Il lavoro ai tempi del Social Recruiting

Come sono cambiate negli ultimi anni la ricerca e la selezione delle risorse da inserire nelle aziende?

Abbiamo assistito ad una sostanziale ed evidente evoluzione dei processi di selezione, tanto da poter affermare che ad oggi sia più facile, veloce e risolutivo trovare un buon candidato tramite una prima scrematura sulle variegate piattaforme online. Infatti, in seguito alla crescita esponenziale della presenza delle aziende sulle varie piattaforme social, si è registrato un incremento nell’utilizzo dei social media come principale e più efficiente canale per selezionare personale. I social network, quali LinkedIn in primis, Twitter e Facebook, rappresentano per le imprese un’opportunità per fare network e raggiungere un pubblico più ampio, essendo utilizzati costantemente anche da profili manageriali.

Oramai da diversi anni gli annunci presenti sul web costituiscono una valida alternativa all’annuncio su stampa, con il più grande vantaggio di essere tenuti in evidenza per diverse settimane continuative e raccogliere inoltre in un database tutte le candidature ricevute nello stesso arco temporale, da cui le stesse aziende possano attingere ogniqualvolta serva loro un profilo ulteriore da ricercare. Il Social Recruiting, dunque, è un fenomeno figlio del nostro tempo e delle tecnologie, che soddisfa l’incontro tra domanda e offerta: da un lato, ci sono i recruiter, che verificano online il profilo del candidato e le sue competenze, dall’altro i candidati, che dopo aver inviato la propria candidatura, possono verificare lo status della stessa, navigare per raccogliere informazioni sull’azienda e sul recruiter o continuare la ricerca della posizione desiderata.

Queste modalità hanno anche dei vantaggi dal punto di vista economico, in quanto prevedono un servizio completo ad un costo in genere inferiore della sola pubblicazione una tantum di un annuncio su un quotidiano nazionale. Inoltre gli annunci sul web possono contenere dei link diretti per lo svolgimento di questionari da far compilare ai candidati al momento della loro iscrizione all’offerta di lavoro, rappresentando un passo in avanti notevole dato che in questo modo si possono già filtrare e scremare i profili tramite le risposte inserite e le informazioni lasciate da ciascuno. L’annuncio risulta essere sin da subito chiaro ed esaustivo, contenendo tutte le indicazioni circa il profilo che meglio si adatterebbe alla posizione ricercata. Inoltre, l’utilizzo dei social consente alle aziende di aggiungere informazioni relativamente ai profili valutati. Infatti le aziende con molta facilità possono capire come emerge un profilo sui social, ottenendo informazioni sul candidato senza filtri, formalità e giochi di recitazione, che invece solitamente vengono adoperati da quasi tutti in sede di colloquio per cercare di apparire come  “il candidato ideale”. Si può subito capire chi si ha davanti, guardando le foto, la cronologia dei post, cosa scrive e come, quali pagine segue e gli interessi, gli hobbies o gli sport praticati. Emergono, quindi, la sua capacità relazionale ed emotiva, le passioni e la personalità più genuina del candidato.

Tutto questo aiuta a scegliere con più precisa attenzione la persona adatta al ruolo che si vuole ricoprire, evitando che la “narrazione”  di sé possa non rispecchiare la realtà o che possa essere fin troppo costruita e perdere di credibilità. Pertanto, la possibilità di poter esaminare i profili online prima di un eventuale colloquio e analizzare la web reputation, ha il vantaggio di fornire più informazioni in merito a chi si andrà ad esaminare e soprattutto di cogliere tutte quelle sfumature sulla persona che normalmente non si avrebbe modo di conoscere.

Un ulteriore vantaggio risiede nel capire le motivazioni di un candidato, che possono spesso non emergere immediatamente o addirittura essere fraintese, poiché è facile farsi prendere dall’ansia da prestazione, che coincide con la voglia di apparire a tutti i costi “perfetto” per quella posizione lavorativa. Ma può anche accadere l’esatto opposto. Si crede di avere davanti la persona giusta, che sia stata in grado di simulare, convincere e giocare al meglio le proprie carte in sede di colloquio ma che poi nella sua reale e privata vita, sostiene valori opposti alla responsabilità, al rispetto e alla laboriosità. Può succedere, ad esempio, di esaminare un candidato che abbia fatto una buona impressione, mostrandosi carismatico e aperto, salvo poi scoprire che sulle sue piattaforme online ha ceduto a commenti razzisti o discriminanti sul piano sessuale e/o religioso, mettendo in bella mostra i più intimi pensieri, che lasciano presagire come commenti di tal genere, lontano da una morale personale integra, possano influire anche sull’etica del lavoro. Ed è proprio per questo che è un’occasione fondamentale per il recruiter poter accedere alla zona “inesplorabile” del candidato facente parte della sua vita reale.

Ma nonostante i grossi vantaggi di diversa natura del social recruiting, ci sono anche degli svantaggi cui bisogna guardare. Innanzitutto la privacy. Come ben sappiamo, il diritto alla riservatezza e alla protezione dei dati personali ha fatto passi in avanti negli ultimi anni, essendo considerato come uno dei diritti fondamentali della persona da dover salvaguardare.

La sensibilizzazione sull’argomento ha portato ad una correzione nell’uso di strumenti online con l’esplicito consenso dei coinvolti e di conseguenza ad una pratica limitata nella diffusione di dati e informazioni sui social. Sebbene la maggior parte delle persone possieda un account, non è necessariamente detto che il candidato rientri tra quelle persone che amano condividere quotidianamente ogni fatto personale sulla propria pagina social. Esistono anche coloro che preferiscono non mettere sempre in piazza  tutti i propri spostamenti o interessi o attività svolte con amici e parenti. E data questa loro caratteristica, ad oggi da ammirare e invidiare, sarebbe eticamente scorretto giudicarli durante la prima fase di scrematura di un processo di selezione. Anche nel caso in cui i candidati ad una posizione lavorativa siano registrati su una o più piattaforme social, non è detto che i loro dati e le loro attività siano visibili a chiunque. Questo perché le piattaforme social consentono di impostare i filtri sulla privacy, in modo tale da permettere la visione delle loro informazioni e dei loro contenuti solo a chi si trova nella ristretta lista degli amici. Pertanto ci si può trovare di fronte a tante tipologie di possibili candidati: chi ama proteggere gelosamente la propria privacy e chi non bada a rendere meno accessibile il proprio profilo, in quanto preferisce condividere con tutti i contatti, presenti e non nella lista degli amici, le proprie informazioni. Gli eccessi nell’uno e nell’altro caso presentano aspetti positivi e negativi in alcuni casi. L’accesso alle informazioni personali, quali l'età, l’appartenenza religiosa o l’orientamento sessuale, o addirittura le posizioni politiche può influire sull’opinione di un recruiter durante un primo contatto superficiale con un candidato. Infatti è probabile che lo stesso, non condividendo la medesima opinione politica o una professione religiosa piuttosto che un’altra, possa esservi influenzato a tal punto da decidere di escludere a priori un profilo, che potenzialmente non avrebbe nulla di errato ma che addirittura potrebbe essere completamente centrato con la posizione da ricoprire.

Questa “analisi” può portare alla nascita, nel recruiter stesso, di pregiudizi difficili da modificare. Per cui si può affermare come sia difficile poter usare questi strumenti senza abusarne allo stesso tempo e soprattutto cercare una via di mezzo da cui si possano trarre reali vantaggi per le aziende e utilità per migliorare il mondo del lavoro. Ma in particolare la domanda più importante e complessa cui rispondere è: davvero un algoritmo può esserci utile nel cercare un lavoro e nel trovare la persona più giusta che possa svolgerlo? Dovremmo preoccuparci così tanto di quello che facciamo e trasmettiamo online quasi come se fosse più vitale di come lo si farebbe nella vita reale? Non c'è una risposta univoca. Sicuramente è bene che un’azienda valuti attentamente i lati positivi e negativi di questo approccio, per comprendere se effettivamente ha senso investire in questa attività, auspicando possa dare i frutti sperati, ossia trovare i candidati più idonei per la posizione desiderata. Sicuramente è preferibile adottare dei tricks sui social media: essere diligenti, curare il proprio network e fare in modo di lasciare un buon segno sui social, tanto quanto nella vita, perché sul web ciò che si fa, rimane davvero indelebile. Se si riesce a rispettare tutte queste piccole regole, i social potrebbero avere un valore aggiunto e inestimabile nella vita di un lavoratore, e non solo, e soddisfare le esigenze di chi offre e di chi domanda nel mondo del lavoro di oggi. Dunque i tanto amati e usati social possono dirvi sicuramente di più circa una persona, ma non sostituiscono ugualmente mai del tutto le fonti di verifica tradizionali: il buon, caro e vecchio curriculum rimane ugualmente lo strumento a cui ci si rivolge per sondare le soft e hard skills di un candidato in sostegno ai nuovi mezzi social.

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Bibliografia e sitografia

  • Massimo L. M., Massimo R., “Gestione e valorizzazione delle risorse umane”, 2019, Maggioli Editore.
  • https://www.insidemarketing.it/social-recruiting-attuale-e-prospettiva-futura/
  • https://www.adecco.it/come-trovare-lavoro/social-recruiting-tips-tricks
  • https://www.laricercadellavoro.com/cosa-significa-social-recruiting/
  • https://www.4stars.it/blog/social-recruiting-qualche-consiglio/
  • https://www.ninjamarketing.it/2017/03/22/cambia-lavoro-ai-tempi-del-social-recruiting/

A cura di C. Roccella (partecipante all'Executive Master in Direzione del Personale)

I temi legati alla selezione del personale sono affrontati nel programma dei seguenti percorsi formativi:

 

Ultima modifica il 24/07/2019

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