Welfare aziendale e Work-Life balance

La situazione emergenziale dovuta al Covid-19 ha di fatto trasformato il mondo del lavoro italiano, o meglio, il modo di lavorare. È, ormai, da oltre un anno che concetti come smartworking (o lavoro agile), telelavoro, digitalizzazione e welfare aziendale coinvolgono un numero sempre più elevato di aziende e di lavoratori. A supporto di ciò è stata anche molto intensa la produzione normativa a sostegno di questa evoluzione che coinvolge la forma di prestazione del lavoro, luoghi di lavoro e welfare aziendale.

Nell’ambito delle misure adottate dal Governo per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha emanato il 1° marzo 2020 il Decreto che interviene sulle modalità di accesso al lavoro agile, confermate poi dalle successive disposizioni emanate per far fronte all'emergenza; infatti, anche il DPCM del 3 dicembre 2020 raccomanda il massimo utilizzo della modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza. Inoltre, ai sensi dell’Art. 26 del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in Legge 24 aprile 2020, n. 27, come da ultimo modificato dalla Legge di Bilancio 2021 (L. 30 dicembre 2020, n. 178), a decorrere dal primo gennaio 2021 e fino al 28 febbraio 2021, i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, in possesso di certificazione attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita (c.d. lavoratori fragili) nonché i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell'art. 3, comma 3, L. n. 104/1992 svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l'adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto.

Infine, in merito all’Art. 21 bis del Decreto Legge 14 agosto 2020, n. 104 (Decreto Agosto), convertito in Legge 13 ottobre 2020, n. 126, come modificato dal Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Decreto Ristori), convertito con modificazioni in Legge 18 dicembre 2020, n. 176, i genitori lavoratori dipendenti, il cui figlio convivente minore di anni sedici è stato sottoposto a quarantena o al quale è stata sospesa la didattica in presenza hanno diritto a svolgere la prestazione lavorativa in modalità agile utilizzando la procedura semplificata di comunicazione. Tutte queste casistiche fanno ben comprendere la portata del fenomeno che sta andando a delinearsi in maniera sempre più presente nel tessuto lavorativo odierno. Ad ogni modo, per una corretta analisi, occorre fare chiarezza sulla natura dei vari istituti sopraindicati.

Anzitutto, il concetto di  smartworking, o lavoro agile, ricomprende molteplici aspetti, che vanno dalla flessibilità dell’orario e del luogo della prestazione lavorativa fino a forme di welfare aziendale per facilitare i lavoratori genitori o impegnati in forme di assistenza parentale e per agevolare il cd “work-life balance(1). Fu con la Legge n. 81/2017 che si diede vita, nel nostro ordinamento giuridico, ad un primo quadro normativo riguardante l’istituto del lavoro agile. La norma fornisce una definizione  del lavoro agile nell’ambito del lavoro subordinato, che comprende tutte le forme di svolgimento della prestazione flessibili rispetto all’orario e al luogo. Una parte integrante del lavoro agile sono gli strumenti tecnologici forniti dal datore di lavoro, il quale ne garantisce anche il buon funzionamento. Per l’adozione dello smart working è, inoltre, necessario un accordo scritto tra datore di lavoro e dipendente, il quale dovrà essere  trasmesso telematicamente; confermando, quindi, l’elemento della volontarietà tra le parti e stabilendone i contenuti minimi:

  • Durata: l’accordo può essere stipulato a tempo indeterminato o determinato.
  • Preavviso di recesso: il recesso è possibile solo con un preavviso di almeno 30 giorni (90 per i lavoratori disabili) per gli accordi a tempo indeterminato o in presenza di un giustificato motivo.
  • L’accordo deve necessariamente contenere la disciplina dell’esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, con particolare attenzione agli strumenti tecnologici utilizzati e al rispetto del diritto alla disconnessione per il lavoratore.
  • Potere di controllo e disciplinare: nell’accordo devono essere segnalate le modalità di controllo della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, tenendo conto dell’Art. 4 dello Statuto dei Lavoratori.
  • Parità di trattamento tra smart workers e i loro colleghi: il trattamento retributivo e normativo deve essere lo stesso, così come l’adozione delle norme di sicurezza. In particolare, relativamente all’orario di lavoro e al riconoscimento del diritto alla disconnessione, la norma definisce inviolabili i limiti di orario previsti dalla normativa vigente e dalla contrattazione collettiva.
  • Infine i lavoratori “agili” hanno diritto alla tutela in caso di infortuni e malattie professionali anche relativamente alle prestazioni condotte all’esterno degli ambienti aziendali e nel tragitto tra l’abitazione ed il luogo in cui si svolge la propria attività (circa questi aspetti, l'INAIL ha fornito le prime istruzioni nella circolare n.48/2017).

Importante è sottolineare che, dopo la Legge di Bilancio 2019, è riconosciuta una priorità alle richieste di lavoro agile formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità e dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità. 

Come detto, oltre allo smartworking è di rilevante importanza anche il telelavoro. Questa particolare modalità di svolgimento dell'attività lavorativa, pur essendo presente in diversi accordi aziendali, nel settore privato non è attualmente disciplinata da una legge (si utilizza, infatti, come riferimento un Accordo Interconfederale stipulato nel 2004 e la regolamentazione è affidata alla contrattazione collettiva); nella Pubblica Amministrazione, invece, la materia è stata introdotta per la prima volta dall'Art. 4 della Legge 16 giugno 1998, n. 191 (cosiddetto Bassanini ter) e successivamente disciplinata dal D.P.R. 8 marzo 1999, n. 70 (regolamento del telelavoro nella Pubblica Amministrazione). Il telelavoro è, in definitiva, il lavoro a distanza, svolto in un luogo che non coincide con i locali dell'azienda ma nel contempo funzionalmente collegato ad essa grazie all'ausilio di strumenti telematici e tecnologie informatiche (computer, fax, telefono, smartphone, tablet ecc.).

Può assumere diverse forme tra le quali ricordiamo:

  • telelavoro domiciliare (anche conosciuto come homework): il lavoratore condue la sua attività lavorativa dalla propria abitazione e i contatti con la sede di lavoro avvengono attraverso le apparecchiature tecnologiche a disposizione. Un esempio di telelavoro domiciliare è quello fornito da alcuni servizi telefonici (per esempio il telemarketing), che vengono effettuati da lavoratori dalla propria abitazione;
  • telelavoro mobile (anche conosciuto come deskless job): il lavoro viene condotto da una postazione telematica mobile, nella maggioranza dei casi attraverso un computer portatile, un modem e un telefono cellulare o tablet. Tramite questa attrezzatura il lavoratore può, per esempio, recarsi dai clienti e da lì collegarsi con l'ufficio per inviare ordini, aggiornare quotazioni, fare teleconferenza con esperti e tecnici in sede;
  • telelavoro in centri satellite (cosiddetto telelavoro remotizzato): il lavoro viene condotto in strutture, collocate vicino all'abitazione del lavoratore, che offrono servizi telematici.

Ricorrere al telelavoro è una scelta volontaria propria del datore di lavoro e del lavoratore che possono prevederlo come modalità di svolgimento della prestazione fin dall'inizio del rapporto di lavoro oppure successivamente, per sopravvenute esigenze. Dal momento che si tratta di una scelta volontaria, l'eventuale rifiuto al passaggio al telelavoro non può comportare la risoluzione del rapporto di lavoro né una modifica delle condizioni contrattuali pattuite. Allo stesso modo, nel caso in cui il lavoratore esprimesse la volontà di voler lavorare come telelavoratore (per esempio per poter conciliare meglio il lavoro con le esigenze della vita familiare), l'imprenditore ha la libertà di accettare o rifiutare la richiesta. Dunque il passaggio al telelavoro consiste nell'adozione di una  modalità diversa di conduzione della prestazione lavorativa e non ha nessun riflesso sullo status del telelavoratore che può contare sui medesimi diritti (sia legali che contrattuali) previsti per un lavoratore che svolge l'attività nei locali dell’azienda(2). Recentemente, attraverso alcuni interventi normativi, sono state introdotte misure a favore del  ricorso al telelavoro, soprattutto per favorire la conciliazione vita personale e tempi del lavoro, l'inserimento dei lavoratori disabili e il reinserimento dei lavoratori in mobilità. Nel Jobs Act, per esempio, è stato agevolato il ricorso delle aziende al telelavoro. Infatti i datori di lavoro privati che permettono ai dipendenti di condurre il lavoro in remoto, al fine di favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, possono escludere i lavoratori ammessi al telelavoro dal computo dei limiti numerici previsti da leggi e contratti collettivi per l’applicazione di particolari normative e istituti, come ad esempio quelli posti per l’assunzione di personale tramite contratto di somministrazione (Art. 23, D.lgs. n. 80/2015).

Leggendo i dati dell’Osservatorio smart working del Politecnico di Milano, dal 2013 al 2019 il numero di lavoratori in smart working è quasi quadruplicato, passando da 150mila persone a 570mila. Si trattava, però, soprattutto di telelavoro (3) e lo smart working era visto come una concessione al dipendente, spesso avversata dall’uso insufficiente della tecnologia, dall’assenza di digitalizzazione e da una questione culturale, che giudicava il lavoro in base al tempo e alla presenza, più che ai risultati. Con questa situazione emergenziale ci si è visti costretti ad adottare una politica di potenziamento immediato della digitalizzazione, offrendo soluzioni informatiche il più possibile idonee ad innovare e rendere competitivo, anche in termini di welfare, un tessuto economico e produttivo fortemente colpito dalla nuova crisi economica e a conciliare il binomio vita – lavoro di lavoratori e professionisti. Sono, ad ogni modo, questi gli obiettivi, apparentemente antitetici, del lavoro agile che si configura come un nuovo approccio all’organizzazione aziendale, in cui le esigenze individuali del lavoratore si contemperano, in maniera complementare, con quelle dell’impresa. I temi dello smartworking, del telelavoro e della digitalizzazione rappresenteranno una delle sfide centrali, sia a livello economico che giuridico, per la ripartenza che avverrà nel periodo post pandemia e, sicuramente, potranno offrire molte opportunità e occasioni per regolare e migliorare un sistema di welfare aziendale, ma anche di work-life balance, che dovrà porsi al centro della gestione del rapporto di lavoro.


(1)Con il termine work life balance, di origine inglese, si intende letteralmente l'equilibrio tra la vita privata e il lavoro. Ovvero la capacità di far convivere in maniera pacifica la sfera professionale e quella privata. Si tratta in realtà di un concetto molto ampio, nato per la prima volta negli anni Settanta in Gran Bretagna, ma divenuto di strettissima attualità soprattutto nell'ultimo periodo, in cui lo sviluppo tecnologico ha reso sempre più labile e sfocato il confine tra vita e lavoro, sia per quanto riguarda i tempi sia per gli spazi fisici del lavoro. In Italia si è assistito negli ultimi anni al progressivo passaggio da una situazione di work life balance, ovvero di ricerca di equilibrio tra tempo libero e orario di lavoro a una di work life blend, nella quale le due sfere si sovrappongono. Il 71% dei lavoratori italiani, infatti, è sempre connesso: risponde a mail, telefonate e messaggi di lavoro anche al di fuori degli orari di ufficio. In Europa soltanto Portogallo e Romania hanno percentuali superiori alle nostre. Più di un lavoratore italiano su due si occupa di questioni di lavoro anche in ferie e quasi quattro su dieci si sentono addirittura obbligati a farlo a fronte di una richiesta.

(2)Tale tipologia contrattuale si sta diffondendo soprattutto nel settore terziario (commercio, telecomunicazioni, pubblica amministrazione).

(3)Nella prassi linguistica italiana è molto diffuso confondere o far coincidere i concetti di telelavoro e smartworking.

 

Bibliografia e Sitografia

  • https://www.ilsole24ore.com/sez/economia/lavoro
  • https://www.lavoro.gov.it/Pagine/default.aspx
  • https://www.cliclavoro.gov.it/Pagine/default.aspx
  • Manuale di diritto del lavoro, Ballestriero
  • Slide MELIUSform

A cura di D. Andreoli e J. Girelli (partecipanti dell'Executive Master in Direzione del Personale)

Questi ed altri temi sono affrontati nel Master in Direzione del Personale.

Ultima modifica il 11/03/2021

Torna indietro