A cura di L. Carnevale (partecipante del Master in Avvocato di Affari)

Introduzione
Il nostro ordinamento giuridico considera incapaci, ovvero coloro che sono privi della capacità di agire (art. 2 cod. civ.), i seguenti soggetti:
• I minori soggetti alla responsabilità genitoriale1;
• I minori sottoposti a tutela2;
• Gli interdetti3;
• I minori emancipati;
• Gli inabilitati.
Per le prime tre categorie di soggetti si parla di incapacità assoluta, in quanto il soggetto è giudicato dall'ordinamento inidoneo alla cura dei propri interessi, cosicché egli non possa compiere validamente alcun atto giuridico. Per le ultime due categorie di soggetti si parla di incapacità relativa o parziale. Al soggetto parzialmente incapace è riconosciuta una limitata attitudine al valido compimento di atti giuridici, in particolare gli è concesso compiere atti di ordinaria amministrazione, mentre per compiere atti di straordinaria amministrazione necessita di un curatore. A queste categorie di soggetti si aggiunge il beneficiario dell’amministrazione di sostegno, la cui incapacità è circoscritta nel decreto di nomina.

Il legislatore ha predisposto un sistema di autorizzazioni per le attività giuridiche dell’incapace, in modo che il giudice possa rendere effettiva la contemperazione fra tutela e libertà del soggetto, applicando al caso concreto i principi dell’utilità, del bisogno e della conservazione del patrimonio dell’incapace.
Nell’ambito della tutela del soggetto incapace, il legislatore ha disciplinato anche l’attività d’impresa, al fine di non limitare l’eventuale svolgimento di attività commerciali e, al contempo, mirando a non danneggiare l’incapace con atti speculativi. La seguente analisi è suddivisa in base al grado di incapacità del soggetto che svolge attività commerciale.

I minori soggetti alla responsabilità genitoriale
In tale ipotesi l’attività d’impresa non è svolta dal minore ma dai genitori congiuntamente.
Nel caso di mancanza di uno dei genitori, sarà l’altro ad esercitare il potere rappresentativo.
In particolare la categoria di soggetti in questione non può iniziare una nuova attività commerciale, ma può soltanto continuare l’esercizio di un’impresa, come stabilisce il quinto comma dell’art. 320 cod. civ. Ne consegue che l’autorizzazione del tribunale, su parere del giudice tutelare, può essere concessa relativamente ad un’azienda già esistente.
La ratio di tale previsione normativa risiede nella volontà del legislatore di limitare i rischi a cui è sottoposto l’imprenditore commerciale, tra cui il fallimento. Tale rischio si ritiene ridotto nel caso di continuazione dell’attività d’impresa, dato che si possono valutare i costi e le perdite in base ai precedenti esercizi4.

I minori sottoposti a tutela e gli interdetti
Nell'ipotesi di mancanza di entrambi i genitori, o di conflitto di interessi5, il potere rappresentativo viene attribuito ad un tutore. Anche per tale categoria di soggetti vale il limite imposto dal legislatore della continuazione di un’impresa già esistente, come stabilisce l’art. 371, n. 3), cod. civ. Per la continuazione dell’esercizio dell’impresa si richiede la delibera del giudice tutelare, su proposta del tutore e sentito il protutore, a cui si aggiunge l’autorizzazione del tribunale, il quale effettua una valutazione dei rischi per il patrimonio del minore. La medesima disciplina si applica agli interdetti, in virtù del rinvio operato dal legislatore nell’art. 424, primo comma, cod. civ. L’interdetto è sempre sostituito da un tutore nominato dal giudice, preferibilmente tra i parenti dell’incapace.

I minori emancipati
L’emancipato è colui che, raggiunta l’età di sedici anni, sia stato autorizzato ed abbia contratto matrimonio. Tale soggetto è considerato dal legislatore parzialmente capace. L’art. 397 cod. civ. stabilisce che “Il minore emancipato può esercitare un'impresa commerciale senza l'assistenza del curatore, se è autorizzato dal tribunale, previo parere del giudice tutelare e sentito il curatore.” Inoltre “può compiere da solo gli atti che eccedono l'ordinaria amministrazione, anche se estranei all'esercizio dell’impresa”. Dunque il minore emancipato diventa un soggetto capace, salvo le limitazioni legate alla minore età, quali, ad esempio, fare donazioni o testamento, accettare l’eredità con beneficio di inventario.

Il minore emancipato, a differenza delle precedenti categorie di incapaci, potrà non solo continuare l’esercizio di un’impresa, ma anche dare inizio ad un’attività commerciale nuova.
Tuttavia non viene meno la vigilanza del curatore, il quale potrà sempre richiedere la revoca dell’autorizzazione, nel caso in cui il minore si dimostri non più capace di gestire l’attività commerciale.

Gli inabilitati
L’inabilitato, così come il minore non emancipato e l’interdetto, può soltanto continuare l’esercizio di un’impresa commerciale, non anche iniziarne una nuova. Così stabilisce l’art. 425 cod. civ. L’inabilitato sarà assistito dal curatore per il compimento di ogni atto relativo all’impresa commerciale ed il giudice può subordinare l’autorizzazione alla nomina di un institore. Quest’ultimo avrà i poteri previsti dall’art. 2204 cod. civ.6

Secondo la dottrina dominante7, la nomina dell’institore non ha bisogno di una specifica autorizzazione, perché si ritiene atto pertinente all’esercizio dell’impresa commerciale, dunque già compreso nel provvedimento che autorizza l’inabilitato alla continuazione dell’impresa.
Il curatore vigilerà anche sull’attività dell’institore. Bisogna precisare che il curatore non può essere nominato institore8.

Il beneficiario dell’amministrazione di sostegno9
Per tale soggetto non è prevista una disciplina per lo svolgimento dell’attività d’impresa, in quanto la sua incapacità è circoscritta nel decreto di nomina dell’amministratore di sostegno emesso dal giudice tutelare, il quale definisce i limiti della capacità.
La dottrina prevalente10 osserva che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno è da ritenersi capace di agire, ad eccezione delle specifiche situazioni per le quali sia stato nominato l’amministratore di sostegno. Ne consegue che se nel provvedimento di nomina non è indicata alcuna limitazione, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno potrà svolgere qualsiasi attività d’impresa, sia continuandola che iniziando una nuova attività.

Il conflitto di interessi tra rappresentante e rappresentato
Il rappresentante potrebbe non essere idoneo al suo ruolo nell’ipotesi in cui vi sia conflitto di interessi con l’incapace. Il legislatore non dà una definizione di conflitto di interessi, che troviamo in una pronuncia giurisprudenziale, la quale afferma che “si ha conflitto di interessi quando, nel compimento di un determinato atto, al vantaggio di un soggetto si oppone lo svantaggio di un altro soggetto11.
I caratteri tipici del conflitto di interessi sono: l’incompatibilità, l’attualità, la potenzialità e la patrimonialità:

  • Si ha incompatibilità quando il soddisfacimento dell’interesse di un soggetto, porta come naturale conseguenza, il sacrificio dell’altro.
  • Inoltre il pregiudizio può essere attuale, quindi possono valutarsi nell’immediato gli eventuali svantaggi che deriverebbero al rappresentato.
  • Ma il pregiudizio può essere anche potenziale, nel senso che non è necessario che sia effettivo ma si ritiene sia sufficiente anche un mero pericolo di pregiudizio.
  • Infine, il conflitto di interessi deve riguardare il patrimonio, non anche un pregiudizio morale. Ciò si evince dall’ultimo comma dell’art. 320 cod. civ. dove si parla di conflitto di interessi “patrimoniali”.

Nell’ipotesi in cui sorga conflitto di interessi, il rimedio consiste nella nomina di un soggetto estraneo in rappresentanza dell’incapace, tale terzo soggetto è il curatore speciale12.

Ipotesi particolari di partecipazione degli incapaci all’attività d’impresa
Un’ipotesi particolare di partecipazione degli incapaci all’attività d’impresa riguarda l’acquisto a titolo di erede.
Per le società di persone si applica l’art. 2284 cod. civ. 13, in base al quale i soci superstiti devono liquidare all’erede del socio defunto la sua quota. Il legislatore ammette, però, le clausole di continuazione, se già previste nell’atto costitutivo. Quelle ammesse sono le cosiddette clausole di continuazione facoltativa che consentono all’erede di decidere se entrare a far parte della compagine sociale oppure optare per la liquidazione della quota.
In tali ipotesi l’autorizzazione dell’incapace sarà di competenza del giudice delle successioni ai sensi dell’art. 747 cod. proc. civ.14

Nell’ipotesi di acquisto della quota sociale a titolo di legato, la dottrina prevalente15 sostiene che il legato si acquista in automatico senza necessità di accettazione, ma sarà necessaria l’autorizzazione del giudice (tribunale ordinario o giudice tutelare a seconda dell’incapace beneficiario) per confermare l’acquisto già avvenuto ipso iure. La competenza non spetterà al giudice delle successioni, in quanto si tratta di bene legato e non di bene ereditario.

Ci si è chiesti se l’incapace possa essere amministratore di una società di persone e la dottrina prevalente ha ritenuto di rispondere positivamente in quanto l’ordinamento consente all’incapace, debitamente assistito, di svolgere attività d’impresa in forma individuale, ammettendo implicitamente che egli possa essere amministratore dell’impresa stessa.

Passando alla tipologia di società in accomandita semplice, bisogna evidenziare che se l’incapace assume la qualifica di socio accomandante, potrà non solo continuare l’esercizio dell’impresa, ma anche iniziarne una nuova in virtù della responsabilità limitata. Per quanto riguarda le società di capitali, non esistendo il rischio della responsabilità illimitata, il legislatore non ha posto dei limiti alla partecipazione degli incapaci sia a società preesistenti che di nuova costituzione. Il limite che sussiste lo troviamo all’art. 2382 cod. civ. in base al quale gli incapaci non possono essere nominati amministratori di una società per azioni. E tale norma si applica per analogia anche alla società in accomandita per azioni, di conseguenza l’incapace non
può assumere la qualifica di socio accomandatario in detta società.

Ultimo aspetto da analizzare riguarda l’eventuale autorizzazione dell’incapace per esprimere il proprio voto in assemblea dei soci. La dottrina preferibile ammette che non si ritiene necessaria l’autorizzazione, oltre a quella originaria per la partecipazione in società, se la decisione assembleare riguardi gli interessi della società. Si ritiene, invece, necessaria un’ulteriore specifica autorizzazione nel caso in cui l'assemblea debba deliberare sugli interessi del socio incapace oppure nelle ipotesi di sottoscrizione di azioni di nuova emissione che richiedono l’impiego di capitali da parte dell’incapace.

Il fallimento dell’incapace
Un argomento molto dibattuto riguarda la possibilità di sottoporre l’incapace alle procedure fallimentari. Il legislatore non ha disciplinato l’assoggettabilità al fallimento dell’imprenditore incapace. La dottrina prevalente e, indirettamente, la giurisprudenza ritengono 16 che l’incapace legittimamente autorizzato assuma la qualifica di imprenditore e possa, dunque, essere sottoposto alle procedure concorsuali. Ci si chiede se possano essere applicate tutte le disposizioni previste per il fallimento o se vi siano delle deroghe. Quel che sembra non dubitabile è che la dichiarazione di fallimento comporterà sicuramente lo “spossessamento” e gli altri effetti di natura patrimoniale nei confronti dell’incapace, con l’attribuzione della rappresentanza e dell’amministrazione dell’impresa al curatore fallimentare17.

Per quanto riguarda gli effetti personali subìti dall’imprenditore incapace, le limitazioni trovano applicazione nel caso in cui non sussistessero già in precedenza in capo all’imprenditore stesso. Tali limitazioni conseguenti al fallimento rientrano nell’ambito dell’incapacità giuridica, ma alcune potrebbero coincidere con le attività già precluse all’incapace, a prescindere dal fallimento.
Bisogna effettuare una distinzione tra emancipati ed inabilitati da un lato e minori ed interdetti dall’altro:

  • I primi due, esercitando personalmente l’impresa, seppur assistiti dal curatore, non vengono distinti dagli imprenditori capaci e, di conseguenza, sono soggetti anche agli effetti personali di tipo sanzionatorio (quali, ad esempio, la temporanea incapacità all’elettorato, o l’impossibilità di essere nominato amministratore o liquidatore nelle società)18.
  • I secondi, minori ed interdetti, saranno soggetti agli effetti personali che non perseguono fini sanzionatori.

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  1. La responsabilità genitoriale, che ha sostituto la potestà genitoriale, è stata introdotta 1 dal d.lgs. 54/2013 che ha riscritto gli articoli 315 e ss. del codice civile.
  2. Articoli 343 e ss. del codice civile.
  3. L’articolo 424, primo comma, del codice civile rinvia alla disciplina sulla tutela dei minori.
  4. Auciello, Incapaci e impresa, Milano, 2009, p. 5.
  5. Si veda paragrafo 7.
  6. Art. 2204 cod. civ. “L’institore può compiere tutti gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa a cui è preposto, salve le limitazioni contenute nella procura. Tuttavia non può alienare o ipotecare i beni immobili del preponente, se non è stato a ciò espressamente autorizzato. L'institore può stare in giudizio in nome del preponente per le obbligazioni dipendenti da atti compiuti nell'esercizio dell'impresa a cui è preposto.”
  7. Tra gli altri Capozzi, Jannuzzi e Lorefice, Stella-Richter e Sgroi.
  8. Jannuzzi e Lorefice, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2004, p. 459.
  9. La legge 9 gennaio 2004, n. 6 ha introdotto l’istituto dell’amministrazione di sostegno agli artt. 404-413 del cod. civ.
  10. Tra gli altri Bortoluzzi, Avagliano, Moretti.
  11. Cass., 17 aprile 1972, n. 1214.
  12. Si vedano artt. 347, 360, 394 cod. civ.
  13. Art. 2284 cod. civ. “Salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano.” Norma alla quale rinvia l’art. 2293 cod. civ. relativo alla società in nome collettivo.
  14. 14 Art. 747 c.p.c. “L’autorizzazione a vendere beni ereditari si chiede con ricorso diretto al tribunale del luogo in cui si è aperta la successione. Nel caso in cui i beni appartengano a incapaci deve essere sentito il giudice tutelare. Il giudice provvede sul ricorso con decreto, contro il quale è ammesso reclamo a norma dell’articolo 739. Se l’istanza di autorizzazione a vendere riguarda l’oggetto d’un legato di specie, il ricorso deve essere notificato al legatario.”
  15. Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2009, p.1140 ss.
  16. Cass., Sez. I, 9 febbraio 1965, n. 210, in Mass. Giur. It. 1965, col. 52, la quale stabilendo che “… non assume la qualità d’imprenditore commerciale e non fallisce, l’incapace che sia stato autorizzato a continuare l’esercizio di un’impresa commerciale da un provvedimento del Tribunale rimasto inefficace per difetto di comunicazione al P.M.” riconosce che l’incapace legittimamente autorizzato diventa imprenditore ed è sottoposto a fallimento.
  17. Fiordiliso, L’attività d’impresa dell’incapace: profili fallimentari, Tesi di Dottorato di ricerca in Diritto dell’economia, Università degli studi di Napoli “Federico II”, XVII ciclo, rel. F. Lucarelli, p. 163.
  18. 18 Colussi, Capacità e impresa, 18 Padova, 1974, p. 358.

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Bibliografia

  • Auciello, Incapaci e impresa, Milano, 2009.
  • Avagliano, Atti personalissimi e diritto delle società: tra incapacità parziale e capacità attenuata, in Notariato, 4/2005.
  • Bortoluzzi, L’amministrazione di sostegno, Torino, 2005.
  • Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2009.
  • Colussi, Capacità e impresa, Padova, 1974.
  • Fiordiliso, L’attività d’impresa dell’incapace: profili fallimentari, Tesi di Dottorato di ricerca in Diritto dell’economia, Università degli studi di Napoli “Federico II”, XVII ciclo, rel. F. Lucarelli.
  • Jannuzzi e Lorefice, Manuale della volontaria giurisdizione, Milano, 2006.
  • Moretti, La capacità del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, in Notariato, 4/2005.
  • Santarcangelo, La volontaria giurisdizione nell’attività negoziale, Milano, 2003.
  • Stella-Richter e Sgroi, Delle persone e della famiglia, in Comm. cod. civ. UTET, Torino, 1967.

 

Questi ed altri temi sono affrontati nei Master in Business Law.

Ultima modifica il 03/09/2020

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