A cura di O. Cristofaro, (partecipante del Master in Risorse Umane)

Oggigiorno le aziende, per far fronte al dirompente processo di globalizzazione e trasformazione digitale, devono considerare le loro risorse umane come lo strumento essenziale per mantenere il loro vantaggio competitivo sul mercato. Infatti, un dipendente che viene frequentemente informato e coinvolto nei cambiamenti operativi e che partecipa, quando possibile, alle decisioni strategiche del proprio team, sarà più motivato a contribuire al successo della sua azienda e tenderà a raggiungere più proattivamente i suoi obiettivi. Cercherà, inoltre, di studiare la concorrenza e analizzare le sue competenze, volendo di conseguenza acquisire nuove conoscenze e aggiornare quelle di cui è già in possesso.

La formazione è pertanto un elemento chiave nella proficua gestione delle risorse umane. Tuttavia, talvolta, avviene che i dipendenti interpretino questa opportunità come un’imposizione da parte delle aziende oppure come un’attività interessante ma fine a se stessa, non applicabile nel proprio ambito aziendale. È in questi casi che, oltre ad una precisa comunicazione del piano formativo ai partecipanti, è fondamentale la corretta selezione della figura chiave dell’attività formativa, ossia il docente (o formatore). Il formatore è generalmente un esperto in determinate aree tematiche ma è anche, e soprattutto, il responsabile dell’efficace trasformazione dei contenuti presentati in reale apprendimento, attraverso l’utilizzo di tecniche di coinvolgimento appropriate. Questo non è purtroppo un risultato automatico e facile da raggiungere in quanto i gruppi di persone a cui si rivolge è costituito da diverse personalità, diversi caratteri, diverse esperienze. Il docente quindi, oltre a dover avere ben chiaro l’insieme di elementi di cui si compone il suo intervento (argomento da affrontare o contenuto, scopo dell’intervento, pubblico a cui si rivolge, tempo a disposizione, mezzi da utilizzare per raggiungere lo scopo), deve possedere grandi doti di comunicazione. A tal proposito è importante che tutti i canali della sua comunicazione, quella verbale, para-verbale e non verbale, siano coerenti. Infatti, quando pensiamo ad una cosa e ne esprimiamo un’altra, confondiamo il nostro interlocutore fino a trasmettere dei segnali contraddittori che finiscono per convincerlo che qualcosa non va.

Possiamo quindi dire che l’obiettivo principale del parlare in pubblico è che quest’ultimo si fidi e ti presti attenzione. Nel caso della formazione, è necessario cercare di suscitare interesse prima di stabilire un rapporto con l’aula, soprattutto quando gli obiettivi formativi sono di tipo emotivo. Cosa può fare quindi il formatore per far sì che i partecipanti si interessino a lui? Innanzitutto deve reciprocamente interessarsi a loro, entrandone in ascolto, scoprendo quali sono i valori per loro importanti, sincronizzandosi con loro. Coinvolgere i partecipanti significa creare le condizioni necessarie per farli sentire a proprio agio nel condividere i propri pensieri e punti di vista. Diciamo che per comunicare in maniera efficace è essenziale che il formatore possegga la capacità di essere in “rapport”, che è proprio l’abilità di comprendere il mondo dell’altro, accettandone i valori, le credenze e i criteri di valutazione, pur mantenendo inalterata la propria identità. Per capire meglio cosa si intende per rapport è utile fare riferimento alla disciplina della Programmazione Neurolinguistica o PNL. La PNL, nata in America negli anni Settanta, ha iniziato ad essere applicata in Italia dall’inizio degli anni Ottanta, sviluppando modelli ed interventi usati nelle aziende, nelle scuole, nei centri di formazione. Scomponendo il suo nome possiamo individuarne le tre componenti principali: 

  • Programmazione, ossia elaborazione mentale che avviene nell’individuo nel momento in cui riceve un’informazione;
  • Neuro, in quanto l’esperienza personale viene filtrata ed elaborata dal sistema nervoso attraverso i cinque sensi;
  • Linguistica, ovvero risposta agli stimoli ricevuti internamente, dai quali si crea poi la relazione con l’esterno in modo verbale e non verbale.

È quindi evidente che, osservando il mondo attraverso i cinque sensi, ogni individuo percepisce ed elabora le cose in modo diverso da un’altro. Una volta ottenute tutte le informazioni dall’esterno, si attua un processo interno di elaborazione mentale che è composto dalle rappresentazioni mentali di quello che si è percepito. Richard Bandler, fondatore della disciplina della PNL sostiene a tal proposito che “Non potete convincere le persone che ciò che stanno vivendo non sia la verità. Ci stanno intrappolate dentro proprio perché lo percepiscono come reale.” Ed inoltre “le vostre convinzioni sono in grado di intrappolarvi o di rendervi liberi. Ciò di cui siete convinti determinerà cosa decidete di fare.”

Una volta acquisite le dinamiche, la PNL diventa un’attitudine, un vero e proprio modus vivendi. Ci rende maggiormente consapevoli della nostra volontà e ci insegna a raggiungere pragmaticamente tutti i nostri obiettivi, che saranno stati ben individuati e formulati. In tal modo, prendendo spunto dal comportamento di individui ritenuti la massima espressione dell’eccellenza, permette di sviluppare inevitabilmente il potenziale che è in ognuno di noi. Volendo citare Bandler ancora una volta in merito alla sua missione, “Quel che faccio è aiutare le persone a sviluppare la convinzione di essere persone splendide, perché quando cominciate a crederlo, cominciate anche a comportarvi di conseguenza: è allora che iniziate a raccogliere fantastici risultati”. La PNL aiuta inoltre a migliorare il rapporto dell’individuo con gli altri perché lo mette nelle condizioni di osservare meglio e capire profondamente i propri interlocutori. Mette a disposizione una serie di metodologie di successo per raggiungere gli obiettivi in tutte quelle aree in cui la comunicazione è fondamentale. Secondo la PNL il rapport rappresenta il processo attraverso il quale si crea un rapporto di fiducia con l’interlocutore, che in formazione potrebbe aiutare a definire il cosiddetto “patto d’aula”. Esso rappresenta molto spesso un atteggiamento spontaneo, in tutti i casi in cui si crea una sensazione di sintonia immediata e reciproca. In altri casi potrà essere stimolato e indotto attraverso il “rispecchiamento”, una tecnica che prevede il ricalco dei gesti e dei movimenti del proprio interlocutore e che si utilizza quando si vuole il rapport.

Solo il formatore dotato di quest’abilità sarà in grado di guidare la sua aula, incidendo pertanto positivamente sul raggiungimento degli obiettivi formativi.

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Bibliografia e sitografia

  • Parlare in pubblico – Alessandro Sansavini - Cesare Sansavini – Giunti Editore 2015
  • Le parole sono finestre (oppure muri) – Bertram Rosenberg Marshall– Esserci Editore 2017
  • Gestione e valorizzazione delle risorse umane – Luisa Macciocca Massimo – Raffaele Massimo – Maggioli Editore – II edizione
  • Il potere del linguaggio – Paola Velati – Editore M&A 2016
  • https://comunicazioneempatica.blogspot.com/p/cose-la-pnl.html
  • www.memorizzare.eu
  • www.pnl&coaching.it
  • www.psicologiadellavoro.org
  • www.pnlbenessere.it
  • www.psicologianeurolinguistica.net

Ultima modifica il 30/07/2019

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