Un'analisi giuridica, economica e reale 

Una parte importante del rapporto di lavoro è sicuramente costituita dalla retribuzione, nonché considerata tecnicamente come l’elemento economico o il compenso che ciascuno riceve in cambio della prestazione lavorativa. Difatti nella definizione legislativa del diritto del lavoro italiano, la retribuzione è quel corrispettivo che per il lavoratore costituisce un diritto, mentre per il datore di lavoro la principale obbligazione del rapporto contrattuale instaurato con i propri dipendenti. L’articolo 2094 c.c. afferma: “E’ prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”, da cui si evince chiaramente quale tratto tipico della subordinazione sia l’assoggettamento del lavoratore alle altrui direttive, con l’obbligo di eseguire personalmente la prestazione che si effettua a titolo oneroso. Dal punto di vista contrattuale, invece, non si può dare una definizione univoca e universale di retribuzione, in quanto manca una specifica norma che la definisca una volta per tutte, tanto è vero che per la sua applicazione si rimanda sempre ai contratti di categoria.

Per evitare un uso arbitrario, distorto e in alcuni casi ingiusto di tale vuoto nozionistico, il legislatore ha comunque provveduto a porre dei limiti da rispettare presenti nel titolo III della nostra Costituzione dedicato ai rapporti economici, il cui articolo 36 così afferma: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Non a caso l’attenzione dell’assemblea costituente è stata comunque posta proprio sul soggetto che potremmo definire la parte debole del rapporto contrattuale, cioè il lavoratore, così predisponendo garanzie, che non possono mai essere poste in discussione o riviste o riformate in peius, espressione dunque dei valori fondamentali della persona innanzitutto, e successivamente estrinsecazione del principio dello Stato Sociale. Le logiche del mercato possono sicuramente essere dettate e spinte da principi variabili e differenti a seconda del settore nel quale si presta attività lavorativa, infatti l’articolo in questione non vuole dettare regimi rigidi su quanto un lavoratore debba percepire, lasciato difatti alla legislazione ordinaria, ma fissa senza dubbio un principio indiscutibile: la giusta retribuzione. Tale norma dalla forza cogente elenca un diritto irrinunciabile, corollario della tutela dei lavoratori, in quanto in primis persone, e successivamente prestatori di lavoro in qualunque forma.

Questo quadro normativo e generale va completato menzionando anche ciò che compone la retribuzione stessa, ossia i suoi elementi fondamentali e accessori. La paga base, o minimo contrattuale, è quel compenso minimo che viene stabilito per tutti i lavoratori appartenenti a quella categoria e aventi la stessa qualifica ed è variabile in base all’inquadramento del CCNL di riferimento. L’importo, che compone una delle voci fisse presenti nella parte alta della busta paga, può essere retribuito sia in maniera fissa, come nel caso di un impiegato, che riceve quell’importo mensilmente in forma uguale, sia ad ore di lavoro prestate, come per gli operai, il cui calcolo varia a seconda delle ore di lavoro svolte al mese. La paga base è naturalmente lorda ed è fondamentale che sia in bella evidenza sul cedolino, in quanto è necessaria per il calcolo del netto in busta per ogni lavoratore. Il minimo contrattuale è inoltre previsto non solo per lavoratori full time e con contratti tipici ma anche per coloro che prestano lavoro part time o con contratti di apprendistato. Per i primi la paga base è calcolata in funzione delle ore settimanali effettivamente lavorate, di solito inferiori di almeno la metà rispetto a chi svolge un lavoro full time; per i secondi, invece, è prevista una paga base in riferimento al CCNL, che ad inizio apprendistato è inferiore ma cresce gradualmente alla fine del percorso formativo, a cui segue un avanzamento, oltre che di conoscenze lavorative, anche di livello. Infatti, a conclusione dell’apprendistato, il lavoratore avrà acquisito la qualifica spettante al suo settore e avanzando di almeno due livelli di inquadramento. L’indennità di contingenza, o scala mobile, è un’attribuzione patrimoniale che viene erogata al lavoratore per compensare il progressivo aumento del costo della vita, adeguandone la retribuzione. Si tratta di una voce che non cresce da molti anni ma possiede un importo ormai fisso dal 1991, frutto di accordi tra governo e parti sociali. Altre voci della retribuzione sono: gli scatti di anzianità, ossia gli aumenti periodici in conseguenza dell’aumento dell’età del lavoratore, lasciati alla disciplina dei contratti collettivi; i super minimi collettivi ed individuali, che costituiscono delle voci aggiuntive che aumentano l’importo lordo mensile della retribuzione, erogati o alla generalità dei lavoratori o limitatamente ad alcuni in base al livello cui appartengono. Tali elementi possono contribuire a formare, nella loro totalità o soltanto in parte, la retribuzione di ciascun lavoratore. 

Ma oltre ad elencare in maniera accademica e tecnica cosa sia una retribuzione e come venga regolamentata nel nostro ordinamento, occorre anche guardare al lato più reale e pratico di come sia vissuta la stessa da ogni singolo lavoratore in Italia e nel mondo. Amare il proprio lavoro indipendentemente dallo stipendio percepito, dovrebbe essere sempre il primo punto di partenza per la propria soddisfazione professionale e non solo, non dovendo mai scemare in alcun momento della propria carriera lavorativa. Ciò che spinge e motiva le vecchie e nuove generazioni, partendo dalla scelte scolastiche ed universitarie, dovrebbe essere la grande passione innata o scoperta e coltivata, che in ogni caso appartiene all’indole di ognuno di noi sin da bambini. Guardare al profitto o al ruolo o alla carriera che possa fruttare di più dovrebbe di conseguenza trovarsi al secondo posto di ogni scelta di vita. Sicuramente chi abbia agito e continua ad agire vivendo in questa prospettiva ha una levatura morale abbastanza invidiabile, ma la realtà attuale in cui stiamo vivendo non rende facile e semplice vivere delle sole passioni, non potendo mettere facilmente da parte il risvolto pratico e quindi dispendioso delle stesse. La fuga dei cervelli ormai costituisce un dato oggettivo ed inevitabile che ci pone di fronte alla consapevolezza che spesso il nostro mercato del lavoro non punti sui giovani talenti, curando e tutelando i loro interessi. Chi decide di restare e di tentare ugualmente di entrare nel mondo del lavoro, presto o tardi, si ritrova a dover fare i “conti” in tutti i sensi, tra le poche possibilità di crescita o le offerte precarie di lavoro che puntualmente si finisce per accettare per provvedere alle spese quotidiane, o almeno a quelle primarie. A pesare nella scelta di un posto di lavoro è quasi sempre la retribuzione in senso quantitativo, accompagnata dall’orario di lavoro, cui si guarda per vedere riconosciuti diritti e compensi il più proporzionati possibili. La percezione soggettiva del luogo di lavoro e le condizioni contrattuali accettate sono considerati come indici importanti di gradimento di un impiego. Oltre dieci anni fa è stato scritto un articolo sulla Repubblica, in cui si elencano le motivazioni che spingevano le risorse a scegliere un impiego e non un altro, comparando comportamenti ed opinioni di lavoratori di oltre 19 paesi, lavoro svolto dal dipartimento di economia delle rispettive università. A quasi quindici anni di distanza sembrerebbe essere ancora più attuale e condivisibile, quanto sia fondamentale il contorno (le relazioni con i colleghi, il luogo di lavoro, l’orario e le retribuzioni commisurate) per la scelta di prestare la propria attività lavorativa presso un’azienda piuttosto che un’altra, perdendosi gradualmente la motivazione, il piacere e lo stimolo di svolgere il proprio lavoro, lasciando spazio a stress, frustrazione e mancato senso di appartenenza al proprio ambiente lavorativo. Il tutto rende ancora più difficile vivere quotidianamente la propria esistenza e provvedere alle spese, che vengono viste come punti di domanda ed incombenze per il timore di non riuscire ad adempierle la volta dopo. “Un buon lavoro non è solo una buona paga e un orario su misura ma ha a che fare con qualcosa di più. Si capisce che a ciascuno deve essere lasciata la possibilità di coltivare ogni giorno della vita un’idea di futuro” [1]. Puntare sui lavoratori, considerandoli innanzitutto persone e non solo numeri per fatturare, farebbe la differenza, così come fare in modo che ognuno senta di prendere parte ad una fetta importante di una catena di montaggio nella propria azienda, non spersonalizzando né l’individualità né il ruolo di nessun lavoratore. Non dare per scontato il contributo di ciascuno, motivare, stimolare, premiare, ascoltare, curare e provvedere alle esigenze di tutti coloro che ogni giorno fanno muovere piccole o grandi macchine di lavoro, aggiornare, scommettere e formare i dipendenti affinché possano non trovarsi mai nel dubbio di volere di più e di volere andare via, anzi spingere perché si viva in ufficio, in cantiere o in corsia come se ci si trovasse nel posto più giusto in assoluto. Utopia? Forse, perché di strada per valorizzare ogni singolo essere umano come uomo e come lavoratore ne dobbiamo ancora fare.

[1] “Non solo stipendio. Quello che conta nel lavoro”, 20 Ottobre 2005, articolo pubblicato su “Repubblica”, https://www.repubblica.it/economia/miojob/lavoro/2005/10/20/news/non_solo_stipendio_quello_che_conta_nel_lavoro-140907690/.

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SITOGRAFIA

  • https://www.lavoroediritti.com/abclavoro/retribuzione-definizione-elementi
  • https://www.repubblica.it/economia/miojob/lavoro/2005/10/20/news/non_solo_stipendio_quello_che_conta_nel_lavoro-140907690/
  • https://www.skuola.net/economia-ragioneria/lavori-retribuzione-definizione-caratteristiche.html
  • https://job.fanpage.it/la-paga-base-e-l-indennita-di-contingenza-in-busta-paga/

 

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A cura di C. Roccella (partecipante del Master in Direzione del Personale)

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Ultima modifica il 23/10/2019

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