Trattenere i talenti in azienda

L’impresa è un’attività professionale organizzata per produrre o scambiare beni e servizi e l’azienda è il complesso di beni e persone organizzati dall’imprenditore per l’esercizio di un’attività di impresa, confermando che tra l’azienda e l’impresa sussiste un rapporto di tipo strumentale, tanto che le aziende sono anche definite organizzazioni di persone.

Le persone prestano il proprio lavoro nell’ambito dell’organizzazione ed alle dipendenze del datore di lavoro, che nell’attuazione di un contratto sinallagmatico, cioè a prestazioni corrispettive, deve riconoscere ai suoi dipendenti un compenso economico per l’attività lavorativa prestata.

Di fatto possiamo anche confermare che se da un lato investire nelle persone ha un impatto importante come voce di costo in bilancio, al punto da prevedere e richiedere un attento e costante monitoraggio, è altresì vero che in quasi tutte le organizzazioni sono le persone, o alcune di esse, a costituire un fattore competitivo primario, poiché con la loro competenza e professionalità contribuiscono a costituire e consolidare il successo dell’impresa nel lungo periodo.

Un'efficace politica retributiva, per conseguire i risultati attesi, deve prevedere oltre agli elementi puramente monetari, fissi e variabili, anche strumenti che rientrano nella c.d. retribuzione in natura. Queste variabili possono essere armonizzate in un sistema di incentivazione in grado di valorizzare in modo adeguato le professionalità espresse dai propri dipendenti, dando maggiore motivazione al personale e aumentandone la produttività. Dal punto di vista del dipendente, infatti, il pacchetto retributivo, è lo strumento che gli consente di definire e magari migliorare nel tempo il suo livello di qualità della vita e quello che può permettere alla sua famiglia, oltre a rappresentare in molti casi uno status di successo. Pertanto, più questo pacchetto sarà costruito sulla base di sue specifiche esigenze e desiderata, più questi si sentirà compreso e motivato dall’azienda. Iniziative di welfare e work life balance possono contribuire a gratificare ulteriormente il dipendente, poiché consentono di mettere in equilibrio le esigenze della sua vita privata e di quella professionale, ma costituiscono un vantaggio anche per l’azienda, in quanto abbattono o riducono l’investimento di capitale economico attraverso meccanismi di deduzione o decontribuzione. Ritorneremo in seguito su questa tematica.

Dal punto di vista aziendale, come già anticipato, le politica retributiva rappresenta una leva strategica, non solo per garantirsi la presenza delle risorse migliori, ma anche per attrarre nuovi talenti. La Talent Attraction, infatti, è la metodologia utilizzata dai manager, applicata al mondo del marketing e della comunicazione d’impresa che utilizza strumenti innovativi e non convenzionali per attirare i candidati e richiede che i selezionatori diventino consapevoli, e convinti, di essere dei talent agent, il cui compito è quello di temprare e sviluppare talenti e aiutarli a raggiungere i loro obiettivi personali, oltre che aziendali. Un candidato, infatti, non sceglie più una determinata organizzazione solo perché questa saprà dare valore al suo contributo professionale, ma anche perché saprà far emergere le sue competenze più di quanto egli, da solo, sarebbe riuscito a fare.

Ma quali strumenti possono essere messi in atto da un’azienda al fine di attirare, motivare e quindi trattenere nel tempo i collaboratori? Ancor prima dell’instaurazione del rapporto di lavoro, attraverso un accurato processo di selezione, l’azienda deve prioritariamente individuare la nuova risorsa che corrisponda il più possibile alle esigenze della società, ne rispecchi i valori e sia ovviamente competente nel ruolo da ricoprire. Per contro, il candidato deve valutare non solo ciò che l’azienda offre in termini economici, monetari e non monetari, come indicato in precedenza, ma anche in termini di Employer Branding in senso più generale, ossia deve essere fortemente attratto da ciò che l’azienda rappresenta in termini di valori, etica professionale, politiche sociali attuate, in cui si sente perfettamente coinvolto e allineato. 

Sempre in fase di assunzione, un importante elemento per creare engagement con il nuovo talento consiste nell’individuazione di percorsi di carriera personalizzati e adeguati. Garantire, in maniera chiara e trasparente, ampie possibilità di crescita all’interno di un’azienda permette di motivare la sua permanenza nell'azienda stessa, offrendo il contributo migliore; altrimenti i migliori talenti cercheranno presto nuove strade da intraprendere e nuove realtà in cui esprimere tutto il loro potenziale e l’esperienza accumulata negli anni. Anche i percorsi di formazione costituiscono un elemento motivazionale forte per un talento, poiché ogni collaboratore sente il bisogno di coltivare le proprie competenze e conoscenze per restare competitivo nel lavoro che svolge, per contro l’aggiornamento professionale è considerato una leva strategica anche per le aziende. Se si trova questo punto di incontro che in parte è costituito anche da elementi motivazionali molto forti, il dipartimento delle Risorse Umane potrà costruire un pacchetto retributivo ad hoc, di appeal per il candidato, con l’obiettivo che la collaborazione possa durare a lungo, visto che per l’azienda i costi di selezione sono un’altra voce impattante per il bilancio.

Da Il Sole24ore.com Francesca Contardi, Managing Director di EasyHunters, società di ricerca & selezione specializzata in servizi di recruitment digitali sostiene che “occorre fidelizzare i propri dipendenti, proprio come si fa con i clienti. La leva dello stipendio può non bastare, in quanto ci potrebbe essere sempre un concorrente che può o vuole pagare di più, ed ecco perché le aziende stanno maggiormente investendo tempo e risorse per comprendere i desideri e le richieste dei propri dipendenti e per provare a soddisfarli. Partendo da un presupposto che non dobbiamo dimenticare: i talenti non hanno età, possono essere neolaureati o manager con diversi anni di carriera alle spalle, e sono diversi da azienda ad azienda».

Come anticipato in precedenza, iniziative di welfare e work life balance consentono di mettere in equilibrio le esigenze della vita privata e di quella professionale perché ottimizzano una risorsa limitata come il tempo. Sempre più aziende adottano misure di welfare che contemplano per esempio un grado di flessibilità maggiore, con particolare riferimento all’orario di lavoro, al dress code o alle proprie procedure interne oppure assicurino, tramite l’individuazione di particolari fringe benefit, tipologie di assistenza integrativa in grado di offrire al proprio personale servizi e/o agevolazioni per sé o per i propri famigliari.

Ecco quindi che concedere al dipendente strumenti di flessibilità come il telelavoro e lo smartworking, diventa un elemento ormai imprescindibile, soprattutto alla luce delle recenti esperienze legate all’emergenza Covid 19. Appartengono a questa categoria anche altri servizi welfare che tengono conto della fascia d’età e della situazione familiare della persona, come l’accesso agli asili nido aziendali, la mensa aziendale, e altro, ma anche a servizi che facilitano gli spostamenti o ne riducono l’impatto sociale (es. benefit per l’utilizzo dei mezzi pubblici e del bike sharing) oppure ancora che contribuiscano al benessere del dipendente sia fisico che psicologico (es. l’assistenza sanitaria, attività sportive e di wellness, eventi culturali, ecc..).

Cosa dicono i numeri: quante sono le aziende che in Italia applicano queste strategie? La sfida dell’employer branding e della capacità di attrarre i talenti viene indicata come prioritaria dal 31% del campione analizzato dall’Osservatorio HR del Politecnico di Milano nel 2018. In più di una impresa su quattro sono state attivate nuove iniziative di employer branding (26%), il 23% ne prevede l’introduzione nel corso dell’anno e il 9% nei prossimi anni. Tra le iniziative avviate, vi sono quelle per inserire o sviluppare professionalità digitali in azienda, e per attivare questi progetti il 50% dei Direttori ricorre al supporto di università e società di consulenza, e la pianificazione di programmi formativi per le competenze digitali, presente in una Direzione su due. Seguono la definizione di politiche specifiche per la ricerca e selezione del personale (36%), attività di aggiornamento delle competenze e di apprendimento continuo (32%), azioni per identificare e costruire nuove abilità (29%) e l’acquisizione di startup (5%). Soltanto il 15% non ha avviato alcuna azione per rispondere a questa sfida.

Che fare allora quando i top performer/key people decidono di andare via? Le dimissioni di dipendenti possono rappresentare un problema organizzativo e funzionale per l’azienda, dal momento che la loro fuoriuscita comporta, oltre alla perdita di esperienza, competenze ed innovazione, anche il pericolo che questo know-how possa passare alla concorrenza. In più, il talento in fuga può causare anche un’alterazione dell’equilibrio organizzativo interno, con significativi conseguenti effetti sulla restante popolazione aziendale.

Probabilmente non esiste una vera ricetta in grado di dare una soluzione definitiva al problema, certamente possiamo affermare che uno strumento di dialogo e di confronto costante con i dirigenti aziendali può costituire un buon metodo per ascoltare le esigenze del dipendente e di farlo sentire al centro. Dedicare un momento di feedback, soffermarsi a riflettere sul proprio operato, gratificare il successo e agire sulle proprie aree di miglioramento permette di creare un clima aziendale di maggior fiducia e più orientato agli obiettivi di business. Così come stabilire e verificare il raggiungimento degli obiettivi precedentemente condivisi, e legati a un sistema premiante o di incentivazione, permette di affrontare la propria quotidianità lavorativa in modo proattivo e con maggior consapevolezza di quale sia il contributo della propria attività sul business aziendale. Se la qualità del lavoro viene infatti riconosciuta anche con un extra economico, il collaboratore avrà un motivo in più per essere soddisfatto dell’azienda, e si sentirà più proattivo e pronto ad assumersi maggiori responsabilità. Sviluppare quindi un sistema di valutazione, che oltrepassi la variabile di retribuzione già pattuita e contrattualmente prevista, risulta essere molto utile a mantenere alta la motivazione dei collaboratori, in particolare per quei ruoli che prevedono una forte componente commerciale, il cui operato contribuisce al successo aziendale.

In generale potrebbe essere motivante, nel tempo, ridisegnare i ruoli, sostituendoli con altri più soddisfacenti, aumentare il processo di delega per responsabilizzare, predisporre percorsi di crescita e comunicarli in modo trasparente.

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Bibliografia

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  • https://www.altamirahrm.com/it/blog/aumentare-retention-del-personale
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  • https://www.monster.it/ricerca-personale/risorse/gestione-del-personale-e-pianificazione/trattenere-dipendenti-retention/strategie-di-employee-retention/
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  • http://www.togetherhr.com/blog/millennial-e-lavoro-cosa-devi-fare-per-trattenere-i-migliori-talenti-in-azienda/
  • https://blog.sodexo.it/trattenere-talenti-in-azienda-5-consigli-per-migliorare-engagement
  • https://www.accenture.com/it-it/careers/team-culture-values#block-inclusione

A cura di V. Gabbi, R. De Vito e C. Fiorani (partecipanti dell'Executive Master in Direzione del Personale)

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Ultima modifica il 10/07/2020

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