L'approccio people oriented

L’emergenza Covid-19 ha costretto le aziende italiane a ristabilire il proprio assetto organizzativo, diverso da quello a cui siamo stati abituati. Si sono riaccesi (finalmente!) i riflettori sul “lavoro agile” o, comunemente detto, smart working, introdotto in Italia solo nel 2017 (legge n.81) con lo scopo di aumentare la competitività delle nostre aziende. Considerando che il telelavoro, predecessore dello smart working e nato negli anni 70’ in seguito al primo shock petrolifero, contava nel 2015 solo un 5% di fruitori, oggi, dai dati Microsoft e Istat emerge che si è passati dal 15% registrato nel 2019 ad un 77% di imprese italiane in lavoro agile, nei primi mesi del 2020, in concomitanza dell’inizio pandemia. A prescindere dalla necessità attuale, dovuta all’emergenza Coronavirus, lo smart working nasce dall’esigenza di conciliare vita privata e lavoro ed è quindi utile al fine di potenziare un welfare aziendale basato su una logica di benessere psicofisico dei propri dipendenti; esso rappresenta un vero e proprio vantaggio competitivo esclusivamente se il lavoratore raggiunge e incrementa gli stessi risultati-obiettivo che raggiungerebbe in condizioni usuali e tradizionali.

Se a marzo, inizio pandemia, le aziende hanno avuto poco tempo e modo per adeguarsi al lavoro in remoto, adesso è giunta l’occasione per revisionare i modelli organizzativi e le loro attività. Ciò che ci sta suggerendo l’attuale contesto storico è che si necessita di un nuovo assetto organizzativo che riveda il gap tra una cultura aziendale tradizionale e una cultura rivoluzionaria che punta ad una maggiore efficienza

Ma qual è il modello organizzativo ideale dello smart working? Esso va pensato come un vero e proprio progetto di ri-organizzazione aziendale; proveremo a delinearne uno, ovviamente in relazione a settori e ruoli aziendali compatibili e trasferibili in modalità smart working. Comunemente le condizioni di lavoro in remoto permettono:

  • l’assenza di vincoli orari e di luogo;
  • la massima flessibilità organizzativa;
  • una valutazione della performance basata sugli obiettivi.

In queste condizioni viene meno un pilastro della cultura aziendale italiana: la misurazione delle ore trascorse in ufficio. Rispetto al Norway Working Enviroment Act, la legge che in Norvegia disciplina i nuovi orari di lavoro, l’Italia è ancora salda ai tradizionali vincoli orari, per cui è importante la quantità di tempo passato a lavoro e non la qualità della performance (destituita di vincoli orari) tramite cui si raggiungono gli obiettivi. Considerando però che in Italia, tra 3 anni, lo smart working interesserà ben 10 milioni di persone, un progetto innovativo di questo calibro comporterà un adeguamento organizzativo sia in termini di clima aziendale che di stile di management.

Vediamo, innanzitutto, i punti di forza di questa nuova declinazione della prestazione lavorativa, dal punto di vista dell’azienda:

  • aumento produttività;
  • riduzione del tasso di assenteismo e turnover;
  • riduzione dei costi gestione locali (affitti, riscaldamento, postazioni…);
  • riduzione di alcuni costi relativi alle politiche retributive (buoni pasto, straordinari).

Ora, dal punto vista del lavoratore:

  • maggiore autonomia e responsabilità nella gestione delle attività lavorative (orari, luoghi) e di ruolo;
  • migliore gestione in termini di work-life balance;
  • risparmio dei tempi e dei costi degli spostamenti;
  • minore stress da lavoro.

Ma per comprendere al meglio l’assetto di un modello organizzativo ideale e compatibile con lo smart working, bisogna partire con l’analisi dei punti deboli e lavorare sui relativi disagi:

  • rapporto tra lavoratore e azienda mutevole, basato su presupposti diversi che definiscono modalità di lavoro sempre più flessibili;
  • mancata adesione e flessibilità da parte dei lavoratori;
  • workaholism (difficoltà a separare il tempo lavorativo da quello privato);
  • nuove competenze leadership;
  • demotivazione dello smartworker che percepisce il disagio ad esso correlato;
  • mancata autonomia di gestione e di ruolo dello smartworker.

È proprio in questo nuovo contesto organizzativo che il settore HR e le relative figure professionali assumono un ruolo incisivo e multidisciplinare nel guidare la transizione in un processo di smart working aziendale. In quest’ottica, i fattori principali, su cui andare a lavorare, sono:

  • la tecnologia;
  • l’aspetto relazionale;
  • la leadership;
  • la valutazione ad ampio spettro;
  • la formazione.

L’azienda dovrà avvalersi di un set di strumenti tecnologici che permettano ai propri dipendenti di avere completo supporto a livello tecnico, logistico ma anche umano. Si ipotizza, infatti, che vengano messi in discussione comportamenti, competenze e modalità di lavoro che a loro volta mettono in difficoltà la persona e la sua professionalità. Per ovviare a questo problema, è quindi necessario, che gli smartworker vengano supportati con metodi di efficace comunicazione al cambiamento, acquisizione e sviluppo di nuove competenze relative al distance working e introduzione di nuovi sistemi che agevolano il teamwork. In altre parole, per favorire il lavoro in remoto è sicuramente necessario l’allestimento tecnologico ma non sufficiente a se stesso: per ri-creare “ovunque” un ambiente lavorativo facilitante è necessario ricostruire l’aspetto relazione, tipico tra colleghi di ufficio, e un’ottima competenza di leadership. Questi ultimi due fattori, che spesso procedono di pari passo, fanno sì che si ricostituisca un contesto di fiducia e motivazione, che si verifichi un efficace livello di teamwork e che la resistenza (tipica della cultura tradizionale) si trasformi in orientamento al cambiamento.

Ma quale sarà il nuovo stile di leadership? La parola chiave è coinvolgimento: sono, appunto, i manager e i team leader ad essere coinvolti in prima linea nella trasformazione organizzativa, perciò il loro commitment sarà, non più di tipo gestionale ma, di supporto. Un leader con tali caratteristiche sarà presente ma non invadente, lasciando spazio quindi all’autonomia lavorativa che è parte fondamentale del lavoro agile. La capacità del leader di coinvolgimento del proprio team, all’interno del processo di smart working, richiederà anche l’identificazione delle nuove priorità, la revisione dell’operatività di ogni singola risorsa, delle attività e del loro avanzamento e la determinazione di nuovi obiettivi da raggiungere. Questo presuppone la strutturazione di un frame-work aziendale costruito per obiettivi, su nuove competenze professionali, ma anche di leaders che abbandonino il “controllo” delle risorse per sviluppare “fiducia” nelle proprie risorse, al di là e nonostante il distacco fisico. Inoltre, per far sì che l’azienda si adegui al cambiamento, è consigliabile rivedere i processi di analisi del clima aziendale (con strumenti di indagine in adesione ai protocolli ISO 9000 per la gestione della Qualità) e sviluppare indagini per la valutazione e formazione delle competenze specifiche (autonomia, affidabilità, decision making…). La misurazione di questi fattori ci mostrerà le attuali condizioni dell’organizzazione e gli eventuali gap su cui gli HR possono lavorare. È un’organizzazione che va aggiornata dai processi alle tecnologie, dalle abitudini alle competenze, per assicurare un livello uguale o maggiore di engagement, nonché di produttività e di clima aziendale rispetto all’assetto tradizionale costruito negli anni.

In conclusione, gli elementi vincenti per un nuovo modello organizzativo all’insegna dello smart working sono:

  • un set tecnologico mirato e specifico per ruolo (dai software HR ai CRM, dagli ERP ai programmi di Customer Support, oltre agli applicativi in cloud);
  • nuovo stile di leadership (orientato al supporto);
  • una gestione meno centralizzata delle risorse umane (ridisegno delle responsabilità e dei ruoli);
  • costante valutazione e monitoraggio del clima aziendale;
  • nuovi obiettivi smart condivisi;
  • misurazione delle competenze relative al cambiamento organizzativo; 
  • conseguente formazione (in micro learning e mobile learning).

In altre parole, la tecnologia, certamente, può aiutarci a risolvere molti dei problemi causati dal lavoro agile, ma sta a noi saper scegliere con attenzione gli strumenti più adatti per affrontare il futuro, superare gli stereotipi relativi a luoghi, tempi e strumenti, affacciandoci così su nuovi processi e nuovi approcci al mondo del lavoro. C’è un solo punto che accomuna la cultura tradizionale con quella rivoluzionaria dei nostri tempi ed è il principio sul quale si basa ogni tipo di cambiamento: l’approccio people oriented!

Bibliografia e Sitografia

  • Gestione e valorizzazione delle risorse umane di Luisa Macciocca Massimo e Raffaele Massimo
  • https://www.ilsole24ore.com/art/si-fa-presto-dire-smart-e-tema-riorganizzazione-lavoro- ADZCYaQ?refresh_ce=1
  • https://www.psicologiadellavoro.org/lo-smart-working-e-lempowerment-organizzativo/

A cura di C. Evangelista, (partecipante dell' Executive Master in Direzione del Personale)

Questi ed altri temi sono affrontati nel Master in Risorse Umane.

Ultima modifica il 24/02/2021

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