove procedure sostituiscono infatti, fino al 31 dicembre 2021, quelle contenute all’art. 36 del d.lgs. 50/2016. Si tratta di procedure di affidamento più snelle e “semplificate”, introdotte nell’ottica di rilanciare gli investimenti ed accelerare gli affidamenti pubblici. Tenendo conto di tale finalità, cui è sotteso il nuovo assetto normativo in materia di contratti pubblici, si ritiene che non sia comunque precluso il ricorso alle procedure ordinarie, in conformità ai principi di cui all’art. 30 del d.lgs. 50/2016, a condizione che tale possibilità non sia utilizzata per finalità dilatorie. Gli affidamenti dovranno avvenire comunque nel rispetto dei tempi previsti dal nuovo decreto e potranno essere utilizzate le semplificazioni procedimentali introdotte. In tal caso, si consiglia di dar conto di tale scelta mediante motivazione”.

(9) Dati tratti da C. CARLUCCI, C. GIORGIANTONIO, T. ORLANDO, Tempi di realizzazione delle opere pubbliche e loro determinanti, in Questioni di Economia e Finanza, (Occasional Papers), Divisione Editoria e Stampa della Banca d’Italia, Roma, n. 538, Dicembre 2019.

(10) In particolare, porre attenzione al grafico “Durate mediane delle fasi e tempi mediani di attraversamento (anni)”, C. CARLUCCI, op. cit., pag. 12.

(11) Questo se ne deduce da C. CONTESSA, Codice dei contratti pubblici: è il casa di riscriverlo ora?, in www.giustizia-amministrativa.it, 2019.

(12) C. CONTESSA, Le novità del Decreto Semplificazioni, op. cit., pag. 782.
 

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Ultima modifica il 06/04/2021

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